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Eni: “a Report abbiamo chiesto intervista
in diretta”. Gabanelli: “non siamo un talk”. Boom di firme per la petizione: oltre 70mila

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“L’Eni ha chiesto un risarcimento di 25 milioni alla Rai (e non alla signora Gabanelli) a fronte di un servizio come quello trasmesso a dicembre da Report, interamente costruito su una serie di affermazioni e illazioni tese a dare un’immagine apparentemente verosimile e solo negativa della società, alla quale è stato tra l’altro precluso un normale contraddittorio. Noi avevamo proposto alla Signora Gabanelli di realizzare un’intervista in diretta. Questo sì che sarebbe stato un contraddittorio…” Così la multinazione Eni per bocca di Gianni Di Giovanni, Executive Vice President External Communication replica al direttore di Articolo21 Stefano Corradino che sul sito Change.org ha lanciato una petizione sul sito Change.org a sostegno di Milena Gabanelli (raccogliendo oltre 60mila firme in un giorno).

L’Eni – ribatte Milena Gabanelliha chiesto un risarcimento di 25 milioni di euro in via equitativa alla sottoscritta, a Paolo Mondani e alla Rai. Per la sottoscritta chiede al giudice un ulteriore sanzione per aver rilasciato un’intervista in cui dico di aver ricevuto lettere minatorie, quando io ho detto (ed è stato pubblicato) “intimidatorie”. “Il giornalismo d’inchiesta – conclude – non prevede “interviste in diretta”, perché richiede il tempo di verifica su quello che viene dichiarato, altrimenti si chiamerebbe “talk”.

Mi preme ricordare – controreplica all’Eni Stefano Corradino – che la petizione lanciata sul sito Change.org, (che ha raccolto ) non è stata indirizzata all’Eni né è stato richiesto il ritiro della querela. La petizione è rivolta al Parlamento italiano affinché legiferi al più presto sulla materia delle “cosiddette querele temerarie” usate ormai abitualmente come strumento di pressione per scoraggiare le inchieste e disincentivare lo spirito critico che dovrebbe ispirare l’attività del cronista. Una riforma del codice che preveda forme di tutela del diritto di cronaca e adeguate penalità a carico dei querelanti per aver disturbato ‘il dovere di informare e il diritto ad essere informati’, valori protetti dall’articolo 21 della Costituzione”.

Questi atti giudiziari rientrano nel capitolo delle cosiddette “querele temerarie“, ma quando la richiesta arriva a 25 milioni di euro, sarà meglio chiamarle “querele impudenti e imprudenti”. Lo afferma in una nota il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti. “Qualche tempo fa, tanto per fare un esempio, i legali del fratello dell’ex sottosegretario Cosentino, chiesero l’immediato sequestro e la soppressione di tutte le copie del libro inchiesta” Il Casalese” realizzato da un gruppo di coraggiosi cronisti. Quella richiesta è stata archiviata dal giudice, ma il querelante non ha pagato dazio alcuno; Chi si sente diffamato ha tutto il diritto di difendersi, di reclamare rettifiche e repliche, di pretendere il ripristino di una dignità eventualmente lesa o calpestata, ma chi usa in modo spregiudicato le “querele temerarie”, in caso di sconfitta processuale, deve essere condannato a pagare per aver “molestato” l’articolo 21 della Costituzione e cercato di dimezzare il diritto dei cittadini ad essere informati”.

La mega querela contro la Gabanelli – commenta il segretario Fnsi Franco Siddi dimostra una volta di più come non sia rinviabile una profonda riforma a tutela della libertà di stampa e del giornalismo investigativo. Le querele temerarie devono essere fermate per legge. Da anni chiediamo che a fronte di richieste di risarcimento esorbitanti sia posto l’obbligo di versamento di una cauzione pari almeno al 50% del richiesto per ristorare il querelato nel caso di assoluzione. Non vi è dubbio infatti che querele in sede penale o richieste di risarcimento in sede civile di questo tipo sono fatte non tanto per ottenere un risultato nelle aule di giustizia ma per frenare il giornalismo d’inchiesta, specie dei precari meno tutelati“.

 


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