Agnese Piraino Leto Borsellino se ne è andata, nella discrezione e nel silenzio che le era congeniale; lei vedova di uno dei più grandi magistrati che ha avuto questo paese, ucciso per non farlo indagare e non solo su cosa nostra; lei donna nobile d’animo e donna “gentile” di educazione palermitana che incarnava la forza d’animo ed anche la ferma volontà dei palermitani e siciliani onesti di arrivare alla Verità sulla morte del marito e della sua scorta in quel torrido 19 luglio 1992. Agnese Borsellino non amava né le interviste, nè le apparizioni pubbliche. Subito dopo la strage di Via D’Amelio si era chiusa nel suo dolore con i figli ed i familiari più vicini, aspettando con la sua grande forza d’animo, che si facesse luce su quell’auto bomba devastante che ,per altro, il marito Paolo, pochi giorni prima gli aveva anche anticipato, confessandole d’aver saputo che era arrivato in Sicilia il tritolo che avrebbero usato per lui. Non aveva paura Paolo: ma temeva per i suoi familiari,per la scorta che pure doveva avere,: e per lei,Agnese ed i loro figli. Ma Agnese lo aveva rincuorato: capiva i timori del marito, ma lei e la sua famiglia, sarebbero stati sempre con lui, vicino a lui ed ai suoi ideali. Così fu,una promessa mai mancata. Non era possibile;perché Agense, Paolo ed i loro figli erano una cosa sola.
È morta all’età di 71 anni Agnese Piraino Leto Borsellino. A dare la notizia il fratello del magistrato, Salvatore, con un post su Facebook: “E’ morta Agnese. E’ andata a raggiungere Paolo. Adesso saprà la verità sulla sua morte”. Agnese, figlia del presidente del tribunale di Palermo Angelo, si era sposata con Paolo Borsellino, allora giovane magistrato, il 23 dicembre 1968. Dal loro matrimonio sono nati tre figli: Lucia, 44 anni, che oggi ricopre l’incarico di assessore regionale alla Sanità, Manfredi, 41 anni, attuale dirigente del commissariato di polizia di Cefalù, e Fiammetta, di 40. Una vita felice la loro, segnata anche dall’impegno di Paolo Borsellino come magistrato, dalla sua battaglia giudiziaria contro la mafia, dal suo impegno come magistrato che ha sempre fatto,innanzitutto,il proprio dovere; sino a quel maxi processo che istruì con Giovanni Falcone, aprendo finalmente gli scenari nascosti di cosa nostra, ma segnando la rottura di quel patto tra mafia e politica che aveva governato per anni in Italia. Lì l’Italia della società civile si schierò con i magistrati palermitani, la politica dei poteri forti, si incagliò in quella rottura del patto. Borsellino e Falcone da eroi della lotta contro la mafia, diventarono quasi imputati,rei d’aver rotto gli equilibri: il corvo, i trasferimenti, la chiusura dell’esperienza del pool antimafia di Palermo, segnarono quegli anni a cavallo della caduta del muro di Berlino. E che non dovevano concludersi con la sentenza definitiva della Cassazione che sancì l’ottimo lavoro di Borsellino e Falcone con la condanna definitiva alla cupola di cosa nostra. Con quella sentenza e con l’assassinio di Salvo Lima, la mafia sancì anche la morte di Falcone a Capaci, il 23 maggio del 1992. Borsellino sopravvisse a quel dolore perche voleva scoprire chi era stato, doveva capire se dietro quella strage c’erano apparati dello Stato, se c’era un altro patto scellerato: lo capì presto e chi di noi , la sera del giugno 1992 era alla Casa Professa di Palermo a sentire la sua ricostruzione dei fatti davanti a centinaia di studenti, capì che quell’uomo sapeva, aveva capito ed aveva fretta di arrivare alle sue conclusioni giudiziarie. E che impersonava la speranza di una mondo che voleva finalmente chiudere con la mafia. Ma proprio ad Agnese, la sua Agnese che l’aveva seguito sempre,anche all’Asinara con la famiglia quando Giovanni e Paolo dovevano redigere il rinvio a giudizio che avrebbe poi portato al maxi processo; alla sua Agnese, Paolo aveva confidato i propri timori, i suoi sospetti, il perché di quelle notti insonni e di quegli appunti sull’agenda rossa dalla quale non si separava mai ( e che infatti sparì con lui a Via D’Amelio).
Agnese era rimasta con i suoi segreti e dubbi, evitando al massimo le sue apparizioni ed interviste, limitandosi a presenziare a poche cerimonie pubbliche in ricordo del marito. Ma nonostante questo, aveva sempre detto con chiarezza il suo pensiero nell’impegno antimafia, nella vicinanza ai giovani che si schieravano, in nome di Paolo e Giovanni, contro le mafie e per la rinascita della sua Sicilia.La sua riservatezza non le aveva mai impedito di chiedere la verità sulle stragi e la giustizia vera,volendo arrivare sino in fondo per capire chi fossero i mandanti veri di quella stagione di bombe italiane, quel 1992-1993 che aveva segnato la vita sua e della sua famiglia. Non avrebbe mai potuto stare sempre in silenzio, perché di Paolo,suo marito, fu veramente compagna e partecipe in ogni decisione ed in ogni momento,soprattutto in quelli più difficili: e con gli anni che avanzavano e mentre sui motivi di quelle stragi si aprivano scenari di trattative tra stato e mafia,volle finalmente parlare. Solo nelle sedi opportune,però. Solo in occasione delle udienze del processo per la strage di via D’Amelio aveva riferito le confidenze e le preoccupazioni del marito alla vigilia dell’attentato del 19 luglio 1992. Proprio in questi giorni è iniziato a Caltanissetta il quarto filone processuale sull’attentato. Agnese era stata sentita durante la fase istruttoria, era indicata fra i testimoni principali del dibattimento. Aveva tra l’altro riferito sulle inquietudini del coniuge che si erano moltiplicate dopo la strage di Capaci nella quale vennero uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta. Aveva parlato di quell’agenda scomparsa,dei tanti perché che si erano accavallati dopo Via D’Amelio, domande sinora senza risposta. Ma aveva sempre riportato nelle sedi giudiziarie la fiducia che si potesse arrivare, alla fine, a far luce su quei misteri.
Non ce l’ha fatta: ma altri, a partire dai figli, porteranno avanti la sua ricerca di Verità e Giustizia. Come ha detto il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta,” è morta una grande donna ,un’eroina delle istituzioni che ha vissuto una delle tragedie più grandi che una persona possa vivere”.”Una donna forte che è stata vicina a Paolo – è il primo commento di Giancarlo Caselli, ex procuratore della Repubblica a Palermo – e ha continuato a testimoniare il suo impegno anche quando i problemi di salute le hanno creato difficoltà. Ricordo la sua disponibilità. Una sera andai a cena da loro sbagliando giorno. Li avevo tirati giù dal letto ma mi hanno accolto lo stesso con grande generosità. ..,”
I funerali sono previsti per lunedì 6 maggio, alle 9.30 nella chiesa di S. Luisa di Marillac, a Palermo.
La Fondazione intitolata a Paolo Borsellino e a tutte le vittime della mafia ha messo a disposizione la mail info@progettolegalita.it “per raccogliere lì eventuali messaggi di testimonianza di affetto e considerazione per la signora Agnese che non ha mai smesso di chiedere, insieme ai figli, che sia fatta verità e giustizia”.
Ad Agnese va in questi momenti il ricordo di noi tutti di Libera Informazione e di Articolo21 , ai suoi figli e familiari, l’affettuosa vicinanza e l’impegno a continuare, con la schiena dritta, il nostro lavoro,in nome di Paolo, Giovanni , Francesca,dei loro agenti e amici morti con loro ; ed ora anche in nome di Agnese Borsellino.