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Elezioni amministrative. L’autoassoluzione mediatica dei partiti: felici e perdenti

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La Fiera delle Vanità tra i leader dei partiti al governo e il principale antagonista, il comico genovese Beppe Grillo, ha fatto una grande vittima mediatica nel dopo-elezioni amministrative: la verità dei fatti. Il primo dato che salta agli occhi è ovviamente la crescente astensione, alla quale va aggiunta la forte percentuale (attorno al 3%, stando ai dati rintracciati con difficoltà sul WEB) di schede bianche e nulle. A Roma, la capitale, appuntamento non solo e soltanto locale, quanto anche di valore politico nazionale, l’astensionismo ha toccato per la prima volta nella storia repubblicana il 48%, che arriva al 50% e più proprio con il voto “antisistema” delle bianche e nulle. Una debacle per gli apparati clientelari e localistici dei due maggiori partiti che da 20 anni si contendono il Campidoglio: i berlusconiani e la destra sociale, da una parte stipati nel PDL, e gli ex-comunisti, “sposi per forza” degli ex-democristiani di sinistra accasati nel PD.

Ma i grandi media, dai quotidiani alle TV, hanno tuonato alla “stabilità” del governo di “larghe intese”, alla “lunga vita” per l’esecutivo Letta-Alfano. Non si sono ancora accorti che invece stanno suonando le campane a morto per l’intero sistema partitico nato dalla prima/seconda Repubblica.

Forse si aspetta un nuovo Grillo, chissà!

Ma il comico genovese, “padre-padrone” del Movimento 5 Stelle, usa gli stessi paradigmi critici dei suoi concorrenti più avvezzi al politichese: “i media ci hanno trattato male…non abbiamo saputo comunicare…è tutta colpa degli italiani che non capiscono…hanno vinto gli interessi di pancia”. Di questo passo, anche la sua arrembante corsa verso le vette del Parlamento si troverà a sbattere contro il muro della realtà: gli italiani sono stanchi politicamente, depressi economicamente e disincantati eticamente. Non basta sbarcare sulla Rete per rinnovare linguaggio, idee, strategie e personale politico.

 

Occorre entrare in sintonia con il paese che soffre, che è deluso dalla mancanza di Etica, come ha tuonato nella sua omelia alla domenica di Pentecoste Papa Francesco, attaccando questo sistema sociale e mediatico che propone come valore solo il denaro e dimentica l’essere umano: “Questa è una crisi dell’uomo, che distrugge l’uomo. Nella vita pubblica, politica se non c’è l’etica tutto è possibile, tutto si può fare”. E poi ricordando un “midrash” ebraico, una lettura istruttiva, sul cantiere della torre di Babele, dove “se cadeva un mattone era un dramma, se cadeva un operaio non succedeva niente”, ha così commentato amaramente: “Questo succede oggi, se nelle banche calano gli investimenti, questo è considerato una tragedia, ma se la gente muore di fame non succede niente”.

Ma forse tutta la politica italiana è scarsa di etica e povera di letture sacre!
Altro che la due giorni in un “buen retiro” ex-conventuale, trasformato in esclusiva e remunerativa SPA, per cercare di trovare un’intesa su inciuci dal corto respiro!
Forse era meglio un ritiro spirituale in qualche sperduta parrocchia di periferia a studiare catechismo per poi essere interrogati da qualche erudito gesuita o arcigno padre scolopo. E comunque, queste elezioni, per quanto locali, amministrative, e quindi legate molto ai risultati sul territorio, si sono svolte dopo 3 mesi dalle scioccanti elezioni politiche, ad un mese e mezzo dalla lacerante battaglia per la nomina del Presidente della Repubblica e ad un mese dalla nascita di un “governo contro-natura” siglato dall’alleanza emergenziale tra PD e PDL. Ecco, quindi, che il risultato delle urne ha una sua valenza nazionale.

Il PD riesce primo in tutti grandi comuni, grazie soprattutto a liste civiche dove il simbolo del partito spesso è scomparso alle spalle del candidato sindaco: a Roma l’ex-senatore e chirurgo Marino (che aveva votato per Rodotà al Quirinale, e si era detto contrario al governo Letta) ha guidato una lista dove come slogan campeggiava “non è politica”! Ma è una vittoria generale a caro prezzo, con candidati ai consigli comunali scelti gelosamente negli apparati, e un forte calo di consensi che nulla di buono fa sperare in vista del congresso autunnale né alla durata delle “larghe intese”. La leadership interna al PD e la sua stessa esistenza sono del tutto in discussione e la dissidenza interna, sempre più crescente potrebbe sfociare anche in forme di scontro inesplorate finora.

Il PDL va “in bambola” dovunque, né i suoi alleati di estrema destra riescono a risollevare le sorti di un partito Berlusconi-dipendente né le arti illusorie del Mago di Arcore sono servite a fermare la frana dei consensi delle ultime politiche. Per Berlusconi prima di tutto vengono le sue fortune economiche e giudiziarie: il governo deve restare in piedi e ridare fiato alla Borsa e all’economia, riportando in alto i titoli della sua scuderia; prendere tutto il tempo possibile per varare qualche legge-salvacondotto che gli eviti le condanne dei tribunali e qualche artificio istituzionale per portarlo verso un’immunità istituzionale duratura; trovare nuovi soci, arabi e russi, che rimpolpino le casse esauste delle sue società (Mediaset. Mediolanum, Milan, ecc..). E intanto, si rafforza dentrola RAI e nella Commissione parlamentare di Vigilanza per affrontare con le sue solite armi affinate mediatiche le elezioni europee e le eventuali politiche del 2014 da una posizione dominante. Il trionfo del conflitto d’interessi!

Ma neppure il Carroccio se la passa tanto bene, sottoposto alla “cura” Maroni: dove regnava ha perso ancora voti e sindaci. Il caso più emblematico è Treviso, dove lo “sceriffo” Gentilini, ultrarazzista sindaco e vicesindaco negli ultimi decenni, è arrivato secondo e rischia grosso al ballottaggio contro il candidato del centrosinistra.

Qui, in realtà, si è consumata anche una mini-tragedia per il Movimento 5 Stelle, che ha visto ridurre al lumicino i suoi consensi, nonostante l’impegno degli industriali alla guida di Arturo Artom, che avevano organizzato la prima riunione con Grillo e Casaleggio, sradicando l’alleanza tra il tessuto imprenditoriale locale ela LegaVeneta, e dando una valenza nazionale alla politica economica dei “grillini”.

Un Grillo ridimensionato e azzoppato quello uscito da queste consultazioni locali: certo il suo è un “movimento di opinione”, ma che molto ha basato della sua fortuna, già da qualche anno, proprio dal radicamento in ambito locale e dalla scelta diretta dei suoi candidati sul territorio. E allora, perché questa defaillance? Il Movimento 5 stelle ha da una parte dragato l’antipolitica e l’astensionismo verso la partecipazione alle recenti politiche: è questo è stato un bene per la democrazia. Ma poi si è dimostrato anch’esso un partito-dipendente dalle opinione oltranziste e assolutiste del fondatore: Grillo è riuscito a perdere anche a Siena dove, invece, aveva dimostrato tutta la sua arguzia e capacità nel documentare e denunciare i brogli avvenuti dentro il Monte dei Paschi.

Ma da grande accusatore-moralizzatore a gestore della politica ce ne corre. E un grillo parlante, seppur simpatico e accattivante, nonostante le tante zampette arranca sulla salita della storia e il suo cri-cri insistente e lacerante non è che una voce flebile nel deserto della crisi del sistema capitalistico democratico. E non è neppure vero che gli italiani siano tutti degli insensibili e irriconoscenti Pinocchio!


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