il 3 maggio 2013. Umbria
di Antioco Fois – PERUGIA – Un lungo elenco di nomi, studenti delle scuole in platea, testimonianze di giornalisti che resistono a minacce e intimidazioni, fiocchi gialli in segno di speranza per Domenico Quirico, l’inviato della Stampa in Sira del quale non si hanno notizie da quasi un mese. Il filo conduttore è la libertà di stampa, come fondamento imprescindibile di un paese democratico, argomento al centro della VI Giornata della memoria dei giornalisti uccisi da mafie e terrorismo promossa dall’Unci, che quest’anno ha scelto la sala del consiglio della Provincia di Perugia come sede. Ai martiri della professione il ricordo dei vertici di Ordine dei giornalisti e Fnsi, come esempi che non si devono ripetere, perché “non vogliamo eroi” è stato ribadito più volte. Ai ragazzi della scuola media “Grecchi”, del liceo scientifico “Galilei” di Perugia e dell’Itc di Santa Maria degli Angeli, in rete con i percorsi di Libera, è andato invece il monito alla tutela dell’informazione, affinché sia libera, da minacce, condizionamenti, precariato e interessi che non siano quelli dei lettori, perché un’informazione libera non riguarda i soli giornalisti, ma costituisce un valore per l’intera società, come strumento di conoscenza della realtà, soprattutto delle realtà scomode, necessario ai cittadini per operare le proprie scelte.
Nella competizione della libertà di stampa l’Italia parte lontana dal gruppo di testa, “al 57esimo posto della classifica mondiale di Reporters sans frontieres”, ricorda Guido Columba, presidente nazionale dell’Unione cronisti. Drammatico l’elenco dei giornalisti uccisi stilato dall’Unci, “121 in tutto il mondo solo l’anno scorso”, mentre “negli ultimi sei anni sono stati oltre 1.300 quelli coinvolti direttamente o indirettamente in episodi di minacce e intimidazioni”, ha ribadito Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’informazione. “Ogni volta che un giornalista maneggia una notizia sgradita a criminali o personaggi potenti – dice il giornalista e fratello di Giovanni Spampinato, ucciso nel 1972 – supera un confine arbitrario, invisibile, tracciato dai violenti, dai prepotenti, i quali con abusi e minacce reagiscono restringendo arbitrariamente il campo in cui il cronista può esercitare pacificamente il diritto di raccogliere e diffondere quelle notizie. Bisogna sapere che i potenti difendono con forza questa arbitraria linea di confine e bisogna dimostrare che chi la supera per informare i cittadini non resta isolato e sconfitto”.
La giornata del 3 maggio è dedicata “al ricordo dei colleghi che hanno pagato col prezzo più alto per il loro lavoro – ha detto Luca Fiorucci, delegato umbro dell’Unci – e occasione per mantenere alta l’attenzione sui giornalisti che vivono il proprio mandato professionale tra minacce, intimidazioni, attività di denigrazione del lavoro. Rende più importante questa iniziartiva la presenza degli studenti, che appresentano il futuro. Con le nuove generazioni la consapevolezza della necessità di un’informazione libera potrà crescere negli anni a venire”. “Stiamo girando l’Italia ogni 3 maggio per far conoscere la storia di quanti sono stati uccisi da mafie e terrorismo o in zone di guerra laddove svolgevano il loro compito di cronisti”, ha commentato Leone Zingales, responsabile Unci della Giornata della memoria e creatore del Giardino della memoria di Palermo, luogo divenuto simbolo della lotta alle mafie.
La battaglia è aperta anche in Italia, “un Paese dove la libertà di stampa è sempre di più messa in discussione e dove sono stati centinaia solo lo scorso anno le intimidazioni e le minacce rivolte ai giornalisti italiani”, ha detto Marta Cicci, presidente sell’Associazione stampa umbra, facendo riferimento a Marilù Mastrogiovanni ed Ester Castano, giornaliste vittime di minacce, ospiti dell’evento, che hanno raccontato la propria esperienza professionale. “Colleghi che sono avanguardie di un mestiere poetico e pericoloso”, le ha definite Dante Ciliani, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria. “La memoria è importante – ha detto Fulvio Alfano, figlio di Beppe, cronista ucciso dalla mafia – soprattutto oggi, in un contesto politico che mira sempre di più a imbavagliare stampa. Sono le nuove generazioni che tramite rete e la cultura devono riprendersi il Paese e la libertà di informazione”.
Un richiamo alla difesa “di un lavoro che è un bene pubblico” è arrivato da Franco Siddi, segretario geneale Fnsi, che ha ribadito come “i poteri non trasparenti si sentano minacciati dall’informazione”. Dopo aver sentito le testimonianze telefoniche di Amedeo Ricucci e Susan Dabbous, giornalisti italiani rapiti in Siria, che hanno raccontato la loro vicenda drammatica, il segretario sindacale ha auspicato che l’intimidazione ai giornalisti venga equiparata a un crimine contro l’umanità. Ma la categoria non vuole eroi, ha precisato Giancarlo Ghirra, segretario nazionale dell’Ordine dei giornalisti, “non vogliamo più giornalisti come Ester o Marilù che siano minacciate per fare il proprio lavoro”. A minacciare la libertà di stampa non sono solo le mafie, ma anche “le grandi concentrazioni nell’editoria, i conflitti interesse. Un giornalista sottopagato – ha aggiunto Ghirra – non è libero”. Tema ripreso da Giovanni Rossi, neopresidente della Fnsi, che ha messo l’accento sull’equo conpenso per i professioniusti dell’informazione e sulla necessità di un esercizio di “responsabilità degli editori, che devono concorrere con rapporti di lavoro corretti alla libertà di stampa”.