La città di Bangui sta lentamente tornando alla normalità, nonostante alcuni episodi di saccheggi e violenze. La luce e l’acqua sono stati ripristinati, ma il problema vero è l’approvvigionamento alimentare: a causa dell’insicurezza, è saltata la filiera commerciale; ai mercati non arriva più niente e quello che c’è ha un costo enorme”. Parole di Papy Kabwe, responsabile dei progetti di COOPI in Repubblica Centrafricana, uno dei paesi più poveri del mondo, dove il golpe dei ribelli della coalizione Seleka ha rovesciato il regime del presidente Francois Bozizè e occupato la capitale Bangui. Michel Djotodia, il capo di Seleka, che ha guidato le truppe nell’occupazione di Bangui, si è autonominato successore di Bozizè, fuggito in Camerun.
Kabwe, nonostante gli scontri, è rimasto a Bangui a coordinare gli aiuti umanitari, come già successo a dicembre, durante la prima fase degli scontri tra esercito e Seleka. Papy Kabwe non è l’unica persona di COOPI rimasta al lavoro: assieme a lui, opera il coordinamento nazionale della ong e oltre 200 operatori locali, che sono le “radici” dell’organizzazione umanitaria in un paese vasto 600 mila kmq (il doppio dell’Italia).
Grazie a loro, COOPI (che è presente continuativamente nel paese dal 1974) sta mantenendo i presidi di tutti i progetti sul territorio: 10 progetti di emergenza e sviluppo e 6 progetti di Sostegno a distanza. In queste ore, i cooperanti di Coopi stanno registrando i bisogni della popolazione e stanno mettendo in piedi una risposta rapida all’emergenza acqua, cibo, salute. “Nonostante le informazioni frammentarie”, racconta Kabwe dalla capitale, “appare chiaro che la situazione umanitaria nell’est del Paese è compromessa.
Al momento, ci stiamo confrontanto con gli altri operatori umanitari e i rappresentanti delle Nazioni Unite per condividere l’analisi dei bisogni e pianificare l’azione di aiuto”.
A causa dei saccheggi, infatti, molte strutture sono state depredate o distrutte. Il caos e l’insicurezza non permettono di raggiungere molte destinazioni. Almeno 170 mila persone si sono rifugiate nella foresta per sfuggire alle violenze.
Come al solito, in queste situazioni, sono i bambini i più vulnerabili. Secondo Marixie Mercado, portavoce dell’Unicef a Ginevra, “circa 600 mila bambini sono stati colpiti dalle conseguenze del conflitto. Molti centri dove di distribuiva il cibo sono chiusi o sono stati saccheggiati e nel paese si calcola che almeno 13.500 Bambini quest’anno rischieranno la vita per malnutrizione”. Secondo Mercado, “fin dall’inizio del conflitto, l’Unicef ha ricevuto rapporti attendibili sul fatto che sia i gruppi ribelli che le milizie filogovernative hanno arruolato dei bambini fra le loro fila”.
Anche la situazione sanitaria desta preoccupazioni. L’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere (che assiste la popolazione della Repubblica Centrafricana dal 1996, con 80 membri operatori internazionali che lavorano in 5 delle 17 prefetture del Paese). chiede a tutte le parti coinvolte nel conflitto di permettere ai pazienti l’accesso alle strutture sanitarie e alle cure mediche di cui hanno bisogno. Negli ultimi giorni, a causa dell’estrema violenza e insicurezza a Bangui, le attività di MSF sono state fortemente ostacolate e i pazienti gravemente feriti non sono stati in grado di ricevere assistenza chirurgica.
Decine di pazienti feriti non sono in grado di ricevere assistenza, perché non c’è possibilità di spostarli da Sibut, dove MSF ha un progetto di emergenza, fino a Bangui per ricevere ulteriori cure.
In tutto il Paese e nelle città chiave occupate da Seleka, gli sfollati in fuga dal conflitto hanno avuto difficoltà a raggiungere le strutture sanitarie, perché bloccati della paura. Le attività di MSF continuano a Carnot, Paoua, Mboki, Zemio, Boguila, Batafango, Kabo, Sibut e Ndele. MSF chiede a tutti gli attori del conflitto di garantire l’accesso alle strutture sanitarie alla popolazione e al personale medico.
“MSF condanna i saccheggi e i furti che hanno avuto luogo presso le nostre strutture a Bangui e Batangafo, e ricorda che il personale medico deve essere rispettato e protetto. Deve, inoltre, essere garantito al personale medico tutto l’aiuto disponibile per lo svolgimento delle proprie funzioni”, dichiara Serge St. Louis, capo missione di MSF a Bangui.
Sos Villaggi dei Bambini, fa sapere che i bambini e le educatrici dei Villaggi Sos di Bangui e Bouar stanno bene e sono al sicuro. Sono stati segnalati scontri nelle aree in cui vivono le famiglie aiutate dal Programma di rafforzamento familiare avviato nella capitale da Sos Villaggi dei Bambini, ma al momento non si hanno informazioni sulla loro situazione. Sos Villaggi dei Bambini è attiva nella Repubblica Centrafricana dal 1992 con 2 Villaggi Sos.
L’appello del Papa. All’udienza generale di ieri, Papa Francesco ha lanciato un appello per la Repubblica Centrafricana: “Seguo con attenzione quanto sta accadendo in queste ore nella Repubblica Centroafricana e desidero assicurare la mia preghiera per tutti coloro che soffrono, in particolare per i parenti delle vittime, i feriti e le persone che hanno perso la propria casa e che sono state costrette a fuggire. Faccio appello perché cessino immediatamente le violenze e i saccheggi, e si trovi quanto prima una soluzione politica alla crisi che ridoni la pace e la concordia a quel caro Paese, da troppo tempo segnato da conflitti e divisioni.”
Il Centrafrica è uno dei paesi più poveri al mondo: occupa il 182° posto nella classifica dei 186 paesi con l’indice di sviluppo umano più basso. I conflitti non fanno che acuire i bisogni della popolazione: 4,5 milioni di persone, di cui 1,5 concentrato solo a Bangui; oltre il 60% degli abitanti vive con meno di un dollaro al giorno e con un aspettativa di vita minore di 50 anni.
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