La querela è arrivata anche per Adriano Chiarelli (nella foto con Lucia Uva), che nel capitolo dedicato alla vicenda Uva nel suo libro “Malapolizia” edito da Newton, avrebbe “gravemente offeso i Carabinieri Rigetto e Del Bosco attribuendo loro la commissione di gesti disonorevoli e gravi reati ricalcando la tesi del pestaggio in caserma”.
Cinque anni fa Giuseppe Uva moriva a soli 43 anni, dopo essere stato fermato e trattenuto nella caserma dei Carabinieri di Varese. Da allora la sorella Lucia non ha ricevuto alcuna risposta sulle dinamiche della morte di suo fratello, che vide all’obitorio con un pannolone e 78 macchie di sangue sul cavallo dei pantaloni. L’unica risposta ricevuta sinora sono i due procedimenti avviati nei suoi confronti, il procedimento avviato nei confronti di Chiarelli e quello nei confronti di Mauro Casciari, che si era occupato del caso Uva ne “Le Iene”.
Lucia Uva ha chiesto con una petizione su Change.org che l’indagine venga assegnata ad un altro pubblico ministero che voglia davvero cercare la verità e la giustizia e ha dichiarato: “Questo pm è riuscito a violentare la mia mente. Quella notte mio fratello è stato torturato. È chiaro che l’obiettivo è mandare tutto in prescrizione.”
Il Senatore Manconi – che ha presentato un disegno di legge per introdurre il reato di tortura nel codice penale – parla di “comportamento gravemente e costantemente omissivo del Pm Abate” e di giustizia sommaria per il caso Uva. Relativamente alle querele nei confronti di Casciari e Chiarelli mi sembra si possa parlare di “querela temeraria”, tentativo di scoraggiare le inchieste e disincentivare lo spirito critico.