ROMA – I soldi dividono deputati e senatori Pentastellati da Grillo e Casaleggio. Dopo il sì alla riduzione dello stipendio da 10 mila a 5 mila euro, i cinquestelle stoppano la scure sulla diaria. Ossia la quota destinata al rimborso delle spese di esercizio del mandato da parlamentare: spostamenti, telefono, soggiorno nella Capitale etc.
E’ quanto emerso da una consultazione referendaria on line promossa dai guru del movimento 5 stelle ai suoi parlamentari.
Nel codice etico emanato lo scorso marzo si legge: “L’indennità parlamentare percepita dovrà essere di 5 mila euro lordi mensili, il residuo dovrà essere restituito allo Stato insieme all’assegno di solidarietà (detto anche di fine mandato). I parlamentari avranno comunque diritto a ogni altra voce di rimborso tra cui diaria a titolo di rimborso delle spese a Roma, rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, benefit per le spese di trasporto e di viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e trattamento pensionistico con sistema di calcolo contributivo.
Ipotesi gettata alle ortiche dai deputati e senatori eletti, che la vogliono tutta. Fermo restando il libero arbitrio di chi voglia devolvere anche parte della diaria ai fondi destinatari della quota dello stipendio già decurtata.
C’è da dire che sulla questione non tutti la pensano in questo modo. I numeri parlano chiari: quando 132 click su 163 aventi diritto si erano consumati, il 48% di loro chiedeva che le diarie, ossia tutte il surplus, venisse mantenuto tutto previa rendicontazione esauriente. Il 36% invece, si è espresso a favore di una posizione che ironicamente può esser definita: “va dove ti porta la rendicontazione”. Ossia a favore di nessun limite di spesa se non che quella che può effettivamente esser rendicontata. Il resto vada in beneficenza. Minima la percentuale effettiva di coloro che chiedono almeno 4 mesi per rendersi conto effettivamente dei costi della vita da parlamentare e quindi di posticipare la decisione: 2,27%. Altri chiedono una devolution “solo” del 20% della diaria.
Ma di quanti soldi stiamo parlando? All’incirca di 3.500 euro per le spese generiche; poi ci sono 3.690 euro (4,180 euro per i senatori) di spese di esercizio mandato, tra le quali si annoverano le spese per assumere i collaboratori. Altri mille euro per gli spostamenti in taxi; infine ci sono 3.980 euro di spese telefoniche: che per i deputati fa 12170 euro mensili. Un po’ troppo per chi sostiene, tra i militanti parlamentari, che questa decurtazione debba essere evitata come “risarcimento” delle tasse che vengono pagate dai parlamentari, ma che non corrispondono quote tagliate solo dal portafoglio, ma non agli occhi del Fisco. Sicuramente l’atteggiamento stride con la concezione del movimento e di un elettorato che ha fatto della lotta alla casta un elemento cardine di lotta e consensi al movimento 5 stelle. Ma forse gli elettori “non contano nulla” solo negli altri partiti. E solo se si parla di alleanze.