“Un giorno senza di noi”. Con questo slogan, il 1° marzo del 2010 prendeva il via il primo sciopero dei migranti che metteva , istituzioni e società civile, di fronte a un dato innegabile: gli immigrati sono parte integrante del tessuto socioeconomico di questo paese, e se loro decidessero di fermarsi tutti insieme anche solo per un giorno sarebbe il caos.
Dai campi al mercato, dai bar, ristoranti, pizzerie, alle case private con anziani soli e persone non autosufficienti, dai piccoli chioschi di fiori, alle greggi al pascolo… il blocco collettivo per una giornata, il panico per chi, abituato a dare per scontato, dovrebbe prenderne atto come per la prima volta.
Eppure da quel 1 marzo 2010 non si può certo dire che le cose siano migliorate o che ci sia stato un risveglio e una presa di coscienza da parte delle istituzioni e forze politiche che hanno finora retto il paese. Un esempio su tutti: il disegno di legge popolare per la concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati in base allo jus soli ( L’Italia sono anch’io), è rimasta chiusa in un cassetto nelle stanze del Parlamento, e questo nonostante l’ampia mobilitazione civile, e i ripetuti appelli da parte del Capo dello Stato. Per non parlare poi della mancata riscrittura della legge sull’immigrazione, ancora ferma alla Bossi-Fini, successivamente inasprita dal “pacchetto sicurezza” fortemente voluto dall’ex Ministro leghista Maroni, nonostante anche qui, la necessità di un cambio di rotta non venga proposto soltanto dal mondo associativo, ma provenga anche da diversi ambiti istituzionali, primo fra tutti il carcere.
Un tema quasi sparito nel corso di questa campagna elettorale e che invece non può continuare a rimanere ai margini visti i numeri elevati di stranieri ormai presenti stabilmente ( in maniera regolare o meno) sul suolo nazionale, come testimoniato dall’ultimo rapporto Caritas-Migrantes che tratteggia ancora una volta un cambiamento sociale inarrestabile.
Che dalle politiche emergenziali sia necessario arrivare a definire politiche di reale integrazione lo si sente ripetere da troppo tempo, eppure anche qui la sottovalutazione continua ad essere pesante anche alla luce di gravi fatti di cronaca o a fenomeni di razzismo da cui, come abbiamo avuto modo di vedere a più riprese, non siamo di certo immuni, non ultimo l’irruzione di un gruppo leghista presso l’ospedale di Bologna al grido “Via gli zingari dall’ospedale”, avvenuto in piena campagna elettorale.
Rimane infine la questione Cie, su cui da un po’ di tempo a questa parte, è salito il livello di attenzione grazie anche a campagne mirate come LasciateCIEntrare che ha sollevato il velo di Maja sulla realtà celata dentro luoghi in cui la violazione di diritti umani fondamentali e dei principi sanciti dalla nostra Costituzione continua ad essere norma.
Ecco allora che la Rete Primomarzo, in questa giornata che colora di giallo diverse piazze italiane lancia l’ennesimo appello, in primis al futuro Governo per chiedere in particolare:
• Il diritto alla libera circolazione di tutti e di tutte e il riconoscimento del diritto a poter scegliere il luogo in cui vivere.
• Una legge organica sull’asilo politico e la proroga dell’emergenza Nord Africa fino a che tutti i profughi abbiano concluso l’iter per la richiesta d’asilo e monitorando l’attivazione di un serio percorso per l’inserimento sociale.
• Una nuova legislazione in materia di immigrazione che abroghi la Bossi-Fini e i decreti sicurezza, cancellando il contratto di soggiorno e riconoscendo diritti effettivi e dignità piena ai migranti.
• La chiusura di tutti i Cie e la cancellazione definitiva del reato di clandestinità.
• La cittadinanza per tutti i figli di migranti nati o cresciuti in Italia. Il diritto di voto amministrativo per gli stranieri residenti.
Dopo questa fase di caos politico ci sarà spazio per affrontare seriamente la questione?
Per info sulle iniziative e per la piattaforma Primo Marzo vai su:
Corriereimmigrazione.it