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I due Papi che non piacciono ai tradizionalisti

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Di Francesco Peloso

Due Papi in Vaticano fra abbracci, cordialità e preghiere. Eppure non tutti sono contenti. Se da ieri Francesco e Benedetto vivono entrambi in Vaticano e la cosa costituisce una novità senza precedenti nella storia della Chiesa, il cambiamento fa registrare anche critiche e crescenti malumori.

E’ dal giorno dell’annuncio della rinuncia al pontificato, vale a dire dallo scorso 11 febbraio, che l’ala più tradizionalista e intransigente della Chiesa sta contestando più o meno esplicitamente la rivoluzione avvenuta in Vaticano negli ultimi due mesi. I più estremisti sono i sedevacantisti, i gruppi cioè che non riconoscono il papato a partire da Paolo VI in avanti; secondo questi ultimi tutti i pontefici del post-concilio, in un modo o nell’altro, sarebbero colpevoli di modernismo e di aver tradito la tradizione immutabile della Chiesa. A rappresentare tale posizione in Italia c’è ‘Istituto Mater Boni consilii. Già a ridosso delle dimissioni di Ratzinger, vera pietra dello scandalo per i settori oltranzisti, l’Istituto diffuse un comunicato di questo tenore: “nella già drammatica situazione della Chiesa, il gesto odierno indebolisce ancora di più la barca apostolica scossa dalla tempesta. E’ vero infatti che questo gesto riconosce l’incapacità e la non volontà di Ratzinger di governare la Chiesa, ma è vero anche che porta a compimento, come detto, la disciplina conciliare di discredito della gerarchia ecclesiastica”.

Quando poi i due pontefice lo scorso 23 marzo sono stati ripresi e fotografati uno vicino all’altro a pregare a Castel Gandolfo, le proteste sono cresciute d’intensità, la parola “eresia” è rimbalzata sui tanti siti internet attraverso i quali si alimenta il dibattito della galassia di un integralismo cattolico duro e puro. Naturalmente anche all’interno di questo mondo si riscontrano posizioni più sfumante. I lefebvriani, per esempio, cercano di non esporsi troppo; la Fraternità di San Pio X fondata da Marcel Lefebvre, infatti, esce da una lunga trattativa con la Santa Sede aperta da Benedetto XV per il loro ritorno nella Chiesa di Roma, sfociata però in un nulla di fatto. Così, per non perdere quel poco di credito che ancora resta nei loro confronti nei sacri palazzi, i lefebvriani evitano polemiche frontali, per quanto ciò sia possibile. Monsignor Bernard Fellay, superiore della Fraternità, in un lungo messaggio inviato di recente ai ‘benefattori’ del gruppo tradizionalista, ribadiva in effetti le accuse al Concilio Vaticano II e confermava le critiche aspre ai pontefici più recenti oltre a spiegare le insuperabili divergenze con Roma. Anche Roberto De Mattei, esponente tradizionalista e presidente della Fondazione Lepanto, aveva criticato le dimissioni di Ratzinger il cui effetto, ha sostenuto, sarebbe stato quello di indebolire la Chiesa.

Se questo è il rumore di sottofondo del ritorno in Vaticano di Ratzinger, ieri pomeriggio il Papa emerito si è andato a stabilire nel monastero “Mater Ecclesiae”, dove è stato accolto anche da papa Francesco. Già prima all’eliporto dove era atterrato l’elicottero proveniente da Castel Gandolfo, Ratzinger era stato salutato dai cardinali Tarcisio Bertone, Giuseppe Bertello e Angelo Sodano e dagli altri vertici della Segreteria di Stato. “La casa e’ accogliente, qui si può lavorare bene” ha detto l’ex pontefice in riferimento alla sua abitazione. Così, ora, fra monastero e residenza di Santa Marta, i due papi inizieranno la coabitazione che ha una sua particolarità anche nel fatto che l’appartamento papale resta vuoto. D’altro canto, secondo fonti vaticane, fra i motivi che avrebbero indotto Francesco a rimanere all’esterno del Palazzo apostolico, ci sarebbero anche i dubbi e i timori circa il rischio che la propria attività potesse in qualche modo essere controllata se non proprio spiata anche da apparati o da singoli individui interni allo stesso Vaticano.

Solo ipotesi, certo, e prudenze forse eccessive. E tuttavia il precedente negativo è recentissimo e riguarda appunto Ratzinger i cui documenti, la corrispondenza, l’attività, sono state a lungo oggetto di un’opera di trafugamento e diffusione all’esterno da parte dell’ex maggiordomo Paolo Gabriele che approfittava proprio degli ambienti isolati dell’appartamento per portare a termine i propri disegni. Va però anche ricordato che alcune zone d’ombra circa altra documentazione fuoriuscita dal Vaticano restano, e non riguardano necessariamente l’azione di Paolo Gabriele. In questo senso Francesco, a scanso di equivoci, ha introdotto novità che portano aria nuova sia sotto il profilo organizzativo che del ruolo del papato.

Quest’articolo è apparso anche sul Secolo XIX

 

Da ilmondodiannibale.globalist.it


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