BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La frana del precariato

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Il primo atto di Laura Boldrini, eletta presidente della Camera dei Deputati, è stato ricevere una delegazione di deputati del Movimento Cinque Stelle, guidata dalla capogruppo Roberta Lombardi. Un incontro con un valore simbolico che va aldilà della cronaca parlamentare. Cioè, del motivo che ha determinato la richiesta dell’incontro da parte dei M5S: sollecitare, risultati elettorali alla mano, la nomina di un proprio deputato tra i questori, ruolo che comporta la vigilanza sulle spese della Camera, sul bilancio e sul consuntivo. 
Sta, questo valore simbolico, nel significato che ci rimanda l’immagine delle due parlamentari, – giovani donne entrambe, alla prima elezione entrambe, e provenienti entrambe dall’impegno civico – , sedute una di fronte all’altra, sotto le volte affrescate di Palazzo Montecitorio, nell’esercizio della massima responsabilità politica dell’istituzione parlamentare.

Per un paese come il nostro, che sino a un mese addietro era fanalino di coda europeo in quanto a presenza delle donne nei luoghi decisionali, in primo luogo della politica, questa immagine è già Storia, significa che un muro si è rotto. Frana la diga del patriarcato all’italiana. Diciamo grazie a tutte e tutti i protagonisti del cambiamento: la forza del femminismo con i suoi mille modi di agire sui territori, le donne nei gruppi e nelle reti per la democrazia paritaria ovunque si decida, le azioni intraprese da molte donne in politica e nelle istituzioni locali, il pressing costante sui responsabili politici, la scolarizzazione delle ragazze, la resistenza della società alla passività politica indotta dall’ottundimento mediatico… E finalmente, tra i partiti, la decisa presa di posizione a favore del riequilibrio della rappresentanza politica uomo-donna del segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani, mentre nell’area magmatica del Movimento 5Stelle cresceva e si è imposta la forza “al femminile” dello spontaneismo movimentista. Un’analisi tutta ancora da approfondire, nell’ambito del rapporto tra femminismo e pratica politica..

Ma intanto, povere le destre. Così vecchie, così superate dai processi storici contemporanei. Bastava guardare gli scranni dalla loro parte, alla Camera, durante l’elezione del presidente. “Facce truci”, le ha definite un collega del Tg Tre. Direi piuttosto, facce stanche. Piccolo mondo antico. Fuori tempo.
Pensavano di averci messe tutte a tacere sotto il peso di un reality show permanente, con il ruolo della donna confinato entro stereotipi vetero-maschilisti buoni per tutte le stagioni. E’ bastato uno zoom delle telecamere tra le elette della coalizione Pd-Sel e del Movimento Cinque Stelle per mostrare di che pasta è fatta la relazione politica tra generazioni di donne, concretata in un plotone di giovani elette che venti anni di patriarcato mediatico non sono riusciti ad intercettare. A fare proprio. Credevano di cancellare la soggettività politica delle donne a colpi di lacrime in diretta. E’ bastato il primo spontaneo applauso al discorso di Laura Boldrini, condiviso da tutte, per rappresentare le giovani resistenti che, ciascuna con il suo percorso, ha continuato a pensare che per dirsi cittadine bisogna lottare per i diritti, in piazza con tutte e tutti noi, nelle istituzioni con le donne e gli uomini da noi eletti.

Nel suo discorso di insediamento alla presidenza del Senato, Piero Grasso, citando l’anniversario dell’Unità d’Italia che cade il 17 marzo e la fase costituente della nostra Repubblica che ha dato vita alla Costituzione “una delle Carte più belle e moderne del mondo”, ha ricordato Teresa Mattei, l’ultima delle 21 donne elette alla Costituente, appena scomparsa, “Lasciatemi in questo momento ricordare Teresa Mattei, che dell’Assemblea Costituente fu la più giovane donna eletta, che per tutta la vita è stata attiva per affermare e difendere i diritti delle donne, troppo spesso calpestati anche nel nostro Paese, e che ci ha lasciato pochi giorni fa.”, ha detto il neopresidente del Senato. Una citazione che è un altro punto di svolta: riconoscimento al ruolo delle donne nella conquista delle libertà iniziate con la Resistenza al fascismo e con la lotta di Liberazione, ed insieme impegno per il presente. Diritti conquistati, diritti ancora da conquistare.
Scusate se è poco, dopo venti anni di attacchi alla cittadinanza delle donne a colpi di greve sessismo, barzellette da bar sport, e arroganti silenzi.

Vada dunque come vada, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, un dato è certo. Ce lo consegna per intero la bella giornata politico-istituzionale di sabato 16 marzo, ed il governo di centrosinistra che va a governare dovrà custodirlo: il patriarcato all’italiana è franato. Dopo essere stato messo fortemente in crisi nelle piazze, oggi è travolto nelle massime istituzioni.

Lascia un retaggio drammatico. A partire dalle conseguenze della sua gestione della crisi economica. Fatta di misure che hanno colpito innanzitutto giovani e donne, aumentando precarietà e disoccupazione. Di tagli vergognosi al welfare e ai servizi pubblici che alle donne più povere, e sono sempre di più, aggravano il peso del doppio lavoro in famiglia e fuori, mentre gli stipendi sono sempre più magri e la fame dei figli sempre uguale. Fatta del silenzio che ha avvolto la violenza sessista, le violenze “travestite da amore”, come ha detto la presidente Boldrini con un linguaggio finalmente vero per descrivere il dolore specifico della violenza in famiglia.

Che conforto, che sollievo per tutte noi, sentire dallo scranno più alto di Montecitorio questo linguaggio che richiama la vita reale. Che nomina i più deboli, i bisogni collettivi, i beni comuni, i diritti e doveri di tutte e tutti. Uguaglianza. Solidarietà. Adesso, bisogna continuare. Moltiplicare le buone prassi. Indietro non si torna. Ci aspettiamo che in tutti i luoghi della decisione parlamentare, nelle Commissioni, nelle Giunte, in tutti i ruoli che rendono concreta la gestione della funzione legislativa nel nostro paese, donne e uomini condividano con trasparenza insieme, in egual misura e con generazioni a confronto, ogni responsabilità. E il Paese fuori si accorgerà del linguaggio del cambiamento.


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