Un incontro duro, teso, difficile, con i riflettori di tutta la stampa puntati addosso e lo sguardo ancora più vigile di militanti, iscritti ed elettori a scrutare ogni singola mossa e ogni singolo intervento: questa è stata l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico che si è svolta sabato scorso presso la Fiera di Roma. A tal proposito, per evitare fraintendimenti, è opportuno chiarire fin da subito che si è sì evitata la catastrofe dell’implosione e della conseguente dissoluzione (il che, considerate le premesse, non è poco) ma non sono stati certo risolti i numerosi problemi che affliggono da mesi la principale formazione della sinistra italiana.
Andando con ordine, la scelta di Guglielmo Epifani come segretario-traghettatore fino al Congresso del prossimo autunno non è affatto male: in sintonia con il programma bersaniano che aveva posto al centro della propria azione politica i temi del lavoro e dell’equità sociale, senz’altro in grado di fornire risposte adeguate a quella parte dell’elettorato del PD che si è già spostata o sta pensando di spostarsi verso SEL o verso Grillo, a causa dell’appoggio al governo Monti prima e a quest’esecutivo di larghe intese adesso, e utile per appianare un po’ i contrasti che nelle ultime settimane hanno dilaniato il campo democratico.
Una scelta di continuità, certo, ma senza dubbio la migliore possibile in un momento di così grave crisi politica e identitaria.Assai positivo, poi, è stato anche il confronto franco e aperto che si è instaurato tra i vertici del partito e i ragazzi di Occupy PD: quei giovani che, di recente, hanno occupato i circoli e le federazioni del PD per chieder conto ai propri dirigenti della decisione di accettare quello che loro considerano un “abbraccio mortale” con Berlusconi e col PDL. Sarà il caso di proseguire lungo questa linea anche nei prossimi, delicatissimi mesi ma è senz’altro già qualcosa per un partito che, nei giorni della mancata elezione alla Presidenza della Repubblica di Marini e Prodi, ha rischiato di dissolversi proprio a causa delle incomprensioni e della mancanza di dialogo tra le molteplici anime che lo compongono.
Allo stesso modo, è stata molto valida pure la conduzione dell’Assemblea da parte dei due vice-presidenti, Sereni e Scalfarotto, che, in un contesto tutt’altro che semplice, sono riusciti a portare a termine i lavori evitando la drammatica resa dei conti che qualcuno aveva pronosticato alla vigilia. E notevoli sono stati, infine, anche i discorsi dei dimissionari Bersani e Rosy Bindi, di Pippo Civati e del neo-presidente del Consiglio Enrico Letta, il quale ha saputo coniugare con maestria i temi emersi nel corso della discussione con i punti programmatici da lui esposti alle Camere al momento del voto di fiducia.
Non sono mancate, tuttavia, le note stonate. Prima fra tutte, ovviamente, la scarsa partecipazione dei delegati, di cui circa il quaranta percento è rimasto a casa, e poi le settantasei schede bianche e le cinquantanove nulle che testimoniano la permanenza di una spaccatura profonda all’interno del partito: una frattura che Epifani non potrà e non dovrà sottovalutare, se non vuole che il PD si frantumi in mille pezzi o arrivi, comunque, in condizioni disperate ad un Congresso che dovrà sancire, per forza di cose, la rifondazione di un progetto finora rivelatosi fallimentare. Da questo punto di vista, l’ex segretario della CGIL sembra avere le idee molto chiare, com’è emerso dal suo discorso di presentazione e come si evince, più che mai, dalla sua biografia.
Come giovane, ad esempio, ho apprezzato profondamente il suo riferimento alla nostra generazione, a quei ragazzi con “gli occhi gonfi di lacrime” che non ha avuto remore ad incontrare a Napoli per spiegare loro la necessità di varare un governo difficile, complesso e profondamente inviso alla nostra base ma, al tempo stesso, indispensabile per offrire risposte a quelle categorie sociali che non possono permettersi di aspettare ulteriormente: gli esodati, i cassintegrati in deroga per i quali iniziano a mancare le risorse, i giovani senza lavoro e i disoccupati in generale, i pensionati con meno di mille euro al mese e gli imprenditori le cui aziende rischiano di chiudere a causa dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione.
Tante volte, parlando delle trattative con le parti sociali e del pessimo modo in cui esse sono state gestite sia dal governo Berlusconi sia dal governo Monti, abbiamo invocato il ritorno al valore della concertazione, intesa come forma prioritaria di attuazione dei princìpi costituzionali e come metodo imprescindibile per riavvicinare i cittadini alle istituzioni e ridare un senso ai corpi intermedi e alla loro funzione indispensabile all’interno della società. Mi auguro di cuore che con Epifani questo valore sia garantito, restituendo spazi di confronto a coloro che negli ultimi tempi si sono sentiti accantonati e aprendo finalmente porte e finestre alle energie fresche e innovative che si muovono da anni nel Paese.
Al termine di questo breve ma intenso percorso, toccherà al Congresso e al prossimo segretario (speriamo eletto con Primarie libere e aperte a tutti) avviare quel processo di rinnovamento e cambiamento che tutti auspichiamo da tempo, a cominciare dalla promozione definitiva di una nuova classe dirigente. Saranno, dunque, mesi di passione e di speranza, di fiducia e di attesa per un partito che deve trovare il coraggio di fare i conti con se stesso e con i propri errori, chiedere umilmente scusa a chi non ha mai smesso di credere a questa straordinaria intuizione incompiuta e ripartire con convinzione e orgoglio, elaborando un’ideologia all’altezza delle sfide della modernità e accantonando una volta per tutte i luoghi comuni e le formule magiche che tanti danni hanno provocato alla politica e alla sinistra in particolare.