Anche quest’anno ci risulta difficile celebrare l’otto marzo.
Pur riconoscendo a questa data il suo valore storico e simbolico ci rendiamo conto che in questi anni abbiamo assistito a molte regressioni e a pochi passi avanti per le donne.
Nel nostro piccolo abbiamo cercato di dare testimonianza a tutto quello che succede intorno a noi, denunciando spesso le ipocrisie del nostro sistema.
Quest’anno abbiamo deciso come nostra consuetudine di non festeggiare ma di dedicare questa giornata , che dovrebbe essere uno dei 365 giorni di riscatto di ogni donna di questo pianeta, a tutte quelle donne che non hanno un solo motivo per cui sorridere.
Sono le bambine sfruttate, schiavizzate le cui vite passano troppo spesso sotto silenzio.
A rompere questo silenzio oggi ci pensa Unicef con l’iniziativa#8marzodellebambine .
«Circa 70 milioni di donne nel mondo in via di sviluppo (Cina esclusa) tra i 20 e i 24 anni, oltre una su tre, si sono sposate prima dei 18 anni. Se la tendenza attuale proseguirà, entro il 2020, 142 milioni di bambine si sposeranno prima di aver compiuto 18 anni. Parliamo di 14,2 milioni di bambine sposate ogni anno, vale a dire 37.000 ogni giorno» ha detto il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera.
Molte persone mettono a rischio la propria vita per denunciare tutto questo.
Una di queste persone è Lidya Cacho.
Nel libro Schiave del potere Lidya racconta di come è entrata clandestinamente in certi paesi con l’intento di raccogliere più informazioni possibili sulla tratta delle bambine.
Nel libro Lidya ci parla della pratica diffusa dei matrimoni forzati e della schiavizzazione delle bambine come prostitute.
Bambine che già da piccolissime vengono comprate e portate come merce nei bordelli.
Bambine che vengono disumanizzate, bambine a cui viene spiegato che più si comporteranno bene con il cliente più passerà tutto velocemente.
Bambine picchiate, minacciate, e che sanno che pagheranno con la morte il fallimento dei loro tentativi di fuga.
Si fa veramente fatica ad arrivare alla fine di un capitolo di questo libro.
A volte viene a mancare il respiro. Spesso le lacrime impediscono la lettura.
Ma non possiamo più permetterci di fare finta che tutto questo non accada.
Lo dobbiamo alle persone presenti in queste parti del mondo, donne che sono riuscite a fuggire da questo destino e che hanno deciso di mettersi in prima linea per salvare le loro “sorelle”.
Anche noi possiamo dare il nostro piccolo contributo.
Possiamo cercare di dare voce a queste storie, possiamo cercare di non lasciare soli Lidya e i giornalisti come lei che ogni giorno sfidano questi sistemi.
Questo otto marzo lo dedichiamo a tutte le bambine che non sanno più cosa sia un sorriso.
Lo dedichiamo a tutti coloro che cercano di restituirglielo ogni giorno con il loro immenso lavoro e la loro più totale dedizione.