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La solitudine dei papi

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Qualcuno ha detto: la verità sta nei dettagli. La crisi finanziaria internazionale, le vicissitudini della politica italiana, hanno relegato al fondo scelte importanti di Papa Francesco. Interessa il colore (le foto della preghiera di lui affiancato al suo predecessore; lui che scende dalla Papa mobile; lui che si siede in fondo alla Chiesa; lui che al termine della Messa esce fuori e stringe la mano ai fedeli). Sembra quasi che, in fondo, trascorsi i giorni del’ inizio, questo Papa non interessi veramente ai mass media. Forse molti non lo considerano, specie i giornali italiani, utilizzabile politicamente.

Forse guardano la superficie, mentre questo Papa, dietro l’ apparente semplicità e chiarezza dei suoi gesti, si muove in profondità. A lungo il papato è stato considerato un muro che si opponeva al comunismo. Papa Giovanni Paolo II è stato un Papa che sul versante politico, con i suoi legami con la Polonia, ha contribuito a far crollare il regime sovietico. Caduto il muro di Berlino, lo Stato pontificio, la Chiesa cattolica sembrano interessare meno agli Stati occidentali. Interessa di più ai politici italiani che sperano di lucrare voti per i loro interessi elettorali. Ma con questo nuovo Papa anche loro si trovano meno a loro agio. All’ improvviso sembrano essersi chiusi molti canali privilegiati. Se uno non è credente a che serve un Papa così? Più che un Papa è un problema. E forse non è neanche un problema, è un po’ di curiosità.

Letture superficiali. Provate a cambiare registro. Avete presente la mela di Newton? E’ una metafora, ovviamente. Il fatto che cada una mela è un fatto banale, che ti cada in testa, una sfortuna. Ma se tu hai in mente un problema, stai riorganizzando le tue possibilità di lettura della realtà, se hai la genialità di leggere fatti apparentemente banali per ricavarne nuovi strumenti di lavoro, anche una mela che ti cade  in testa può essere un fatto importante.

Che dice ai governanti di mezzo mondo questa mela-Papafrancesco che ci è caduta in testa dalla fine del mondo? Che ci può dire in un mondo dove non c’ è più il comunismo di una volta, dove l’ argine del cattolicesimo non serve più?

Uno dei primi viaggi di Papa Francesco ha per meta il Brasile e poi, forse, l’ Argentina. E se Papa Francesco avesse per il Sudamerica lo stesso ruolo politico che ha avuto Woityla per l’ impero sovietico? Questo continente, in larga parte è stato dominato da dittature militari, potentati economici, dai narcos (e se i narcos hanno potuto ottenere tanto potere a qualcuno deve pur avere fatto comodo. Se qualcuno avesse pensato: meglio un paese terrorizzato dai narcos che un paese che mette dei prezzi a potenze internazionali in tutt’ altre faccende affacendate).

Il Sudamerica è uno sterminato territorio popolato dagli ultimi, dai senza speranza del mondo. Questi milioni di persone, in un mondo in cui sono crollate le vecchie ideologie, a chi possono rivolgersi per farsi difendere? La Chiesa può giocare un ruolo? Un Papa che viene da quelle terre ha delle cose da dire? Può coagulare speranze finora disperate? Dare loro una prospettiva? Un futuro? Dare un fisionomia, un ruolo a una moltitudine che non riesce a esprimersi come entità sociale? Se in questa moltitudine ci sono dei fermenti la chiesa potrà sostenerli? Il fatto di avere un “loro” Papa a Roma può favorire un’ evoluzione della situazione? Se ciò avverrà, le variegate potenze internazionali potranno essere indifferenti a ciò che questo farà Papa? Un Papa che certamente, decisamente, non vuole la lotta armata, ma certamente, decisamente non vuole neanche il mantenimento dello stato attuale.

Sarà un cammino molto lungo, impervio, accidentato. Per intanto Papa Francesco ogni giorno, passo dopo passo lascia il suo segno. Ha scritto La civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti, le cui bozze vengono lette e approvate dal Vaticano prima che si passi alla stampa:  “L’ufficio del Romano Pontefice deve essere sempre considerato all’interno della Chiesa e del collegio episcopale, e quindi sempre in una stretta relazione con la Chiesa e i vescovi, presi nel loro insieme come collegio e come singoli pastori delle Chiese loro affidate. Come infatti il primato del Romano Pontefice è di istituzione divina, così pure lo sono il collegio episcopale e la capitalità dei vescovi nelle Chiese particolari.”

Papa Francesco capisce che si trova di fronte a difficoltà che non può affrontare da solo. Ha bisogno di essere sostenuto da una vasta collegialità. La continua sdrammatizzazione che fa del ruolo del Pontefice apre la strada a un dialogo rafforzato con le altre Chiese e questa coesione, quando sarà raggiunta, renderà più forte il cristianesimo che si deve confrontare con un mondo non solo scristianizzato, ma anche drammaticamente violento nei confronti dell’ uomo e del creato.

Capisce anche, Papa Francesco, che non può portare avanti il suo disegno con questa Curia. E’ di queste ore la notizia che per il momento non andrà ad abitare negli appartamenti pontifici, resterà nel pensionato di Santa Marta dove risiedono, fatta eccezione per i giorni del Conclave, i sacerdoti e i Vescovi che prestano servizio in Vaticano. Non aspetta che qualcuno gli faccia relazioni più o meno interessate di come è la curia. Ha scelto di viverci dentro, osservarla dal di dentro. Non è la stessa cosa osservare le persone sul luogo di lavoro o nella loro abitazione, smessi gli abiti ufficiali, poter vedere chi frequenta chi, chi bussa alla porta di quel Convento. Sembrano dettagli, in realtà sono molto di più.

Un vecchio amico che frequentava Albino Luciani anche quando divenne Papa, una volta, di ritorno da Roma, mi disse: “Cosa credi. Il Papa è un uomo solo. Quando alle due del pomeriggio chiudono gli uffici il Papa si ritira negli appartamenti che gli sono assegnati. Ci va con le sue carte, i due segretari, le suore che lo assistono. Ma è una solitudine tremenda”.

Papa Francesco non vuole essere un Papa solo. Chi è al potere è condizionato dalle persone che gli stanno intorno. Lui, non vuole essere influenzato da famigli interessati, vuole essere in contatto con la realtà. La realtà ha un corpo e lui vuole essere in rapporto con questo corpo, parlare a questo corpo, rispondere a questo corpo. Avrà un’ influenza che anche quei molti che lo guardano come una curiosità, dovranno misurarsi.


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