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Io so, di Pier Paolo Pasolini. Martedì 7 maggio 2013

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Su Andreotti ho già scritto per questo blog. Tutte le prime pagine sono per lui. Tralasciano Letta a colloquio con Rajoy e alle prese con la sordità dell’Europa. Sorvolano sulla Cassazione che ha detto no a Berlusconi, e mantenuto a Milano i processi Ruby e Mediaset. E si lanciano in un viaggio nella storia o, per meglio dire, nella storia dei misteri. “I misteri del potere”, dice Repubblica. “Il cinismo al potere” risponde Il Fatto. No “Il simbolo”, corregge il Corriere della Sera. Mentre, salomonico, il titolo de La Stampa recita: “Poteri e misteri”.

Che noia! Ieri ho presentato un libro di un giovane siciliano, Giuseppe Rizzo, “Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia”, una sorta di ribellione, sotto forma di romanzo, contro i luoghi comuni di chi pensa di capire la Sicilia e ce la racconta, per ore, per mesi, per secoli. Beh, Andreotti è come la Sicilia, una sorta di parafulmine della nostra falsa coscienza.

Ma quali misteri? E’ un mistero che gli Americani si portarono i mafiosi al seguito per lo sbarco in Sicilia? O che il bandito Giuliano e il separatismo furono usati contro “il vento del nord”, cioè contro il pericolo di una “resistenza” che cambiasse gli equilibri del potere? Nel maggio del 1947 davvero nessuno sapeva che la strage di Portella della Ginestra doveva servire a stabilizzare il nuovo potere, che prendeva corpo intorno alla DC?

La prendo larga, direte, i misteri più gettonati sono quelli degli anni 70 e successivi. Beh, allora ricordiamo che nei ‘70 il potere democristiano era debole, debolissimo. D’un colpo milioni di giovani erano passati dalle parrocchie alla contestazione. Un modesto tentativo di repressione (governo Rumor, gennaio 1969) finì nel nulla. Mentre in Francia De Gaulle già da sei mesi aveva archiviato il Maggio portando il “suo” popolo sugli Champs Élysées. In Italia, invece, solo un anno dopo la bomba di piazza Fontana e il tentativo (condiviso dal Corriere,direttore Spadolini) di attribuirne la colpa agli anarchici, centinaia di migliaia di persone gridavano in piazza, un giorno sì e l’altro pure, “la strage è di stato”. Intanto era scoppiata la rivolta fascista di Reggio Calabria, i voti siciliani che fuggivano verso il Movimento sociale.

Un Partito Stato, la Democrazia Cristiana, ormai molto debole, rimaneva arroccato al potere anche perché il suo dirimpettaio, Il Partito Comunista Italiano, si considerava “figlio di un Dio minore” ( la frase la disse una volta Massimo D’Alema), cioè non pensava di poter andare al governo, anzi meglio al “potere” (si faceva confusione, a sinistra, tra governo e potere), senza correre il rischio di rompere equilibri internazionali delicatissimi.

I misteri vengono quasi tutti da lì. Dall’essere sopravvissuta, la democrazia italiana, barcamenandosi. Senza una svolta gollista, senza una rivoluzione democratica. È sopravvissuta usando,e in parte subendo, il ricorso ad armi improprie : mafia, terrorismo fascista,  spie americane e nostrane, bombe senza nome e tanti interventi per confondere le tracce.

Andreotti sapeva tutto? Capiva molto e i dettagli non lo interessavano. A modo suo, dopo la caduta del Muro, afferrò meglio di altri la novità. Gli dobbiamo la firma sugli accordi di Maastricht, fu il primo a parlare di Gladio e, con Martelli alla Giustizia, chiamò Falcone al ministero. Pensava forse di poter fare le pulizie di Primavera, dopo l’inverno della guerra fredda. Restò attonito, quando gli uccisero Salvo Lima. Forse capì in quel momento, prima della Strage di Capaci, che non sarebbe stato Presidente della Repubblica.

Cari amici che frequentate questo blog, e voi colleghi giornalisti che in 100 righe avete dovuto dare un colpo al cerchio (lo “statista” Andreotti) e uno alla botte (lo “zio di mafia”, Belzebù) leggete “Io so” il testo di Pier Paolo Pasolini apparso sul Corriere della Sera il 14 novembre del 1974. Leggetelo senza il comodo pregiudizio di avere tra le mani un documento letterario. E’ verità. La stessa che ci ha portato in questi giorni a mimare un passato che non cambia con la farsa della larghe intese. Parla, Pasolini, di una borghesia codina,di elites che hanno fallito, di una Costituzione troppo presto tradita.

Andreotti capiva più di quanto non sapesse. E non gli interessava il dettaglio. Capiva Moro. Che la Democrazia Cristiana avrebbe potuto salvarlo. E non lo fece.  Sapeva Dalla Chiesa che una cosa è fare irruzione nel covo di via Fracchia, altra è violare i rifugi di mafia e politica in Sicilia. Sapeva, certo, Borsellino ed è andato avanti. Per favore, non facciamo torto ai morti. Non ci sono misteri in Italia, noi abbiamo poca voglia di dirci la verità.

Da Corradiniomineo.it


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