Dio ci guardi dal marketing Mondadori. Matteo Renzi trasformato in Berlusconi. Il suo libro snocciolato, spilluzzicato e dato in pasto ai giornali prima che qualcuno lo possa leggere, prenderne gusto, approvare o forse no. Proprio come accadeva ieri al Silvio, con il suo fido Vespa. E noi dicevamo, di nuovo quei due! Invece no, obbedivano all’Editore, che pur di vender copie, toglieva tempo allo statista, costretto a presentare una pagina al giorno, e sottraeva il giornalista ai suoi amati modelli di plastica.
La Repubblica oggi spara (Spara parole, Nitto, non proiettili). “Renzi: legge elettorale e poi il voto”. Che fa, Matteo ha passato il Rubicone, Alea iacta est, come Giulio Cesare di ritorno dalla Gallia? No, è Marina che rifila un altro capitolo di “Oltre la rottamazione”. Renzi per Mondadori. Non un annuncio ma un post annuncio. Certo il sindaco ci sa fare, anche a vender libri. Così non si nega: “io con Berlusconi (immagino, Marina) ho fatto un libro, loro (Chi? Letta, Napolitano?) un governo”. Tanto basta per svegliare dal letargo la nostra stampa. Habemus scoop. Il governo oggi cade, lo dice Matteo. Domani, chissà.
Il Corriere (Rizzoli) non può fare pubblicità a Mondadori. Ma per fortuna che c’è il Pd! Ecco che Finocchiaro e Zanda propongono una legge elettorale diversa dalla “porcata”. Che bello! La prossima volta sarete chiamati di nuovo, voi Italiani, a scegliere i vostri rappresentanti. Ve ne ricordate? L’ultima volta fu nel 2001. Sceglieste Silvio che durò 5 anni. Dopo, parlamentari a piacere del Capo e premio di maggioranza a coalizioni Frankestein che si spaccano dopo due anni (Prodi nel 2006) o quasi subito (Berlusconi nel 2008) anche se poi tirano a campare grazie all’acquisto di qualche “responsabile”. Bisognerebbe dargli un premio alla statista che definì “miserabile” Matteo Renzi e al Capo Gruppo che, se fosse per lui, voterebbe l’ineleggibilità di Berlusconi. Con questa mossa, riabilitati, pronti per la Storia. Sì, ma. Maledizione, c’è sempre un ma!. Pare che la loro proposta ammetta, alle elezioni e ai rimborsi, solo partiti con bollo di certificazione costituzionale. Insomma, non la premiata (dagli elettori) ditta Grillo, Casaleggio & C.
Se ne duole il Corriere: “E’ un caso la legge anti Grillo” .Gongola Il Fatto: “altro che Caimano, ineleggibili i 5 Stelle”. E Massimo Franco chiosa: “così il Movimento si prende una stella in più”. E dire che “l’ex comico” sembrava stavolta stretto all’angolo, come un pugile che accusa i colpi. Piazze non più straripanti di folla, quella sua quasi candidata al Quirinale,la Milena Gabanelli, che prima di congedarsi (per una pausa) dalla televisione, lascia lì una domanda: “a chi vanno gli introiti pubblicitari del sito a 5 Stelle?”. Non al movimento. Insomma ancora soldi (è una maledizione), ancora battaglia su ricevute e scontrini, per dirla con Renzi. Ma Anna e Luigi corrono in soccorso e Grillo ritrova la voce: “Pdmenoelle non ci vuole alle elezioni, noi diserteremmo le urne”. Che bello! Di nuovo rivoluzionari e puri, per un giorno.
Intanto Il Giornale stamani fa bella figura. Sazio delle rissa di parole rissose in campo avverso, titola: “Giù le mani dall’Iva”. Problema vero. Se non si trovano risorse, scatta l’aumento. E pagano commercianti e consumatori. Intanto, passa in secondo piano la telefonata di Obama a Letta. “Coraggio, fatti valere! Senza un piano (europeo e italiano) per l’occupazione non avrete futuro”. E si ignora il nobel Krugman che sfotte gli economisti della Bocconi (sì, i colleghi di Monti.). “Siete voi (e cita Alesina) che avete inventato quella clamorosa sciocchezza (vi risparmio come si traduce “sciocchezza” in siciliano!) della “austerità espansiva”. E trova solo un trafiletto l’altro nobel per l’economia, Amartya Sen, che rimprovera l’Europa tedesca: “che stupidi, (con il rigore) l’euro invece di unirvi vi ha diviso”.
Sono a Bologna. La città vive con imbarazzo un referendum sul finanziamento alle scuole paritarie. Rodotà ricorda al Corriere quel che è scritto in Costituzione: scuole private solo “senza oneri dello stato”: Via, dunque, il contributo alle materne cattoliche, tutti i soldi alle municipali. Bagnasco si risente, il Sindaco si schiera per il no, Prodi no, il Pd, mugugnando, no. Resti il finanziamento alle cattoliche. SEL e 5 Stelle trovano un argomento in più per sparare (sempre solo parole!) sui democratici. Mentre preparano la battaglia in Senato per dichiarare Berlusconi ineleggibile. “In claris non fit interpretatio”, dice Felice Casson, ottimo senatore democratico. La legge del 57 è chiarissima: in quanto concessionario di pubbliche utenze (le reti mediaset) Berlusconi non dovrebbe sedere in Parlamento. Ma ci sta, seduto bello comodo, dal 1994. Non importa, “perseverare diabolicum”. Vedo,elegantemente offerto sulla tavola, un altro rospo da ingoiare. E già immagino Flores d’Arcais (sul Fatto) che dà ragione a Marco Travaglio (quasi Direttore del Fatto): il Pd è un Pdmenoelle. Spiegatemi, poi, che vuol dire.
Ma resto ottimista. Ieri, due dibattiti, con i ragazzi di occupy pd e con parte del gruppo dirigente bolognese. Tutti comprendono come sia il congresso il problema. Che non può mettere la spazzatura sotto il tappeto. Che la sinistra è il problema. Che non può continuare a vivere di rimessa, contro, o non troppo contro, o niente affatto contro Berlusconi. Che ci vuole un grande dibattito democratico, aperto e leale, nel quale non siano ammesse consorterie di interessi e vecchie correnti. Un congresso nel quale ritrovare il gusto di dividersi non sui nomi ma su idee e le proposte. Per poi unirsi e far politica insieme. Che ne dite, si può fare?