80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

L’Italia della Mezza Repubblica

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Di Riccardo Orioles

Prima e seconda repubblica, poi terza… In realtà, viviamo ormai in una Mezza Re­pubblica, che non solo ha poco a che vede­re con la repubblica di prima, ma è ormai alcunchè d’intermedio fra repubblica e monar­chia. È il secondo “governo del Presiden­te” consecutivo. L’unico prece­dente è il governo Salandra del 1914, lega­le – come questo – certamente, ma altret­tanto irri­tuale, e altrettanto lon­tano dalla maggio­ranza elettoralmente espressa.

Nel 1914, la maggioranza era senza dubbio di sorta giolittiana. Ma il capo del­lo Stato scavalcò il leader del centrosini­stra e dette – legalmente – l’incarico a Sa­landra, che fu poi confermato dal Parla­mento. Nel 2013, le urne avevano espresso una preci­sa volontà di cambiamento (divi­sa fra due partiti, che entrambi avevano esplicita­mente escluso qualsiasi accordo col cen­tro-destra) ma il capo dello Stato imbrigliò il leader del centrosinistra e det­te – legal­mente – l’incarico a Letta, che fu poi con­fermato dal Parlamento.

In entrambi i casi il governo, teorica­mente “tecnico” e d’union sacrée, bloccò le spinte sociali, emarginò la sinistra e af­frontò l’emergenza nel modo più catastro­fico, liberando spinte eversive e abbassan­do il livello civile, che già non era altissi­mo, del Paese.

Il Sudamerica (quello di prima)

Siamo arrivati così al Sudamerica (quel­lo di prima): il capo dei fazenderos mi­naccia i giudici in piazza (né il capo dello stato, Rey o Presidiente che sia, intervie­ne); fra i liberales regna l’anarchia.

Questi ultimi si dividono in due partiti, nemicissimi fra di loro. Il primo, guidato da un caudillo che per i suoi è ”come un padre che ac­compagna un bambino che cammina an­cora carponi”, punta tutte le sue carte sull’imminente révolucion, e non discute nemmeno con chiunque non ne sia più che convinto. Il secondo, fra i suoi nu­merosi caciques, periodicamente elegge un Secretario Général entusiasticamente acclamato da tutti ma che poi, nel segreto dell’urna, viene sistematicamente trombato dai suoi seguaci.

Altro che gollismo. È Pétain

“In realtà, se non facevamo così i tede­schi ci facevano a pezzi – fa trapelare qual­cuno – La banca centrale, i mercati…”. Ahimé, neanche questa è nuo­va. “Tenersi buoni i tedeschi”, “Ordine prima di tutto”, “Tutti col Capo dello Sta­to!” l’han­no già fatto a suo tem­po in Fran­cia, e non con un governo golli­sta (sogno di tanti no­tabili) ma con Pétain.

* * *

S’è vista, in questa crisi, una incredibile differenza di “professionalità politica” – per così dire – fra destra e sinistra. Da un lato l’indeciso Bersani, l’adolescente pre­suntuoso Renzi, il simpatico pasticcione Grillo; dall’altro dei professionisti freddi e duri – i Letta, i Napolitano, i Berlusconi. Non c’era partita.

Ha contato relativamente poco (anche se centouno deputati “tradito­ri” su quattro­cento non son cosa da poco) il “tradimen­to”. A contare è stata la super­ficialità, il personalismo, il leaderismo da quattro sol­di. L’Italia profonda, insomma. Che ormai da molti anni – da quando è ricca – in poli­tica si esprime così. Qua, in questa “auto­biografia della nazione”, bisogna mettere mano. Ma i vecchi non possono farlo.

Un segretario di trent’anni, e antimafioso

Conosciamo diversi trentenni – antima­fiosi militanti – che potrebbero ben dirige­re un partito, fra i giovani del Pd. Sarebbe un cambiamento vero, non de­magogico e di facciata. Potrebbe persino inalberare (cosa che nessuno ora osa o vuol fare) il nome di Berlinguer, chiaro e solare.

Lo accetterebbe, il partito, uno scossone del genere? Un se­gretario di trent’anni? La base, sì certo. Ma quanto conta la base?

I Cinque stelle, in parte per loro merito, si son trovati a gestire i ventisette milioni di voti del referendum Rodotà sull’acqua pubblica di due anni fa. Sono all’altezza i Grillo e i Casaleggio, e i loro immediati seguaci, di dirigere un simile movimento? Esistono nel Cinque stelle militanti giova­ni (giovani, ma con una storia precisa, non dei “vaffanculisti” generici di quest’ultima annata) in grado di farlo al posto dei loro vecchi, ormai evidentemente dannosi?

Fra queste due domande – apparente­mente generazionali, ma in realtà profon­damente politiche – si gioca la politica ita­liana di questi anni. Da queste generazioni e dal loro incontro (e l’attuale governo non è stabile, e le occasioni di rovesciarlo non sarebbero poche) noi ci attendiamo la ri­scossa, non dagli anziani capibranco.

Abbiamo ragione – e trent’anni di lotta mai nel palazzo ma sempre orgogliosa­mente dalla strada ci danno qualche diritto di rivolgerci a loro – nell’affidare le nostre speranze a questi giovani, in que­sto diffi­cilissimo momento?

Niente “pacificazione” con i padroni d’Italia, niente guerra fra chi, anche confu­samente, gli vuole andare contro. E un pri­mo momento di lotta e di unità già da su­bito può essere l’antimafia, come dice don Ciotti.

ALCUNE COSE UTILI DA FARE

  • Confiscare tutti i beni mafiosi o frutto di mal­versazione, corruzion­e o grande evasione fi­scale; assegnarli a cooperative di giovani la­voratori, e sostenerle adeguatamente;
  • Legge anticorruzione (riforma art. 416ter);
  • Trasparenza bancaria;
  • Applicare l’art.41 della Costituzione (“pro­grammi e controlli opportun­i perché l’attività economica pubblica e privata possa esser­e indirizzata e coordinata a fini sociali”);
  • Applicare l’art.42 della Costituzione (espro­prio per motivi d’inte­resse generale) per san­zionare le delocalizzazioni, l’abuso di preca­riato e il mancato rispetto degli accordi di la­voro;
  • Separazione fra capitale finanziario e indu­striale; tetto alle partecip­azioni finanziarie nell’editoria; Tobin tax;
  • Regolarizzare per legge i rapporti di lavoro di fatto;
  • Gestione pubblica dei servizi pubblici essen­ziali (scuola, univers­ità, difesa, acqua, energia, infrastrutture tecnologiche, cre­dito in­ternazionale); ristrutturazione della Rai su base pubblica; li­mite regionale per l’emitten­za privata;
  • Progetto nazionale di messa in sicurezza del territorio, sul mo­dello TVA, come volano eco­nomico soprattutto al Sud; divieto di ulte­riori cementificazioni;
  • Controllo del territorio nelle province ad alta intensità mafiosa.

Da I Siciliani.it

 


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