Ora,per favore, non si parli di fatalità’ e non si cerchi di far cadere sotto una marea di parole inutili la tragedia di Genova, sperando che passi nelle pagine interne dei giornali in pochi giorni,prima di sparire nelle pagine locali della Liguria. Perché troppe sono le domande senza risposta, da chi in mare ci vive e da chi ha visto per anni quella bella torre del porto, lavorandoci e vivendoci 24 ore al giorno. Ora che è crollata come un castello di carta,ora che ha travolto e ucciso 9 persone,lavoratori del mare, quella torre nel cuore del porto di Genova ha un aspetto sinistro: un inutile ammasso di macerie. Eppure era l’orgoglio di Genova, uno dei tanti, perché questa città’ sul mare si raggomitola intorno a quel porto ed a chi ci lavora. Talmente vicino al mare da volere e trovare bellissima quella torre a picco sull’acqua: così vicina, troppo vicina al mare.
Martedì 7 maggio, ore 22,10: usciamo dal porto di Genova a bordo di un grosso peschereccio , andiamo al largo del golfo a pescare acciughe con le lampare. Le nostre telecamere filmeranno la nottata di pesca. Mare calmo,in porto, un po’ di vento ‘vecchio’,niente bonaccia e cielo terso,una bella notte di maggio. Il porto e’ illuminato,come sempre. Passiamo davanti a quella torre di cemento,l’ultimo piano di vetro e cristallo, come una torre di controllo da aeroporto. Tutta illuminata, e’ bellissima. ” così vicina all’acqua, domina il mare” penso. Alle 23,50 dalla radio cominciamo a capire che è’ successo qualcosa, il capitano del peschereccio, vuole notizie, si accende la tv, si alza il canale 16 del VHF,un occhio all’ecoscandaglio ed al sonar per individuare i pesci ,un orecchio alle prime immagini della torre abbattuta. Poi le telefonate agli amici piloti per sapere se stanno bene: e le domande,tante. Com’ e’ potuto accadere? Ma quelli sono piloti esperti! Dov’era la Jolly? Perché era di poppa? I morti, quanti sono?
Si pesca tra le domande senza risposta. All’alba,si torna verso il porto , Pompa mare di Genova non c’e’ più , sul canale 16 risponde la Capitaneria di Savona che controlla il traffico: Genova ha il porto chiuso,i morti aumentano, poi alle 6 del mattino lasciano entrare i pescherecci che devono andare al mercato del pesce,perché sono in ritardo su ” chi fa il prezzo” . E quella torre,così bella, ci mostra tutta la sua vulnerabilità nel silenzio irreale del mattino: nel porto di Genova neanche i pescatori urlano, le auto di soccorso avanzano a luci lampeggianti accese,ma senza sirene. Un silenzio irreale che dimostra,con quelle macerie accartocciate, la fragilità della costruzione. Perché poco lontano, di fronte al mercato del pesce,la Jolly nero, sotto sequestro, ancora carica di containers, mostra il fianco e la poppa dell’ urto: ha solo una lunga striscia,una botta certo a poppa , ma niente in confronto a quel cemento sbriciolato, a quelle vetrate andate in mille pezzi,portando nella morte 9 persone.
Nove morti sul lavoro, nella sfortuna di essere li a quel’ ora,in tanti perché era il momento del cambio turno. I loro nomi,con tutto il rispetto che si deve ai morti sul lavoro: Davide Fratantonio,30 anni; Davide Morella,33 anni; Michele Rabazza,41 anni; Sergio Basso, 50 anni; Marco De Candusso,35 anni. Giuseppe Tusa, 30 anni; Maurizio Potenza, 56 anni. E poi le due persone disperse: Francesco Cetrola,37 anni e Gianni Jacoviello, 35 anni. Allora subito ti chiedi: perché era proprio sul mare quella torre? Perché non l’hanno costruita 4 o 5 metri in dentro, sul molo. Se avesse picchiato nel molo ,la Jolly nero avrebbe rotto il molo, ma la torre forse non sarebbe crollata su se stessa. È così quella che era la bellezza della sera prima, si trasforma in tragico ” difetto” .
E le domande della sera precedente su Genova ed il suo porto,il suo mare, si trasformano in domande inquietanti: quella torre era veramente così sicura,oppure e’ vero, come dicevano sottovoce alcuni piloti già’ nei mesi scorsi, che ogni volta che c’era vento forte in porto, gli ascensori all’ interno della torre si fermavano per le eccessive oscillazioni? E quella costruzione a picco sul mare era poi così sicura,oltre che bella? Ma come ha fatto quella nave a girarsi di poppa? Stava eseguendo la manovra di ” evoluzione ” nello spazio di mare dentro la diga foranea, cioè uscendo di poppa dal molo,con l’aiuto di due rimorchiatori,si girava poi ponendo la prua verso l’uscita del porto e prendere la navigazione. Manovra delicata in così poca acqua,ma normale nel senso che i piloti la facevanospesso, da almeno un anno e mezzo da quando cioè erano in corso dei lavori nel molo dove solitamente attraccavano in precedenza.
Agli atti ci sono le parole concitate del pilota a bordo della Jolly nero rivolte ai due rimorchiatori che aiutavano la nave a fare quella manovra di poppa. “Avaria,avaria,siamo troppo vicini” grida il pilota per dire che non riesce a usare i motori per fermare l’abbrivio della nave che con le sue migliaia di tonnellate di stazza ed i suoi 240 metri di lunghezza, si avvicinava alla torre del porto senza poter essere fermata. Perché in mare,a qualunque barca, non si puo’ mettere il freno a mano, se il motore non fa andare in avanti la nave, e’ inevitabile che questa prenda velocità andando indietro sino al primo stallo che incontra. In quel caso la banchina e la torre: ma come mai subito dopo l’ incidente la nave riesce ad ingranare la marcia in avanti sino ad arrivare in banchina ed attraccare nuovamente con i propri mezzi? Sarà la magistratura e l’inchiesta dell’autorità del porto a dare qualche risposta ai parenti delle 9 vittime,innanzitutto e poi alla città , alla nazione intera.
Ma resta da capire se si era pensato a questo possibile incidente nel momento in cui la torre dei piloti fu progettata e costruita : e se poi è stato usato il cemento armato come da progetto e se lo stesso progetto sia stato veramente accurato e pensato anche per far resistere quella costruzione agli eventi più imprevedibili . Insomma,in una parola , se fu fatta veramente prevenzione antinfortunistica, studiando ed edificando quella costruzione. Per questo non si deve parlare di fatalità ,per questo ora bisogna capire perché non si ripetano più gravi incidenti del genere. Nel rispetto delle vittime e dei loro familiari.