Ho stima per Massimo Franco, lo considero un giornalista politico serio e attento. Oggi, analizzando sul Corriere le convulsioni di Berlusconi (che l’altro giorno ha detto di non preoccuparsi del suo destino personale ma di quello del paese mentre ieri è tornato ad attaccare i giudici e a premettere la fuga all’estero (dei capitali?) se al Quirinale fosse eletto Prodi) Massimo Franco esprime il timore che ciò possa offrire “armi polemiche a chi a sinistra lavora a eleggere un Presidente “di parte”. Noto come Franco, implicitamente, sembri definire “di parte” ogni nome che, inserito in una rosa dal Pd, non ottenga l’avallo di Berlusconi. A Bersani il diritto di proposta, a Berlusconi il diritto di veto.
È la stessa idea che della fase politica attuale sembra avere il Presidente Napolitano. Il quale, dunque, ha vinto. E l’infortunio dei saggi, maschi e pusillanimi, è stato già archiviato. Anzi, di quelle commissioni, resteranno solo i richiami ai giudici, piccolo granellino di sabbia nel cestello delle intese con Berlusconi. Ma le osservazioni di Franco meritano che non si butti la palla in angolo. Stiamo dunque lavorando, sto lavorando io che vorrei al Quirinale Stefano Rodotà, a eleggere un presidente di parte? Francamente non credo.
Il prossimo Presidente dovrà ascoltare la voce degli italiani che hanno votato per la destra esattamente come quella di chi ha votato per il Pd o per il Movimento 5 Stelle. Con un’unica premessa però, semplice e necessaria, che la sovranità del popolo si “esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Significa che il voto popolare non può sottrarre nessuno al suo giudice naturale. Messe in scena come quella sotto la Procura di Milano, seguita da un incontro al Quirinale e dall’invito di Napolitano ai giudici perché concedessero una tregua a Berlusconi, sia pure in un momento politico istituzionale delicato, non devono più ripetersi. Ci vuole un presidente che tra forza del consenso e forza della legge, scelga la legge. La Costituzione, si può cambiare, non strappare. Ancora più importante è che il prossimo Presidente non stia dalla parte dei partiti, quando questi eludono la legge fondamentale per meglio controllare gli elettori.
La legge Calderoli tradisce la Costituzione. Somma premio di maggioranza a soglia di sbarramento. E’ premio così largo da consentire a chi prende un terzo dei voti di ottenere la maggioranza assoluta in una Camera. Ma ha due meccanismi diversi di premio, in un sistema bicamerale perfetto, il ché provoca ingovernabilità. Infine delega ai capi delle coalizioni la selezione e la scelta dei parlamentari. In verità io credo che il prossimo Presidente non debba temere di sciogliere le camere, ma non possa mandarci al voto con questa legge.
C’è una proposta Tocci – Civati (l’ho firmata anch’io) per abrogare il porcellum e tornare al mattarellum. Ma si potrebbe persino tornare alla vecchia proporzionale, in vista di una legislatura costituente. Terza e ultima caratteristica, vorrei un presidente illuminista! Che faccia luce su domande e proteste, proposte e desideri dei cittadini. Senza la pretesa di calare sulla realtà, contraddittoria ma vitale del paese, la camicia di forza di accordi fra i partiti, che hanno il senso di non far scappare i buoi rimasti. E di proteggere le elites, tecniche e politiche, che abbiamo imparato a conoscere e non hanno dato buona prova. Nel ’76 Moro sapeva che la Dc non poteva pretendere di governare per sempre, Berlinguer pensava che il PCI non potesse andare al governo semplicemente vincendo le elezioni. L’uno e l’altro (grandissimi se paragonati ai protagonisti attuali) erano però figli di un Dio minore. La democrazia in libertà vigilata del tempo della guerra fredda. Non inventiamoci altre guerre fredde, contro “fanatici moralizzatori”. Non fingiamo di credere che l’insieme degli elettori di Bersani, l’insieme di quelli che hanno scelto Berlusconi o seguito Grillo, siano ciascuno un monolite a sé stante. I poli oggi si compongono e si scompongono, liberamente. E chi sarà al Colle nei prossimi sette anni, dovrà saper ascoltare cittadini e sindaci, deputati e senatori. Senza imporre una ragion di partito, che diventa oltretutto ragion di casta, quando i partiti, dopo essersi scannati, si uniscono per meglio difendersi.