http://www.lsdi.it/2013/il-web-inutile-che-piace-agli-artisti/
Il web inutile. E’ una porzione in ombra della Rete, un insieme di micrositi di estrema semplicità, usati inizialmente a fini commerciali, ma al centro anche di una sempre maggiore attenzione da parte di artisti digitali, che li utilizzano come spazio di sperimentazione.
Ne parla Anaïs Mak su Culture Visuelle in un articolo dal titolo ‘’Écran et profondeur’’ (‘Schermo e profondità’) analizzando alcuni micrositi di artisti contemporanei.
Mak parte da una pagina creata alla fine del 2012 da Tim Holman. E’ www.theuselessweb.com, il web inutile appunto. La pagina contiene una semplice frase: « Take -me -to – a – useless – website – please ». Cliccando sul « please » l’ utente viene condotto su una cinquantina di altre pagine selezionate da Holman e aggiornate via via. Una sorta di digital curation [1] in effetti, ma molto particolare.
Contrariamente ai siti internet classici, infatti, Holman seleziona solo micrositi.
I siti internet sembrano seguire tutti la stessa logica: un sistema ad arborescenza che permette, da una prima pagina, di accede ad altre pagine secondarie e da queste tornare quando si vuole alla home.
I micrositi invece sono caratterizzati dall’ estrema semplicità. Tanto che spesso vengono utilizzati a fini commerciali per il lancio di nuovi prodotti. Ma questo format è stato subito deviato verso un uso più ludico, verso il superfluo a priori. Siti che non ‘’servono a niente’’, e che si distinguono appunto dal web utile, pieno di applicazioni e di siti di informazione.
Per esempio il sito http://cat-bounce.com/ che ha avuto più di 525.000 ”mi piace” su Facebook. Il sito consente di far saltare a piacimento delle sagome di gatti su uno sfondo dai colori cangianti propone. Solo poche istruzioni sommarie: « 1. Click 2.Drag 3.Release ».
La semplicità di queste istruzioni riflette l’ assenza di obbiettivi specifici per l’ utente, diversamente dagli innumerevoli giochi disponibili sulla Rete. E quindi il successo di questi siti inutili persiste, al di là dell’ effetto moda.
Sul suo portfolio, Tim Holman caratterizza il suo lavoro sull’ Useless Web con tre tag : « Website – Humor ? – TimeWaster » [2]. La tentazione di considerare questi micrositi come dei semplici inni all’ assurdo e al LOL, al riso a crepapelle, che domina su Internet, sembra essere scartata dal punto interrogativo che accompagna la parola ‘Humor’. E’ un sito, e questo significa che impegna del tempo, ma resta una certa indeterminazione sull’ esperienza che questi siti possono procurare. Si tratta semplicemente di humour?
1. Una originale esperienza di navigazione
Nei siti classici l’ utente si immerge poco alla volta nella loro architettura globale, basata in generale sul principio dell’ arborescenza. I micrositi sorprendono invece prima di tutto per la loro unica pagina: quello che si vede sullo schermo è tutto quello che il sito propone. Ci si trova quindi di fronte a uno schermo che può o meno proporre una interattività, ma che resta un semplice spazio pittorico.
Molti artisti emergenti o già affermati e altri sviluppatori utilizzano il pc per sperimentare delle opere in questo spazio inedito. Così ci può sorprendere sapere che quel Cat Bouncer, citato prima, è stato creato da Tara Sinn, artista californiana che vive a New York. E che ha spintio l’ esperienza visiva possibile su questi micrositi ancora più lontano con Dazzle camouflage: un sito astratto, composto da motivi mimetizzati dai colori vivi i cui motivi vengono modificati cliccandoci sopra dall’ utente che può quindi farli evolvere come gli pare.
Per l’ esperienza di navigazione che propongono questi siti ricordano i Tumblr. Montaggi eterogenei di immagini, i Tumblrs si basano sul meccanismo dello Scrolling, che consiste nel far sfilare le immagini, con l’ aiuto del mouse, dall’ alto verso il basso dello schermo, ‘’srotolando’’ così il fliusso di immagini postate dall’ autore.
Benché il funzionamento di Tumblr come rete sociale si attenga al principio dell’ arborescenza (ogni immagine, se ci si clicca sopra, può rinviare alla sua fonte), la sua pratica resta concentrata attorno a una superficie su cui le immagini sembrano poter sfilare in maniera infinta (è quello che viene definito ‘’infinite scrolling’’). La pratica di Tumblr consiste quindi nel far sfilare delle immagini selezionate per un period indeterminate. Non si tratta anche qui di raggiungere uno scopo oppure ottenere una informazione.
Ognuno di questi siti si allontana da qualsiasi narrazione e mette l’ utente in una posizione di non-sapere in cui egli non sa dal principio quale ruolo giocherà, quale inziativa prenderà o meno, a quale risultato esattamente la sua azione porterà.
Il sito di Daniel Rozendaal Open this Window[3]lascia ad esempio all’ utente la scelta di aprire o meno una finestra. Più si apre la finestra più si scopre un esterno accompagnato dal rumore sempre più forte dei cinguettii di uccelli. La rappresentazione della finestra è sommaria, segnata dal semplice riflesso dei vetri, e quando si apre la finestra la precisione dello scenario esterno cresce. Qui non si tratta più, semplicemente, di humour dell’ assurdo, ma di una esperienza visuale e sensoriale proposta agli utenti in cui la superficie dello schermo e l’ effetto di profondità che procura il disvelamento più o meno pronunciato di un al-di-là, di un esterno, sono strettamente associarti.
2. Il doppio ruolo dello schermo
Quindi, i siti a pagina unica e lo scrolling che è proprio dei Tumblr partecipano delloa stessa operazione di percezione dello schermo come una superficie piana piuttosto che come supporto contente degli strati sovrapposti di informazioni. Ci si accorge rapidamente che la maggior parte di questi siti giocano in maniera accentuata sull’ effetto-telescopio fra la superficie materiale dello schermo e il sito come superficie (pagina?) unica.
Il microsito si trasforma così in una tela interattiva.
In un articolo consacrato all’ artista Daniel Rozendaal, viene evocato il suo lavoro sui micrositi come una ‘’esplorazione dello schermo in quanto spazio pittorico’’[4] . Daniel Rozendaal è uno degli artisti più rinomati per il suo lavoro su Internet e conta per l’ insieme di questi micrositi più di 47 milioni di pagine viste all’ anno[5].
Di fatto, Open this windowinterroga molto bene lo schermo come superficie, quando dopo aver cliccato su questo microsito il nostro schermo viene momentaneamente rimpiazzato da una superficie di vetro. Anche se non è che si scommette sul realismo e che l’ artista adotti uno stile quasi astratto, non suscita di meno una vera riflessione sulla nostra percezione dello schermo come spazio in profondità che sfocia incessabilmente su qualche altra cosa.
Jonas Lund invece si appropria in maniera sul suo microsito, Blue Crush[6],i ‘’pop-up’’, quelle finestre pubblicitarie che si aprono da sole automaticamente quando navigate su internet. Il principio è semplice: una volta sul sito, appre sullo schermo un pop-up blu, che viene ricoperto da un altro pop-up con un’ altra tinta di blu e una taglia diversa, e così via fino a quando le 47 finestre mostrano un mosaico che riempie la totalità dello schermo.
L’ esperienza proposta qui supera il semplice sito per investire in maniera rilevante il funzionamento e l’ utilizzazione del computer. L’ effetto di profondità è creato qui dalla sovrapposizione di finestre successive. Si vede in atto una stratificazione, durante il tempo, di finestre diverse. Se ci si sposta all’ interno della storia dell’ arte, il legame con la pratica del ‘’all over’’ sembra qui assai rilevante.
Per un artista come Rozendaal, internet è il luogo privilegiato delle sue creazioni: « I love the web. No interference from anyone, I can make whatever I want to make and share it with you. I don’t take this freedom lightly. Any other system seems like there is always some friction. I never have to explain to anyone why I want to make something, what it means, if it will sell…”[7].
Senza che si tratti di street art, siamo comunque di fronte a uno spazio estraneo ai luoghi abituali di esposizione, uno spazio non museale. Ma nonostante questo, anche un artista come Rozendaal non sfugge alla mercificazione delle opera d’ arte. Infatti i collezionisti possono acquistare le sue creazioni anche se essere restano aperte al pubblico. Ma i problemi nascono quando qualche galleria vuole esporre i micrositi di Rozendaal, e sollevano delle questioni important relative alla natura stessa di questi siti: « Often I’m asked to convert my websites to videos for exhibitions. I prefer no to. (…) I try to explain people that my “animations” are not videos. They are scripts, they are small pieces of software that show you a moving image. I try to explain that video is like a long slideshow of fixed images, and a program is entirely different. »[8].
Questa sua dichiarazione ci illumina sulla specificità di questi micrositi. Contrariamente alla maggior parte delle arti digitali attuali, non si tratta qui di un segno, di una traccia come ad esempio per i video o le proiezioni. L’ artista insiste sulla materialità della sua opera malgrado il suo supporto digitale. L’ interattività presente nella maggior parte dei siti ci fa ricordare che qui non si tratta di una semplice superficie-schermo, ma di un sistema.
Anche se sembra che questa interattività non spieghi da sola il loro successo. C’ è un aspetto puramente giubilatorio per lo sviluppatore, come si è potuto vedere, nel poter creare senza le abituali costrizioni utilitarie. Ma è lo stesso per l’ utente. Internet condensa un numero notevole di pratiche differenti. E anche se è uno dei vettori più appassionanti della cultura, esso è raramente utilizzato in quanto tale.
[1] Nel senso moderno di selezione, editorializzazione, condivisione del contenuto digitale.
[2] Holman, Tim. http://tholman.com
[3] Rozendaal, Raphael. Openthiswindow, 2012. http://www.openthiswindow.com/ .
[4] W, B. “Rafaël Rozendaal: FLASH BACK.” Mouvement Planant Webzine, March 18, 2013.http://mouvement-planant.fr/rafael-rozendaal-flash-back .
[5] Rozendaal, Raphael. “47 Million Visits in the Last 12 Months.” Rafaël Rozendaal – Official Website, avril 2013. http://www.newrafael.com/47-million-visits-in-the-last-12-months/ .
[6] Lind, Jonas. Blue Crush, 2011. http://bluecrush.me
[7] Rozendaal, Raphael. “47 Million Visits in the Last 12 Months.” Rafaël Rozendaal – Official Website, avril 2013. http://www.newrafael.com/47-million-visits-in-the-last-12-months/, “Amo il web. Nessuna interferenza da parte di nessuno, posso fare quello che voglio e condividerla con voi. Ma non prendo questa libertà alla leggera. In qualsiasi altro sistema ci sono delle frizioni. Ma qui non ho mai bisogno di spiegare a qualcuno perché voglio fare qualcosa, che cosa vuol dire e se si vende…’’
[8] Rozendaal, Raphael. “The Difference Between Videos and Computer Graphic.” Rafaël Rozendaal – Official Website, January 24, 2013. http://www.newrafael.com/the-difference-between-videos-and-computer-graphics/ , “Mi viene chiesto spesso di convertire i miei siti in video per delle mostre. Ma preferisco di no. (…) Cerco di spiegare alla gente che le mie ‘animazioni’ non sono dei video. Sono degli scripts, dei piccoli frammenti di programmi che mostrano una immagine in movimento. Cerco di spiegare che i video sono come un lungo diaporama di immagini fisse, mentre un programma è una cosa completamente diversa’’.
Da lsdi.it