“È uno dei giornalisti italiani più seri e preparati nell’affrontare situazioni a rischio”, così Mario Calabresi, direttore de La Stampa sul collega Domenico Quirico, inviato del quotidiano torinese in Siria di cui non si hanno più notizie da venti giorni. È entrato nel paese il 6 aprile passando per il confine libanese, puntava verso Homs, la zona più combattuta, voleva passare per quella via e spingersi fino a Damasco. Era stato avvisato dal giornale del rapimento dei colleghi Rai a Idlib, aveva – come sempre – riposto tranquillamente che voleva fare una strada diversa e avrebbe richiamato lui dopo aver passato il confine. Poi un solo sms per dire che era in Siria e da allora due soli sms alla famiglia, alle figlie e alla moglie Giulietta, con la quale ha anche parlato ma con una linea molto disturbata, e a un collega Rai “sono sulla strada di Homs”, diceva. Poi il silenzio. Aveva avvisato che nella zona in cui si trovava il cellulare non prendeva e usare il satellitare non era prudente. Domenico Quirico ha 62 anni, una grande esperienza nel muoversi in territori di guerra, una grande capacità di muoversi sotto traccia, mimetizzandosi con le popolazioni locali. Uno di quei cronisti “da guerra” che sanno raccogliere informazioni e umori e tradurli in cronache importanti, nel racconto di storie complesse come quella che si sta consumando in Siria. Non è nuovo a lasciare tutti, colleghi e famigliari, col fiato sospeso. Accadde in Mali, ricorda il direttore Calabresi, quando resto’ senza dare notizie di se’ per sei giorni, ora ne sono passati quasi 20. Prima, d’intesa con l’Unita’ di Crisi della Farnesina, si è rispettato un silenzio prezioso per avere informazioni e consentire al Ministero degli Esteri di lavorare. Negli ultimi anni ha raccontato Sudan, Darfur, carestie e campi profughi del Corno d’Africa, l’esercito dei bambini soldato in Uganda, le primavere arabe, Tunisia ed Egitto e la fine del regime di Gheddafi. Cercando di raggiungere Tripoli e’ stato rapito insieme ai colleghi del Corriere della Sera Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina e di Avvenire Claudio Monici; nel sequestro veniva ucciso il loro autista e venivano liberati due giorni dopo. Domani il quotidiano La Stampa uscirà con un fiocco giallo, come quello delle famiglie che aspettano che una persona cara torni a casa. Una famiglia che è anche quella dei giornalisti italiani.