Quanti sono gli Ivan d’Italia? Centinaia? Migliaia? Dove vivono? Non lo sa nessuno. Un uomo di 37 anni, originario di Foggia entra in un bar di Turbigo, estrae una pistola calibro 7,65 regolarmente detenuta, e spara a Rocco Brattalotta, 47 anni, e il figlio Salvatore, di 22, uccidendoli. Sia l’aggressore che le sue vittime erano carpentieri, e lavoravano insieme.
Palermo, un poliziotto in servizio alla squadra mobile di Palermo, Ivan Irrera, 38 anni, spara improvvisamente in piena notte un colpo di pistola verso suo figlio di sette anni e poi si uccide con la stessa arma, d’ordinanza. Il bambino è ricoverato in ospedale in gravissime condizioni.
Pochi giorni fa un uomo di 53 anni, barese, aggredisce alcuni ragazzini. Estrae poi un machete di circa 40 centimetri dalla borsa e lo brandisce minacciosamente contro i presenti che scappano per chiamare le forze dell’ordine. Il barese era ubriaco ed è stato tratto in arresto con l’accusa di violenza privata e danneggiamenti aggravati dall’uso di un’arma. Il senza fissa dimora aveva già guidato in stato di ebbrezza, aveva detenuto un porto d’armi abusivo, e aveva già minacciato. Un mese fa era già stato protagonista di un episodio molto simile, con l’unica variante dell’arma utilizzata che quella volta era stata un’ascia.
Tre casi diversi accaduti negli ultimi tre giorni. Tre italiani. Chi è responsabile? Non la polizia, non la magistratura, non il Parlamento. E ho fatto molta difficoltà a metterli insieme. Caro Grillo, perché si tira in ballo la nazionalità e l’immigrazione quando parliamo di problemi – Kabobo o Ivan – che non hanno bandiera, come la violenza e la malattia mentale?
(ecco qui il post di Grillo – http://www.beppegrillo.it/2013/05/kabobo_ditalia.html)