di Nadia Redoglia
Addì 16 del mese di marzo nell’anno di grazia 2013 lei, quale senatore della Repubblica italiana, ha perfettamente adempiuto (e onorato) i doveri (e i diritti) a lei spettanti. Milioni di cittadini, oltre a quelli che l’hanno eletta, gliel’ha riconosciuto prima ancora d’essergli grati (che è ancora altra storia). Vuole essere così cortese da spiegarci il motivo per il quale, a capo chino, s’è messo invece a disposizione di privata “fazione giudicante” non appartenente a istituzionale “cosa pubblica” in nome e per conto della quale tutti gli italiani hanno votato qualche giorno fa, anche per lei?
Mi spiego meglio. Giuseppe (detto Beppe) Grillo, in quel del dicembre 2012, comparve avanti a notaio (funzionario pubblico) per dichiarare con atto -appunto- pubblico la volontà di appartenere, per quanto indirettamente, all’istituzionale sistema socio-politico di questa Repubblica (cfr. res/cosa publica/pubblica, appunto) parlamentare. All’uopo il detto Beppe sottostò alle scontate (anche sue) leggi costituzionali della cosa pubblica nei modi e termini appropriati, ben edotto del fatto che qualunque deroga alle leggi vigenti avrebbe reso quell’atto nullo…
Lei, senatore ancorché cittadino, è “cosa” pubblica e come tale tutto ciò che privatamente ha sottoscritto in favore del privato detto Beppe, in deroga a quell’atto pubblico, è nullo. Non già per sua o altrui volontà (o, peggio, opportunismo), bensì perché a monte di qualsiasi patto privato esiste e insiste patto costituzionale volto a proteggere tutti, mica solo una parte…
Prima lei apparteneva a un “meetup” con tutti gli onori e gli oneri del privato. Ora appartiene, di fatto, a pubblica istituzione.
Ne sia onorato perché l’istituzione che possediamo è stata conquistata con sacrifici immani per tutti i milioni d’italiani, mica solo per pochi di questi. Dato il motivo per cui ne stiamo parlando, può ben esserne onorato a testa alta, altro che a capo chino!