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La coperta di Linus. Il caffè di giovedì 16 maggio

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Da 21 mesi l’Italia è in recessione. La decrescita è stata del 2,3 per cento in un anno. La Germania, in campagna elettorale, non è pronta a concedere il ribaltamento, necessario, della politica economica europea. La Francia di Hollande, indecisa a tutto, non se la sente di guidare il pacchetto di mischia dei paesi mediterranei contro le scelte di Berlino. La fine della crisi verrà, ma quando nessun lo sa. Ragion per cui, domani Letta varerà per decreto la sospensione dell’IMU ma “solo per la prima casa”, come titolano Sole24Ore e Stampa. Allora? Allora parliamo d’altro.

Con sobria e vibrante disapprovazione, il Corriere della Sera racconta: ”Il PDL vuol cambiare le intercettazioni, il Pd si oppone. Non è questa la priorità”. Giannelli si diverte. “Ipse dixit”, con un Alfano che telefona a Letta sorvegliato da Berlusconi: “Enrico, il decreto sulle intercettazioni è una priorità”. “E chi l’ha detto?”, ribatte il premier, il quale non può vedere “la magnifica presenza” dietro il suo interlocutore. Repubblica indossa l’elmetto : “Legge bavaglio, il PDL ci riprova”. Altan chiosa: “Insomma qual’è la sua linea? Bullismo di grandi intese”, risponde serafico il cavalier banana.

Che volete che vi dica? Sono bravi, questi (colleghi?) della destra, O, almeno, il regista è uno che se ne intende. Hanno bisogno del governo, per riprendersi dalla sconfitta elettorale (6 milioni di voti persi. Chi se ne ricorda?), e riescono a imporgli che il primo provvedimento si indirizzi al cittadino contribuente (taglio dell’IMU), piuttosto che al cittadino lavoratore, pensionato, disoccupato. Ma in Parlamento spostano subito l’attenzione su di un pezzo forte della loro politica, la legge bavaglio. Il Pd avrebbe potuto fare lo stesso con il falso in bilancio o il conflitto di interesse, invece sobriamente osserva : “non è così che si aiuta il governo”. Ancora una volta lo strumento (il governo) con l’obiettivo.

Il Fatto se lo lavora (il Pd) di punta e di tacco. Titolo d’apertura, “Arresti a Taranto: Il Pd che prende ordini dall’Ilva”. L’accusa è di concussione contro presidente della Provincia e assessore all’ambiente. All’ecologista Della Seta, escluso dalle liste democratiche, cadono le braccia: “Non si può lottare stando nel Pd”. Ma  in prima pagina Il Fatto loda anche D’Alema, il quale avrebbe consigliato a Bersani (prima del “non incarico – trappola” conferitogli dal Quirinale) di farsi da parte, di proporre Rodotà premier e mettere Grillo alla prova. Vero? Verosimile.

Ieri sera il neo segretario del Pd Guglielmo Epifani ha partecipato per due ore a una riunione del gruppo parlamentare del Senato. Segno d’attenzione, mossa saggia. Sono state cose che condivido e che autorizzano a ben sperare. Ma la tendenza a rimuovere quel che è accaduto mi è parsa, lo confesso, molto forte. Ecco alcuni esempi, liberamente riassunti, di tale predisposizione all’oblio, per tornare alle usate e rassicuranti consuetudini.

Il tradimento dei 101 (che, nel segreto dell’urna, affondarono Prodi) viene legato al tradimento dei 160 (che si rifiutarono di votare Marini). Il tutto per dire, con Bersani, che il Pd non deve essere “un luogo della politica, ma un soggetto politico”. Dove si dimentica che per essere soggetto bisogna pur avere una linea e magari una linea che è stata discussa insieme. Non c’è centralismo che tenga, se gli ordini piovono dall’alto, au jour par jour.

La crisi scompone il mondo del lavoro, lo divide, indebolisce le organizzazioni che lo rappresentavano. Bene. Allora sosteniamo il Governo; c’è bisogno di un governo, dopotutto. E chiediamo alla destra di mostrarsi più responsabile. Come se Letta, e la sua composita coalizione, avessero la ricetta per intercettare la crescita, rovesciare il treno di marcia dell’Europa, sanare le ferite che la mondializzazione ha inflitto alla sinistra laburista.

Le correnti vengono stigmatizzate solo come limite per l’operatività e l’unitarietà del partito. Al contrario, come dice Barca,i partiti sono tanto più screditati nella società quanto più onnipresenti e invasivi  nelle istituzioni e dovunque ci sia una posizione di potere o un pezzo dello “stato arcaico” da spartirsi. E le correnti del Pd sono la forma necessaria che tale spartizione assume. Non ho visto una sola nomina,Capo Gruppo o Presidente di Commissione, che non sia passata per una designazione di corrente.

Parte degli iscritti, molti simpatizzanti, milioni di elettori ed ex elettori sono arrabbiati con noi. Ma al tempo stesso sperano che il Governo riesca a fare qualcosa di utile. Sono atterriti dalle decine di molotov lanciate contro gli operai del cantiere TAV in Val Susa. Non condividono il rilancio parolaio di Grillo Diamogli un governo che governi (con il PDL?), proponiamo una buona politica in difesa “degli interessi e dei territori”  (ma che vuol dire?) e la rabbia sbollirà. Anzi si trasformerà in sostegno.

“Follie, follie, delirio vano è questo”, diceva Violetta nella Traviata. La crisi del Pd affonda le sue radici nel non esser mai nato,questo partito. Nell’aver tentato una fusione a freddo tra due culture e due linguaggi della Prima Repubblica, mentre Berlusconi battezzava la Seconda. Nell’essere apparsi per venti anni subalterni alla destra ma dall’avere accresciuto, intanto, la propria presa sulle istituzioni e lo stato, partecipando a una spartizione tanto più odiosa quanto più la crisi precipitava il Paese nella recessione. Serve una rifondazione, non una coperta di Linus (il governo Letta) per tirarsi un po’ su.

Da corradinomineo.it


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