OSSIGENO – Strasburgo, 27 aprile 2013 – Enzo Iacopino è stato ascoltato dalla Commissione per i media dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, riunito per esaminare la legge italiana sulla diffamazione. Il presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti ha affermato: ”Che la situazione in Italia sia grave a causa della legge sulla diffamazione lo dimostra l’assenza a questa audizione di Alessandro Sallusti che a tanti mesi dalla commutazione della pena da parte del presidente della Repubblica non ha ancora il diritto di espatriare”.Il comitato avrebbe voluto ascoltare Sallusti perché, proprio per la condanna del direttore de ”il Giornale” a 14 mesi di carcere, l’Assemblea parlamentare, in una risoluzione approvata lo scorso gennaio, ha chiesto alla Commissione di Venezia (l’organismo del Consiglio d’Europa incaricato di valutare l’aderenza delle leggi nazionali con gli standard dell’organizzazione) di stabilire se la legislazione italiana sulla diffamazione è in linea con l’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti umani che difende la libertà di espressione. La mancanza dei documenti utili per l’espatrio impedì a Sallusti di intervenire alla prima audizione gia’ alcuni mesi fa.
Iacopino ha ricordato che la legge sulla diffamazione colpisce migliaia di giornalisti italiani. “Tra il 10 e il 12 novembre, mentre in Parlamento si discuteva di una riforma della legge, sono arrivate all’Ordine 70 segnalazioni di giornalisti colpiti da denunce per diffamazione”, ha ricordato Iacopino osservando che questa è “una pistola puntata alla nuca di giornalisti che guadagnano pochi euro, tre, quattro, ad articolo, e che si vedono fare causa per centinaia di migliaia di euro”.
”La soluzione – ha spiegato – non è certo l’impunità dei giornalisti, a cui sono contrario, piuttosto è quella di intervenire perché vi siano rettifiche immediate e sanzioni da parte dell’Ordine, che in casi estremi può arrivare a radiare il giornalista”.
Iacopino ha anche detto di essere contrario alle sanzioni penali e a quelle economiche, anche perché “la giustizia ordinaria è lenta, mentre l’Ordine può risolvere un caso in massimo due mesi”.
CST