Il leader del M5S si appella all’Unione europea per decidere sullo ius soli, vuole addirittura un referendum. Grillo si riscopre andreottiano, prima dei diritti i voti, please
Di Francesco Peloso
Grillo, decisionista in tutto, vuole invece un referendum sullo ius soli, perché la gente deve decidere del suo futuro. In breve: lo ius soli è una formula per la quale chi è nato in Italia dovrebbe acquisire la cittadinanza italiana. Perché si pone questo problema? Per i figli degli immigrati, per quanti cioè stabilitisi da anni nel nostro Paese vi vivono una vita normale, hanno dei figli che frequentano le scuole italiane, imparano la nostra lingua, hanno amici che vivono nei loro stessi quartieri. Inoltre affrontano ogni giorno gli stessi problemi con i quali si misurano tutti gli altri: gli autobus che non passano, i servizi che funzionano a singhiozzo o sono assenti, senza dimenticare che fanno la fila al municipio per un certificato o una carta d’identità come noi, ma in più, attenzione, vengono trattati male, come fossero dei barboni intrufolatisi lì per caso, perché hanno la pelle di un altro colore anche se poi quando vanno in giro parlano il dialetto padovano o romano.
Si tratta insomma di un elementare questione di giustizia che può essere regolamentata in vari modi ma che parte da una realtà di fatto: il Paese nel quale viviamo è da tempo multietnico e multi religioso e multiculturale. Certo non tutti coloro che lavorano qui son stanziali e ‘per sempre’, né tutte le comunità di nuovi arrivati sono uguali o hanno le stesse esigenze, infatti un’eventuale legge partirebbe dai figli, cioè dalla seconda generazione. Al contrario, allo stato attuale, la cittadinanza diventa una chimera che può essere attesa più di vent’anni.
C’è una domanda alla quale bisogna rispondere: perché, insomma, quanti lavorano, studiano e condividono con noi lo stesso malandato Paese, no possono votare? Perché non dovrebbero essere cittadini al pari nostro? Grillo invoca addirittura una decisione che va presa a livello comunitario, ma dimentica in questo caso la nostra Costituzione ( e soprattutto fa finta di non sapere come vanno le cose negli altri Paesi). Invoca, inoltre, un referendum per decidere sula delicata questione perché, dice, pochi politici non possono decidere del futuro della gente. Argomento inconsistente e paradossale questo, eleggiamo infatti dei rappresentanti ( e non dei delegati, come dice lui) appunto perché discutano e votino leggi come questa e molte altre. (Del resto con l’attuale governo Grillo su questo punto può dormire sonni tranquilli).
La verità è più semplice. Grillo ha al suo interno un elettorato piuttosto eterogeneo, unitissimo su alcuni temi – i costi della politica tanto per fare un esempio banale – ma assai mobile su questioni più generali che attengono ai diritti civili, all’evoluzione del Paese in un senso, questo sì, europeo. In tal modo, tuttavia, Grillo è a tutti gli effetti assai più vicino alla Lega e al Pdl dal punto di vista dei contenuti e assomiglia a un vecchio andreottiano nel modo, strumentale, in cui decide di non prendere posizione per non urtare il proprio bacino elettorale, approfittandosi del fatto che tanto a rimetterci sono gli ultimi, quelli che proprio non possono parlare, gli immigrati, sulla cui pelle si sono consumate negli anni passati svariate campagne elettorali.
E non importa che, come è noto, siano questi ultimi a curare i nostri anziani, a guardare i nostri figli, inscatolare i nostri pomodori, a costruire le nostre case ma anche, ormai, a lavorare nei nostri ospedali ecc. (generalmente a questo punto una voce polemica si leva: ma rubano anche, sono dei criminali! Vero, ‘anche’, proprio come noialtri, siamo così simili, no?). Senza contare, in questa triste vicenda, la caterva di insulti piovuti addosso al ministro Kyenge solo perché “negra”. Eh no, non ci siamo ragazzi. La cosa più grave, però, è che si colpiscano i figli degli immigrati per fare propaganda. Spiace, ma questa è politica ultravecchia e pure di destra.