Una mappa dei migliori e dei peggiori ospedali italiani è il primo interessante risultato di un grosso progetto di Data journalism, di investigazione giornalistica attraverso i dati, a cui un gruppo di giornalisti e ricercatori sta lavorando dalla fine di settembre scorso. La mappa, appena pubblicata su Wired (‘’per aiutarti a capire dove ti curi, ma anche dove vanno i tuoi soldi di contribuente racconta la testata) , si basa sui dati che ogni anno l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari (Agenas) del ministero della Salute registra attraverso le schede di dimissione ospedaliera (Sdo) che i 1.200 ospedali italiani compilano per ogni paziente dimesso. E’ solo il primo passo di un lavoro di analisi, di scavo e di correlazione all’interno dei data set dell’ Agenzia, che dovrebbe mettere in luce vari altri aspetti del pianeta sanità in Italia su cui il gruppo di lavoro, coordinato da Guido Romeo, continuerà a impegnarsi. La mappa è corredata da un primo articolo, a cura di Marco Boscolo, La mappa dei migliori (e peggiori) ospedali italiani, in cui si spiega come oggi, per la prima volta, quei dati siano liberamente consultabili dai non addetti ai lavori. Solo nel 2012, infatti, questi dati sono stati resi accessibili ai medici e ai giornalisti accreditati.
Wired li pubblica integralmente per la prima volta e in un formato che consente a tutti di fare ricerche. Per ogni ospedale – spiega Wired – , Agenas ha raccolto gli esiti delle cure per le principali patologie. Sono gli indicatori utilizzati in tutto il mondo e rappresentano le operazioni chirurgiche più comuni, come l’intervento a seguito di infarto oppure per frattura del femore (un parametro prezioso per comprendere la bontà delle cure agli anziani). Per ognuno di questi indicatori, ogni ospedali mostra un valore percentuale: l’indice di rischio. Questa variabile rappresenta la percentuale dei pazienti deceduti sul totale dei ricoveri effettuati. Un valore poi aggiustato, cioè corretto per rimuovere tutti i fattori che possono alterarlo a monte. Per esempio, l’età del paziente, la presenza di altre malattie durante l’operazione oppure la gravità delle sue condizioni. In questo modo gli ospedali di tutta Italia diventano davvero confrontabili. Con un po’ di buon senso, poi, è facile evitare i trabocchetti: un piccolo ospedale con due pazienti l’anno e decessi non è comparabile a un grande policlinico con migliaia di pazienti e, ovviamente, più rischi. Da dove arrivano esattamente questi dati? Ogni anno Agenas raccoglie i valori presenti nelle schede di dimissione ospedaliera (Sdo) che l’ospedale compila per le dimissioni di ogni paziente ricoverato. Da tutte le schede di dimissione ospedaliera vengono calcolati gli indici di rischio con cui il ministero della Sanità tiene sotto controllo le performance dei vari nosocomi. Un lavoro imponente che fino allo scorso anno veniva eseguito in silenzio.
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