L’Italia, tramite l’Ambasciatore e Delegato Speciale del Governo Italiano presso la Repubblica Somala Andrea Mazzella, ha appena donato 15 pick up Toyota per la Polizia locale e una stazione radio a onde corte allo Stato del Puntland. Alla cerimonia di consegna ufficiale hanno partecipato il Presidente Abdirahman Mohamed Farole con varie autorità del Puntland. L’obiettivo del progetto finanziato dal Governo italiano è quello di combattere la pirateria che danneggia i traffici commerciali e di migliorare la sicurezza per la popolazione civile attraverso il rafforzamento della capacità delle Istituzioni locali. Altri progetti italiani mirano al sostegno ed al rafforzamento della cooperazione con il Governo Federale centrale.
Intanto a Mogadiscio un altro giornalista è stato ucciso vicino a casa sua, mentre tornava dal lavoro. Mohamed Ibrahim Ragge è il quarto giornalista ucciso dall’inizio dell’anno. Lavorava per Radio Mogadiscio e per la TV di Stato. Sebbene ancora siano ignoti gli autori dell’omicidio, in molti indicano gli Al Shabab desiderosi di troncare le comunicazioni a loro sfavorevoli.
Una decina di fa Al Shabab è stato autore di due attentati nella capitale somala, uno nella zona dell’aeroporto ed uno, assai più sanguinoso e spettacolare, nel Palazzo di Giustizia con giudici rimasti in ostaggio, per ostacolare le riforme e riaffermare la Sharia. In quest’occasione i nove terroristi sono rimasti uccisi negli scontri con le forze dell’ordine, ma ne sono scaturite fitte interrogazioni parlamentari che hanno coinvolto i Ministri degli interni e della Difesa. Quest’ultimo, Abdi Hakim Mohamud Fiqi è stato chiamato per chiarire due circostanze in ordine agli attentati. In primo luogo sul perché gli attentatori indossavano la nuova divisa in via di distribuzione ai militari da appena due giorni (dal 12 aprile) proprio per evitare che i terroristi potessero mimetizzarsi tra i militari le cui vecchie divise si trovavano in vendita perfino al mercato Baccara di Mogadiscio. In secondo luogo il Ministro della difesa avrebbero dovuto deporre circa il furto di armi perpetrato all’interno del palazzo presidenziale, Villa Somalia. Il Ministro ha smentito entrambe le circostanze in Parlamento ed è rimasto sulla negativa anche nel corso di un colloquio telefonico avuto con noi poco dopo. Eppure le circostanze ci erano già state riferite nell’immediatezza dei due attentati da fonti vicine al governo. Evidentemente gli sviluppi delle indagini impongono la massima riservatezza anche ai livelli più alti perché probabilmente coinvolgono personale infedele tuttora in servizio. Il Ministro degli interni Abdikariin Hussein Guled è stato invece interrogato dai parlamentari sulla sicurezza a Mogadiscio ed in particolare sui due detenuti prelevati dal carcere centrale dall’intelligence governativa e poi trovati uccisi in strada. Il Ministro ha detto che i due detenuti erano accusati di appartenere ad Al Shabab ed avevano detto di sapere dove si trovavano i depositi di armi. Sono stati accompagnati dall’intelligence per un sopralluogo ma i guerriglieri hanno circondato il gruppo tendendo loro un agguato nel corso del quale i due detenuti hanno tentato la fuga finendo uccisi dal fuoco dei regolari. La versione del Ministro ha lasciato perplessi i parlamentari. In realtà tanto il doppio attentato quanto il furto delle armi a Villa Somalia quanto, ancora, l’uccisione dei due detenuti appartenenti ad Al Shabab, oltre ad altri cadaveri rinvenuti nei vari quartieri di Mogadiscio, non sembrano attribuibili esclusivamente al terrorismo di Al Shabab, ma anche conseguenza di una faida interna tra i poteri vecchi e nuovi che non si sono amalgamati. I poteri militari nominati dal vecchio regime non sono stati ancora tutti sostituiti dal governo della post transizione e i defenestrati potrebbero aver interesse all’instabilità avvalendosi di funzionari infedeli rimasti in servizio così da far fallire l’impegno per la sicurezza assunto dall’attuale governo.
Il Governo della post transizione appare debole, incapace di perseguire le politiche di sicurezza che ha promesso, privo di mezzi economici per perseguire le sue scelte e di un convinto sostegno dell’opinione pubblica. La comunità internazionale promette sostegno, ma ciascun paese opera in ordine sparso.
*Fondatrice di Migrare – www.migrare.eu