BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Morti in “custodia” che chiedono giustizia soprattutto per quello Stato pulito e onesto in cui crediamo

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Michele Ferrulli (2011), Dino Budroni (2011), Massimo Casalnuovo (2011), Gregorio Durante (2011), Daniele Franceschi (2010), Simone La Penna (2009), Stefano Cucchi (2009), Carmelo Castro (2009), Giuseppe Uva (2008), Niki Aprile Gatti (2008), Manuel Eliantonio (2008), Aldo Bianzino (2007), Gabriele Sandri (2007), Riccardo Rasman (2006), Giuseppe Casu (2006), Federico Aldrovandi (2005), Marcello Lonzi (2003), Carlo Giuliani (2001), Piero Bruno (1975), Rodolfo Boschi (1975), Giuseppe Pinelli (1969), Giovanni Ardizzone (1962). Questo è un  elenco stilato da un lettore del mio blog sul sito del Fatto  Quotidiano e dove  ho riportato l’appello di Lucia Uva. Questa lista di nomi  è  certamente incompleta. Perché quando si tratta di persone morte in “custodia”  dello Stato si apre un universo che nessuno veramente conosce. Le famiglie non  sempre trovano il coraggio di iniziare la Via Crucis affrontata da  Patrizia  Aldrovandi, Ilaria Cucchi, Lucia Uva e Domenica Ferulli. Ogni volta che le  incontri pronunciano il nome di un’altra donna, un altro capitolo di uno stesso  libro ancora tutto da scrivere. E se accedesse a qualcuno di noi? Se noi o  qualcuno della nostra famiglia di imbattesse in un uomo dello Stato che anziché  garantire la nostra sicurezza si comportasse come quei 4 poliziotti che hanno  massacrato di botte Federico che tornava a casa da solo, a piedi dopo una  serata con gli amici?. Occuparsi di queste storie non significa accanirsi  contro chi indossa una divisa, quanto piuttosto lavorare al fianco di chi la  onora.  Mi ha colpito la riflessione fatta dall’avvocato Fabio Anselmo a proposito del  reato di tortura. “Nell’immaginario collettivo benpensante, nel nostro paese ,  tale termine è associato a situazioni irreali, cinematografiche, romanzate o  comunque esclusivamente riferibili a contesti politico sociali lontani, molto  lontani dal nostro”. Secondo il diritto internazionale con il termine tortura  si intende ogni atto di sofferenza morale o fisica che il pubblico ufficiale  infligga alla persona che sia affidata alla sua custodia senza alcuna legittima  giustificazione ed in violazione dei diritti umani. In tutti i paesi civili la  tortura è prevista dalla legge e punita con pene severe. L’avvocato  Amato  ricorda come sul corpo di Federico il Giudice abba  riscontrato 54 lesioni  diverse , ciascuna suscettibile di autonomo procedimento penale.  Cinquantaquattro. “Nessuna di esse può esser considerata tecnicamente grave e  nessuna di esse, nemmeno complessivamente considerate , può autorizzare il  Giudice a comminare agli eventuali responsabili, pene superiori ai tre anni di  reclusione . Sempre vengono sanzionate con pene di pochi mesi e comunque quasi  mai superiori al limite di 2 anni per la concessione della sospensione  condizionale della pena. Il più delle volte sono perseguibili solo a querela di  parte. Sono lesioni assolutamente non mortali . Lievi”. Ma allora perché questi  morti? “Perché la sofferenza loro inflitta è stata in concreto così grande da  risultare umanamente insopportabile e da mandare letteralmente in tilt le loro  vitalità .Tempesta emotiva , stress  significano nient’altro che questo. “ I  loro cuori si sono fermati . Quando la sofferenza supera l’umana tollerabilità.  Questo limite sottile viene ignorato,  mistificato,  misconosciuto anche quando  viene superato , proprio facendo leva sul l’ipocrisia della sproporzione tra  gli eventi lesivi e le conseguenze mortali che ne derivano”.  Se tutto ciò non bastasse, le famiglie talvolta devono combattere anche contro  titolari delle inchieste che querelano (come era stato per Patrizia Aldrovandi)  o come nel caso Uva e di cui Lucia scrive e denuncia: “Ho appena saputo che a  Varese il pm Abate non me ha abbastanza e avrebbe fatto capire ai giornalisti  che non è finita. Sono molto preoccupata per me, per la famiglia e per il mio  avvocato. E per i miei più stretti amici che ci sostengono. Temo che da una  persona che utilizza il proprio potere giudiziario in questo modo ci si debba  aspettare di tutto. Io non capisco nulla di politica ne di associazioni di  magistrati. Mi chiedo chi lo stia proteggendo perché non è possibile che ad un  pm sia consentito comportarsi così come il pm Abate si è comportato e si  comporta nei nostri confronti da quando è morto mio fratello”.  Nessuno di noi e delle istituzioni potrà dire che non sapeva.


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