“La rete non ha bisogno di una legge speciale, le regole ci sono già. Bisogna solo farle rispettare” mentre è importante “la battaglia culturale che è l’idea forte lanciata dalla presidente Laura Boldrini a cui va la massima solidarietà per le minacce subite”. L’ex Garante per la Privacy Stefano Rodotà, uomo simbolo della nuova sinistra non Pd e fra i massimi esperti di diritti e rete, ha sottolineato come la denuncia della presidente della Camera Laura Boldrini sulle minacce via web dovrà avere un’eco soprattutto di cultura e attenzione politica. Essendo l’unica più opportuna modifica all’oridnamento di rango costituzionale. “Integrare l’articolo 21 della Costituzione, come fatto in altri paesi europei – ha detto ha detto parlando a ‘la Repubblica’- inserendo il diritto di accesso alla rete in condizioni di parità e con modalità tecnologicamente avanzate diventerebbe garanzia forte contro ogni forma di censura”. “Il web -ha sottolineato in ogni caso Rodotà – non è il Far West. C’è un vecchio detto che quello che è illegale offline lo è online”. Mentre “in Italia una certa classe politica irresponsabile negli ultimi anni a derubricato a burle e floclore esternazioni gravissime” espressioni “razzista, omofoba e sessista che in Italia esiste ed è diventata forte”. E di cui, possono essere esempio “alcune affermazioni intollerabili di alcuni esponenti della Lega, come Borghezio”. E dunque “non mi ha stupito che in due occasioni il Parlamento si è rfiutato di introdurre l’aggravante di omofobia: il segno della febbre sociale che stiamo vivendo”. Sottovalutazione e scarasa reazione dalla classe politica che Rodotà ha denunciato e registrato anche di fronte all’attacco informatico subito dalle caselle e mail dei parlamentari M5S. “Pensiamo cosa sarebbe successo e con quale copertura mediatica se fosse accaduto a D’Alema o Schifani. Si rischia di far nascere un pericoloso doppio standard parlamentari, fra i più e i meno meritevoli”.