Sono arrivati in quattro al tramonto, incappucciati. Gli hanno messo una pistola in faccia e li hanno costretti a indossare un tipico vestito pakistano, lo “shalwar kameez” poi li hanno portati via. E’ successo quindici mesi fa, il 19 gennaio del 2012, a Qasim Bela, nella provincia del Punjab. I due rapiti sono l’olandese Bernd Johannes Mohlarback e l’italiano Giovanni Lo Porto, trentotto anni di Palermo. Lavoravano per una Ong tedesca, la Welt Hunger Hilfe (Aiuto alla fame nel mondo) alla ricostruzione dell’area messa in ginocchio dalle inondazioni del 2011. Da almeno quattro mesi non si hanno notizie e soprattutto c’è buio assoluto su chi li ha in mano. Anzi, su Lo Porto (l’ultimo ostaggio italiano ancora prigioniero) non ci sono mai state informazioni certe. Mohlarback è invece apparso in un video, a dicembre, trasmesso dalla televisione pachistana Dunya Tv che ha comunicato di averlo ricevuto “da al Qaeda”. L’olandese chiedeva al governo di Berlino di accettare le richieste formulate dai suoi sequestratori perchè altrimenti sarebbe stato ucciso. Mohlarback, 59 anni, spiegava di essere stato rapito da non meglio precisati ‘jihadisti’ ”a causa delle politiche sbagliate del governo tedesco”. Nel filmato, di appena 52 secondi, non c’è mai un riferimento a Lo Porto, anche se il cooperante olandese usava ripetutamente il plurale: “Noi siamo in difficoltà”, ha detto più volte.
Il video costituisce, secondo la polizia, la prima e unica prova in vita dei due rapiti. ”Ora siamo in difficoltà – dice l’ostaggio -. Per favore accogliete le richieste. Possono ucciderci in qualsiasi momento. Non sappiamo quando. Può essere oggi, domani o fra tre giorni. Non fate pazzie, non possiamo essere liberati”. Nel filmato i rapitori non avanzano richieste. In precedenza, però, i Talebani del Pakistan (Tehreek-e-Taliban Pakistan, Ttp) avrebbero chiesto il pagamento di un riscatto e la scarcerazione di alcuni prigionieri detenuti in cambio della liberazione degli ostaggi, notizia peraltro successivamente smentita dalla stessa organizzazione che rappresenta il principale movimento armato anti-governativo. Anche Radio Mashaal di Islamabad ha annunciato di aver ricevuto il video.
In definitiva, dopo più di un anno ancora non è chiaro chi ha in mano Lo Porto e il suo collega. Lo stesso governo pakistano, che si è detto impegnato nelle ricerche, non ha mai fornito informazioni esaurienti.
Le uniche ipotesi concrete sono giornalistiche. Sembra che il sequestro sia stato messo a segno da criminali comuni. Ma dopo due mesi il gruppo avrebbe deciso di vendere gli ostaggi a una struttura filo-qaedista molto più organizzata. Così Giovanni e Bernd, fino ad allora tenuti non lontano da Lahore, sarebbero stati trasferiti a circa quattro ore di auto in direzione nord, in un’area tribale, dove non c’è libertà di movimento per un estraneo. Un’area nella quale, oltretutto, non esiste una copertura né per cellulari nè per telefoni satellitari.
Giovanni Lo Porto si è laureato alla London metropolitan University e alla Thames Valley University. Prima di collaborare con i tedeschi, ha lavorato con altre Ong. La sua famiglia abita a Palermo. Fin dall’inizio si è chiusa nel silenzio più assoluto.