BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Il discorso di Napolitano, è già finito il tempo degli applausi bisogna agire

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Non serve una “grande coalizione” servono, presto, delle “grandi leggi”. Ricordiamo tanti la pubblicità di quel ciclista che andava in giro con un grande pennello e che fermato da un vigile urbano spiegava che gli serviva per dipingere una grande parte. La risposta di quell’esterrefatto vigile era, in sostanza, per dipingere una grande parte non c’era bisogno di un grande pennello ma di un buon pennello. Ecco oggi abbiamo bisogno di grandi leggi ma per scriverle non ci vogliono grandi donne e grandi uomini, non ci servono politici altezzosi e arroganti, ma donne e uomini preparati, capaci, seri e onesti, che non trasformino i mafiosi in eroi, e che si muovano fuori da contesti di interesse personale.

E’ il mondo moderno, ragazzi. Stiamo combattendo una guerra in Europa, ma non tutti ce ne rendiamo conto. Non chiamiamo guerra ciò che avviene senza l’uso di armi, non ci sono palazzi sfondati dalle bombe, ma ci sono intere classe sociali distrutte.  E’ guerra se è vero come è vero che oggi ci sono famiglie che tirano a campare, che non arrivano alla fine del mese, se è vero come è vero che ci sono lavoratori che da un giorno all’altro si trovano senza lavoro, se è vero come è vero che c’è gente che in preda a sconforto uccide e si uccide… non c’è bisogno di sentircelo dire che siamo ancora in fondo al tunnel, guardando a quelle che accade nelle periferie del Paese, a Trapani per esempio, dove un esercito di precari, anche donne e uomini ultracinquantenni, che a quell’età dovrebbero pensare alla pensione, si trovano a inseguire una assunzione a tempo indeterminato, dove ci sono operai che occupano palazzi delle istituzioni, o ancora giovani che ogni giorno lasciano questa terra per cercare fortuna altrove, come accadeva negli anni bui del dopoguerra. Certamente tutto questo non è avvenuto perché si sono mossi autonomamente i grandi eserciti dell’economia internazionale, ma perché c’è stata una politica, ci sono stati Governi che hanno colpito da dentro il Paese, il nostro Paese. A Roma come a Trapani. Le “mazzette” hanno mosso la politica. Ma nessuno, dei politici della casta, se lo vuole sentire dire. La magistratura scopre appalti truccati, opere mal costruite, senatori che assicurano a tizio o a caio che possono sicuramente prendersi gli appalti, e nessuno si mostra capace di dire qualcosa. Qui non si tratta, come dice Moretti, di trovare qualcuno che dica “qualcosa di sinistra”, ma è difficile trovare qualcuno che “dica qualcosa di buono per il Paese”.

Pochi giorni addietro un efficace Massimo Gramellini lo ha scritto nel suo “buongiorno” sulla prima pagina de La Stampa. Ha parlato di Trapani e ha colto come all’indomani di una operazione anticrimine dove usciva fuori il nome di un senatore, Tonino D’Alì, sotto processo per mafia a Palermo, non c’erano stati commenti, ma solo silenzi. I primi dagli avversari che forse avversari propri non sono. Silenzi anche da chi si è affacciato per la prima volta nella scena politica. E’ questo uno dei tanti segnali che ci dice come c’è il bisogno urgente di un ritorno alla politica che non si parlino più tra di loro nelle segrete stanze ma che ci sia una politica e ci siano dei politici che parlino alla luce del sole. E cominciando dalle periferie del Paese.

Ce lo ha appena ricordato il riconfermato presidente Napolitano, che non ha parlato solo al Parlamento già da subito minacciato di “scioglimento”, ma ha parlato a tutti i Governi e a tutte le assisi istituzionali, dal centro alle periferie. Fino ad oggi, in questi anni di seconda Repubblica, abbiamo assistito alla politica dettata da pochi, pochissimi, commendatori e cavalieri che dir si voglia, a Roma e  lontano da Roma, nelle periferie hanno sbaragliato piccoli politici bravi a scimmiottare quelli (si fa per dire) di più alto calibro; tutto questo da destra a sinistra passando per il centro, tranne rare, rarissime eccezioni incapaci però di guadagnarsi spazi. Hanno parlato solo questi personaggi ad altri è stato negato diritto a parlare, o a scrivere. Abbiamo avuto a che fare, e non è ancora finita, con chi pensa che sia giusto mettere il bavaglio all’informazione. Ci hanno detto che da 20 anni siamo nella seconda Repubblica che si è sostituita alla prima Repubblica che ha fatto vergognare i padri costituenti distruggendo le ideologie e introducendo la politica condizionata dalle collusioni e dalla corruzione che però dal 1992 ad oggi si sono fatte indubbiamente più forti.

Oggi abbiamo le parole del presidente Napolitano. Applauditissime. Sono state interpretate da tanti come un esplicito invito a favore della “grande coalizione”. Può darsi. Ma in quell’intervento c’è stato anche altro. C’è stata l’attenzione ai “nuovi” del Parlamento, alle novità del confronto, al ruolo della rete. Parlando anche al movimento 5 stelle il presidente Napolitano ha ricordato una cosa che ha ricordato a tutti, “il dovere della proposta” e poi ancora il rispetto che bisogna riservare alle istituzioni parlamentari, guai a mettere contro il Parlamento la piazza, significa picconare la Democrazia, e infine l’invito fatto con la Costituzione a portata di mano, posata sul tavolo della presidenza della Camera dei Deputati, di fare tornare a funzionare i partiti. Crediamo che Berlusconi non possa fare spallucce, lui che ha seppellito i partiti in Italia e introdotto i congressi fatti dentro al tubo catodico delle tv.

Probabilmente Napolitano parlava più a Berlusconi che non ai 5 stelle che pure non sono il risultato di discussioni dentro sedi di partito. Le proposte cui ha fatto riferimento il presidente Napolitano c’è da escludere che siano state rivolte alle leggi ad personam, più alto e serio l’auspicio del Capo dello Stato: un Parlamento non si scioglie, oggi il presidente Napolitano ha riconquistato questa facoltà, ed è prontissimo ad usarla, non perché non approva una legge salva Silvio, un Parlamento si scioglie quando è incapace di fare le leggi di riforma delle quali il Paese ha bisogno. La politica deve tornare in fretta da Roma a Palermo e da Roma a Bolzano nella polis e abbandonare i salotti buoni, a Trapani per esempio deve abbandonare il salotto di qualche barone. La protesta di oggi della piazza nei giorni delle votazioni presidenziali non è però da liquidare in fretta e furia. Il presidente Napolitano ha fatto un intervento da statista, ma alcune parole sono mancate nel giorno in cui a Palermo un giudice decideva di distruggere i nastri di certe intercettazioni. Dieci anni dopo quel tragico 1992, un Capo dello Stato è intervenuto a Montecitorio senza dire qualcosa sulla lotta alla mafia che oggi non è più quella delle bombe ma è quella che ha saputo infiltrarsi fin dentro i Palazzi dello Stato. Oggi noi genitori non comprendiamo come i genitori del 1968 le proteste dei nostri figli, allora c’era la crisi, c’era un paese che non viveva in modo identico lo sviluppo, c’era il grande abbraccio che si preparava tra Dc e Pci. Oggi sta succedendo la stessa cosa. I giovani ci dicono che non vogliono questa politica, non vogliono abbracci mortali. Ecco non dobbiamo contestarli o bollarli come inesperti delle istituzioni. Dicono che vogliono cambiare il Paese. E i tanti che vivono fuori dalle stanze del potere, seppure possano essere politicamente schierati, indubbiamente è anche questo che vogliono…vogliamo. Noi, tanti come noi, lo vogliamo anche senza mafie e senza collusioni, senza colletti bianchi e aeree grigie.

Ed allora a Roma oggi il Parlamento ha l’obbligo di votare un solo Governo, quello che è capace di combattere con nuove leggi la corruzione e recuperare quei denari che ci sono stati rubati per creare nuove risorse a disposizione della crescita. Un Governo che sappia scrivere una legge elettorale che permetta a chi vince di governare. Una legge elettorale che metta fuori dal Parlamento chi non ha le carte in regola. Siamo ancora nella prima Repubblica, la seconda Repubblica non è mai cominciata. Decidano, decidiamo, una buona volta se farla cominciare o meno. Una inadempienza a voltare pagina però potrebbe ingenerare pericoli per la Democrazia.


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