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Di Francesco Peloso
Certo la fine del Pd era nell’aria da tempo, la crisi di un partito stretto fra oligarchie immarcescibili e un’origine politica incerta, legata al secolo scorso, al compromesso storico, all’alleanza fra ex Pci e ex Dc, ha raggiunto il suo apice, il punto di rottura con la candidatura Marini. E tuttavia l’alternativa, se così possiamo chiamarla, emersa in questi mesi, vael a dire il movimento grillesco, ha dimostrato la sua inconsistenza in queste settimane post-elettorali. Gonfio di troppi voti, all’improvviso catapultato sul piano delle responsabilità collettive, il grillismo ha svicolato, cincischiato, dimostrato di non sapere dove mettere le mani e di non avere uno straccio di proposta politica per un Paese, una collettività, che stanno andando a fondo.
Poi ha prodotto lo sberleffo delle quirinarie, confondendo, volutamente, la battaglia contro la casta, i poteri insossidabili, con un populismo opaco via web, senza tenere presente che i ‘nostri rappresentanti’ sono appunti eletti anche per scegliere un presidente della Repubblica, che questa è la Costituzione, e il suo rispetto, il suo riconosicmento, è alla base di tutto; le quirinarie con la Gabanelli e Strada sono invece uno scherzo da avanspettacolo. Poi certo, si dirà: ma alla fine è spuntato dal cappello a cilindro Rodotà. Bene, Rodotà ci piace è una persona di qualità ecc. Ma la politica non è un perpetuo vaffa, contro tutti, anche se i vicini di scranno parlamentare non sono il massimo, la capacità di costruire propsote comuni per cambiare le cose è una responsabilità che va messa in collo per intero anche agli eletti del M5s, per altro non si capisce bene quale sia la vita democratica del movimento, seppure ce n’è una.
La ricostruzione della sinistra è l’unica strada politica che esiste, e che naturalmente deve includere o fare i conti, come si preferisce, anche con i grillini, ma al di là delle urla e degli insulti, questi mesi ci insegnano che abbiamo bisogno urgente di classi dirigenti, proposte, culture politiche, ecc. La scomparsa del Pd non è di per sè un bene se quello spazio politico non viene riempito da altri soggetti che abbiano come obiettivo quello di governare l’Italia, cambiando le cose, mettendo in discussione privilegi e camarille, ma in un cornice europea, con una prospettiva che anche sui grandi dell’ambiente o delle’economia non deve mai diventare provinciale, isolazionista o ridicolmente autarchica.
La retorica di queste ore convulse non basterà a ridarci un futuro, l’invettiva è giusta, per molti però è già una nuova professione ben retribuita, ma la fatica di una batttaglia politica e culturale (le due cose per me vanno insieme) non può essere elusa. Infine cè anche Sel, fino a ieri alleata organica di Bersani considerato il leader di ‘sinistra’ del Paese, per accorgersi oggi che le cose non stanno proprio così. Del resto anche l’esperienza della sinistra vendoliana sembra giunta al capolinea, i numeri ci dicono questo.
Il risultato elettorale, del resto, non sembra essere stato valutato nella sua reale portata dai protagonisti di questa fase politica, nel Pd tantomeno. Accettarne le conseguenze signfica infatti riconoscere che il ciclo della sinistra così come lo abbiamo conosciuto dal dopoguera ad oggi si è esaurito. Dunque ancora una volta, la sintesi va trovata fra neceisstà di modernizzare tutto in questo Paese stravecchio (e scardinare quindi anche le antiche prebende della sinistra politica e sindacale) e tornare, allo stesso tempo, sui temi di una giustizia sociale che sembra oggi il buco nero del Paese per milioni di persone. Infiene speriamo in un buon presidente. Magari anche, per miracolo, un Rodotà.