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Il 3 maggio con l’ansia nel cuore per la sorte di Domenico Quirico

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La 20a Giornata mondiale Unesco per la libertà di stampa, per la sicurezza dei giornalisti e dei media, quella del 3 maggio, la viviamo con l’ansia nel cuore per la sorte di Domenico Quirico, l’inviato de La Stampa in Siria del quale non si hanno notizie da quasi un mese. Ribadiamo l’appello a chi, in quel teatro di scontri armati fra regime e rivoltosi, possa averlo fermato o gli stia impedendo di comunicare, a restituirgli libertà di movimento e di parola.

E’ un testimone, solo un giornalista che vuole indagare sul campo, osservare e verificare prima di rendere noto al pubblico notizie che sono tali solo se certificate da verità inoppugnabili. Non è un nemico. Non fa parte di nessuna fazione in armi. Appartiene a una professione che, in lui, trae il sapore antico ma autentico di un giornalismo che si sviluppa giorno dopo giorno alla luce della realtà concreta dei fatti e dell’immersione profonda nella vita delle persone che vivono in una determinata situazione. “Quirico è un giornalista andato sul campo per riferire il conflitto siriano senza timori di intimidazioni o violenze, non può essere danneggiato o trattato come un combattente o un avversario. Se qualcuno lo ha arrestato o fermato lo liberi immediatamente in nome dell’inviolabilità dell’informazione nel rispetto dei diritti umani”, ha detto il Presidente della Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj) Jim Boumelha, rilanciando l’appello della Fnsi tra i media arabi e sollecitando l’azione solidale dei Sindacati dei giornalisti di questa area.

Non c’è dubbio, infatti, che stiamo parlando di un collega che fa del suo lavoro un’espressione del giornalismo come bene pubblico. Un bene che l’Unesco, giustamente, vuole mettere ogni anno al centro della tensione mondiale e per il quale occorrono condizione di libertà e di sicurezza che mancano in molti luoghi, sia in terre pacificate che, ancor peggio ovviamente, nei teatri di guerra.
In guerra e in pace il giornalismo di frontiera è un mestiere difficile, esposto a gravi rischi, non sempre rispettato, per la funzione che rappresenta. Ecco allora che il 20° anniversario della Giornata Unesco per la libertà è la sicurezza dei giornalisti e dei media e un’occasione per riproporre il senso di un lavoro professionale che – esercitato correttamente e con il criterio della verità – è un bene pubblico.
I giornalisti testimoni sono operatori di civiltà democratica, promotori di un’opinione pubblica libera indispensabile per l’affermazione dei diritti dei cittadini. Non sono nemici. Non sappiamo se Quirico sia stato fermato da qualche fazione o gruppo armato e se questo sia il motivo del suo silenzio. Sappiamo, però, che Quirico non può essere un bersaglio della violenza. Se così fosse, starebbe subendo un danno ingiusto per sé e per la vita comunitaria. E‘ sempre così quando viene preso di mira, intimidito, minacciato, impedito a parlare e scrivere un giornalista e, ancora peggio, quando qualcuno viene ucciso per impedirgli di continuare la sua testimonianza.

Sono quasi 600 i giornalisti morti negli ultimi cinque anni e sono 40 dall’inizio dell’anno. Attentati, minacce e intimidazioni di vario genere si contano a migliaia, a centinaia anche nel nostro Paese, come documenta puntualmente l’0sservatorio ”Ossigeno” voluto da Ordine dei giornalisti e Federazione Nazionale della Stampa, animato dal collega Alberto Spampinato e da un comitato di garanti. Tanti sono anche giornalisti italiani caduti negli ultimi quarant’anni, non solo nei teatri di guerra, da Cutuli, a Ilaria Alpi a Hrovatin , Ciriello, Baldoni, Antonio Russo. E ancora Italo Toni e Graziella De Palo, Almerigo Grilz, Guido Puletti, Marco Lucchetta, Alessandro Ota, Dario D’Angelo Gabriel Gruener, Vittorio Arrigoni e altri ancora. Ma l’elenco è ancora lungo e annovera, sempre in Italia, i caduti per mano della mafia o della camorra (da De Mauro a Fava, da Impastato a Spampinato, da Beppe Alfano a Cosimo Cristina, da Giancarlo Siani a Mario Francese e Mauro Rostagno), gli assassinati dal terrorismo politico, come Carlo Casalegno e Walter Tobagi.

Proprio nella terra natale di Tobagi e di Enzo Baldoni, in Umbria, oggi, con l’Unione nazionale Cronisti Italiani, l’Ordine professionale e l’Associazione della Stampa Umbra, con i Sindacati di base come l’Usigrai, la Fnsi nel ricordo dei colleghi caduti rilancia l’impegno per la sicurezza e la libertà dei media e dei giornalisti nel mondo. Lo fa insieme con la Federazione europea (Efj) e con la Federazione Internazionale (Ifj). Con le due organizzazioni internazionali, quella europea e quella mondiale, appunto, il Sindacato unitario dei giornalisti italiani sta promuovendo una rete di conoscenza e solidarietà specifica per Quirico perché sia chiaro a tutte le parti in causa nel teatro in cui stava operando che è un uomo della libertà e dei diritti umani, un testimone professionale di verità, un operatore che con il suo lavoro può solo promuovere la convivenza civile.
Con le stesse organizzazioni internazionali di categoria c’è, inoltre, un impegno diffuso a implementare i piani di azione per la sicurezza dei giornalisti nel mondo e la lotta contro l’impunità affinché gli attacchi e le violenze contro i media e i giornalisti siano considerati crimini contro l’umanità, in quanto negano i diritti dei cittadini ad una libera formazione delle opinioni.

Si tratta di una giornata, quindi, densa di significati, di propositi e di contenuti, ben oltre l’impatto di una giornata di memoria, di richiamo, di azione pubblica.
Data l’emergenza sicurezza, sembrano quasi passare in secondo piano altri temi che pure sono compresi tra i valori che animano la 20a giornata dell’Unesco per la libertà dell’informazione: la dignità e la qualità del lavoro, messi a dura prova dalla crisi e dalla precarietà crescente. La Fnsi con la Federazione europea dei Giornalisti condivide la preoccupazione per le migliaia di colleghi che nel vecchio continente hanno perso il lavoro negli ultimi mesi oppure sono stati ridotti a condizioni di lavoro precarie.

“Precarietà e mancanza di investimenti in risorse umane hanno un impatto pesante sulla qualità dell’informazione e della libertà di stampa” ha opportunamente osservato il Presidente della Efj, Arne Konig: “non è possibile avere mezzi di informazione liberi e informazione di qualità se si trascurano i professionisti da dedicare all’osservazione, all’indagine, al lavoro sul campo, per informare correttamente il pubblico”.
Nel contesto economico che viviamo la libertà di stampa corre rischi anche laddove non si finisce direttamente nella traiettoria del fuoco degli eserciti o dei gruppi armati.
Per quanti nel giornalismo hanno a cuore i beni fondamentali dei diritti delle persone, le sfide sono dure ma da affrontare con coraggio e lealtà ogni giorno.
La Federazione Nazionale della Stampa italiana non si discosta da questa linea che ha radici in una storia tormentata ma alimentata coerentemente giorno dopo giorno, avendo come orizzonte la libertà e i diritti.


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