di Roberto Bertoni
Quando tutto sembrava ormai perduto e ci eravamo quasi rassegnati a raccontare l’ennesima giornata segnata dalla rabbia e dalla tristezza, ecco che all’improvviso il centrosinistra ha sfoderato un orgoglio senza precedenti, proponendo per la presidenza delle Camere due figure straordinarie come Laura Boldrini e Pietro Grasso, da sempre vicini alle sensibilità di Articolo 21. Ed ecco che una legislatura che pareva destinata a concludersi prim’ancora di iniziare, si è invece avviata come meglio non avrebbe potuto, con la commemorazione di Aldo Moro e due discorsi destinati a passare alla storia, tanto sono stati intensi, profondi e significativi. Il tutto, per giunta, nel giorno in cui don Ciotti e gli amici di Libera hanno sfilato per le vie di Firenze per ricordare le vittime innocenti delle mafie e gridare con una voce sola contro questo cancro che avvelena e impoverisce il Paese: un cancro che dev’essere assolutamente debellato, a cominciare dall’interno delle istituzioni, dove mai più vogliamo veder seduti rappresentanti indegni e accusati di essere collusi con chi deturpa, umilia e distrugge la dignità di una Nazione che ha, invece, più che mai bisogno di liberare tutta la propria bellezza.
A tal proposito, è opportuno precisare alcuni concetti. Abbiamo notato, infatti, che molti commentatori sono rimasti favorevolmente colpiti dal valore morale e politico dei discorsi d’insediamento della Boldrini e di Grasso, come se non se l’aspettassero. Noi, al contrario, al pari di moltissimi italiani, ci siamo commossi per le loro splendide parole ma non siamo rimasti affatto sorpresi dalla validità e dall’efficacia delle riflessioni di due persone con le quali, in questi anni, abbiamo animato piazze e manifestazioni, cortei, assemblee e sit-in di protesta e condiviso bellissimi momenti di partecipazione democratica che hanno visto coinvolte numerose forze politiche, anche al di là del perimetro del centrosinistra.
Non a caso, è grazie a quest’oceano di passione civica che molti giovani, me compreso, hanno deciso di ripudiare le sirene populiste degli urlatori senza proposte e di avvicinarsi in punta di piedi alla politica, seguendo l’appello che Enrico Berlinguer rivolse ai ragazzi degli anni Settanta, ancora animati dal furore sessantottino: “Venite dentro e cambiateci!”.
Così è iniziata l’avventura per molti di noi ed è bene sottolineare che, nonostante i loro difetti (peraltro ingigantiti da qualunquisti e sfascisti di professione), abbiamo trovato, soprattutto nel centrosinistra, dei partiti pronti ad accoglierci e a valorizzarci, a far proprie le nostre proposte e ad offrirci la possibilità di metterci in gioco.
E così sono maturate le candidature che caratterizzano i due rami del Parlamento: il sessantaquattro per cento di volti nuovi e il quarantadue per cento di donne del Partito Democratico, l’autorevolezza degli esponenti di SEL, il valore aggiunto rappresentato dal Centro Democratico di Donadi e Tabacci e dal Partito Socialista di Nencini e, naturalmente, da Laura e Pietro che d’ora in poi chiameremo così non per mancanza di rispetto ma, al contrario, in nome dell’antica amicizia e delle comuni lotte per i diritti umani e civili che abbiamo condotto negli anni del berlu-leghismo dilagante.
Perché con Laura e Pietro, è giusto sottolinearlo, è entrata davvero in Parlamento l’Italia giusta: l’Italia dei diritti e della speranza, del rispetto per i più deboli e dell’attenzione agli ultimi; l’Italia della moralità e della trasparenza, dell’onestà e della guerra senza quartiere al crimine e al malaffare; l’Italia della cultura e della gioia di vivere; l’Italia che considera la scuola e l’istruzione dei capisaldi della democrazia e non i primi settori da tagliare e sfregiare quando c’è bisogno di far cassa.
Non ci ha stupito, dunque, il riferimento di Laura alla tragedia del femminicidio né il suo passaggio, ancora più esplicito, sui tanti, troppi cadaveri di cui si è riempito in questi anni il Mediterraneo: i corpi di donne, uomini e bambini che, al netto di ogni retorica, hanno venduto quel poco che avevano e sfidato la morte pur di inseguire il miraggio di un futuro migliore. E non ci ha stupito nemmeno il suo riferimento ai detenuti, ai poveri e a chi è stato travolto dalle conseguenze della crisi e abbandonato a se stesso da governi troppo impegnati o a varare leggi “ad personam” o a seguire in maniera acritica i dettami di un’Unione Europea che ha, a sua volta, un urgente bisogno di ripensarsi e ritrovare un’anima e un’identità.
Allo stesso modo, non ci ha sorpreso la citazione di Pietro dello straziante discorso che Rosaria Costa, vedova di Vito Schifani, pronunciò il giorno dei funerali di Falcone e degli uomini della scorta, saltati in aria nella strage di Capaci, in una domenica tra le più buie della nostra storia. E non siamo rimasti sorpresi nemmeno dall’omaggio che egli ha voluto tributare al suo maestro Antonino Caponnetto, il quale, prima di entrare nell’aula del maxiprocesso contro Cosa Nostra, gli disse: “Fatti forza, ragazzo, vai avanti a schiena dritta e a testa alta e segui sempre e soltanto la voce della tua coscienza”.
Tante volte abbiamo sostenuto su queste colonne la necessità, una volta al governo, di una radicale discontinuità rispetto agli anni drammatici del berlusconismo. Tante volte abbiamo detto che questa discontinuità sarebbe stata tangibile solo se fossero tornati in auge i princìpi che esso aveva accantonato e se fossero tornate d’attualità parole meravigliose come pace, solidarietà, uguaglianza, fratellanza, comunità e comunione d’intenti. Tante volte, infine, abbiamo asserito che per rendere possibile tutto ciò, avremmo dovuto affidare le nostre istanze di cambiamento a volti giovani e puliti ma anche all’esperienza di chi in questi anni si è battuto, quasi a mani nude, contro l’anomalia berlusconiana, subendo per questo gli assalti quotidiani di quegli editorialisti “non schierati” che, in realtà, sono sempre, a prescindere, schierati dalla parte del potente di turno, chiunque esso sia.
Abbiamo chiesto che la bussola del nuovo esecutivo e dei nuovi gruppi parlamentari fosse rappresentata dai primi dodici articoli della Costituzione e abbiamo trovato in Bersani e Vendola due interlocutori pronti a farsi carico delle nostre richieste e a trasformarle in altrettante proposte di governo.
Abbiamo chiesto, in conclusione, un’intransigenza di stampo scalfariano nei confronti di ogni deriva anti-democratica e abbiamo trovato nelle file del PD e di SEL una miriade di qualità e competenze e un entusiasmo che non si vedeva più da almeno un decennio.
Per questo, nonostante tutto, siamo comunque ottimisti: perché se Grillo e la folta schiera dei cinici che occupa la nostra scena politica dovessero far prevalere la logica dello sfascio sul buonsenso e l’amore per il bene comune, gli italiani stavolta non esiterebbero a togliere loro la fiducia, premiando con il proprio consenso chi ha dimostrato di avere la volontà e le risorse necessarie per condurre il Paese fuori dal pantano.