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Grillo fa cri-cri. Il caffè di venerdì 31 maggio

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“Grillo attacca anche Rodotà”, “Attacco a Rodotà, tutti contro Grillo”. Così é, per Corriere e Repubblica. Il fondatore del Movimento 5 Stelle ha definito il suo ex candidato alla presidenza della Repubblica: “un ottuagenario miracolato dalla rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi, a cui auguriamo una grande carriera e di rifondare la sinistra”. Parole che chiariscono quanto fosse strumentale la campagna “perché no Rodotà” lanciata da Grillo. Lo aveva “sbrinato”, Rodotà, solo per affondare il coltello nella piaga del Pd, e ora non sopporta che il professore, con educazione, parli di sconfitta alle amministrative. C’è di più: “miracolato dalla rete”. Attenti, deputati e senatori, anche voi siete stati “miracolati”, scelto con poche centinaia, se non decine, di clic. Obbedite al capo o fuori!

Impazzito, in preda a una “deriva integralista”, come scrive Claudio Tito su Repubblica? Più complicato. Subito dopo le elezioni di febbraio, ho scritto che il Movimento mi sembrava composto da tre forze diverse che sarebbe stato difficile far procedere insieme. I cittadini eletti provenivano,infatti, da esperienze locali: no Tav, no Muoss, lotte e proteste contro l’inquinamento,o  in difesa del piccolo imprenditore taglieggiato dalle imposte, o del proletario trascurato dai sindacati. L’idea comune (agli eletti) era che quelle proteste potessero diventare proposte, una volta entrati nelle istituzioni. La seconda forza era la Rete, luogo della selezione del candidato e dell’organizzazione (Casaleggio) del movimento. Infine Grillo portava il suo rapporto diretto con le piazze d’Italia (lo Tsunami tour). E appariva il solo in grado di “sentire” il polso del paese e di restituirlo in termini politici generali.

Ma la voglia di fare degli eletti collide con con la sintesi anti sistema (“tutti a casa, arrendetevi”) del Grillo. La rete funziona meglio come promotore di proteste che come controllore del dissenso. E Grillo non è un rivoluzionario: strilla contro Stato e Partiti ma non ha una strategia per abbatterli, né sa indicare ai suoi con quali strumenti colpire. Cortocircuito. Come finirà? Ah, saperlo! Per ora Grillo soffre per l’egemonia (culturale, non politica) della sinistra sul suo movimento. D’istinto si sposta a destra. Sempre più liberista, sempre meno interessato a far passare qualsivoglia provvedimento alla Camera o al Senato. Attende nuove elezioni, meglio se con la legge porcata che gli permette di selezionare gli eletti. O spera che l’intesa Pd e PDL, intorno al governo Letta, decolli e appaia sempre di più una gabbia, in modo di consentirgli di riaccendere quel rapporto emozionale con le piazze che tanto (ora) gli manca. Non avrà strada facile: le dimensioni (inattese) della sua stessa vittoria fanno apparire scomposto il tentativo di riposizionarsi.

“Meno soldi ai partiti. Cassa integrazione al Pd”, titola Il Fatto Quotidiano. La notizia è che il provvedimento per abolire i “rimborsi elettorali arriva stamani sul tavolo del Governo. Già ieri, in previsione dei tagli, il Pd ha dato un preavviso di licenziamento a quasi 200 tra i suoi dipendenti. Insomma, Letta oggi fa il grillino, dopo aver fatto ieri l’altro il grande riformatore. Nel tentativo di assicurare lunga vita al Governo.Che dire? I rimborsi erano una porcata, un modo per aggirare il risultato di un referendum popolare e di finanziare, generosamente e senza controlli, i vizi dei partiti. Ma abolire ogni forma di sostegno pubblico alla politica, affidandone il finanziamento al capitale privato, significa, secondo me, rassegnarsi a una semplificazione estrema della nostra democrazia. Non idee a confronto, ma uno scontro tra personalità carismatiche, Berlusconi, Grillo, Renzi, forse  Letta, su cui si convogliano gli affidavit dei ricchi e dei potenti.

Walter Tocci, insieme ad altri, da settimane lavora a una soluzione diversa. Resti un contributo pubblico, ma siano i cittadini a deciderne la destinazione. E lo Stato motivi la spesa come un contributo alla cultura e alla politica, al dibattito democratico in ogni dove del nostro paese. Insomma si aiuti Libera a trovare una sede o Articolo 21 a promuovere un convegno. Si aiuti il partito, solo in quanto possa dimostrare di svolgere un servizio ai cittadini, di offrire una possibilità di confronto. Quando il documento sarà pronto, lo potrete leggere anche su questo blog. Mi limito, intanto, a sottolineare come una siffatta proposta non collide con l’idea di riforma radicale della politica che sta portando avanti Fabrizio Barca.

Nel frattempo resta la domanda sul Governo. Ma perché non si occupa in primo luogo del lavoro che sarebbe il suo? Trovari soldi per combattere la recessione e spenderli bene. Si sono incontrati Merkel e Hollande, hanno promesso un “presidente a tempo pieno per l’Euro gruppo”. L’Italia ha da dire qualcosa in merito? La Francia non vuole farsi dettare da Bruxelles regole sul riequilibrio dei conti e sulla riforma delle pensioni. Non ci interessa? Solo Saccomanni, timidamente, spiega al Sole24Ore che potremo dedurre “dal computo del deficit la quota nazionale di finanziamento dei fondi europei”. Tutto qui. Letta e Alfano hanno altro per la testa. E poi si meravigliano se Matteo Renzi li incalza: “spero che il governo delle larghe intese non diventi delle lunghe attese”. Che non si appresti a “vivacchiare”,

No, Bersani, non è “un po’ confuso” il sindaco di Firenze. Copre un vuoto a sinistra. Quello che gli sta spalancando davanti il Pd delle vecchie correnti. Rinunciando ad abrogare subito la legge porcata. Affidando al governo l’incarico di presentare una riforma della Costituzione e di modificare l’articolo 138. Consentendo a Letta di varare una riformetta del finanziamento pubblico che, a occhio, danneggerà più il Pd che Berlusconi o Monti, infine continuando a gestire il partito con il metodo della “mediazione preventiva al vertice”. Martedì ho partecipato a un appassionato dibattito nel gruppo del Senato sulle riforme. Molte posizioni e, per lo più, in dissenso con la proposta Franceschini Quagliarello. Ma l’accordo era già stato fatto, il dibattito, del tutto inutile. Secondo voi, Renzi avrebbe dovuto dire a Giachetti: “rinuncia a presentare la tua proposta di abrogazione del porcellum”? E perché?

Da Corradinomineo.it


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