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La7, accelerazione con più ombre che luci. Le Autorità di garanzia battano un colpo

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Che Telecom voglia disfarsi di La7 è noto da tempo. Che Telecom voglia farlo in questi giorni molto delicati per la vita del Paese, alla vigilia delle elezioni politiche e in assenza di un Governo di prospettiva, è motivo di inquietudine. La decisione di avviare la trattativa in esclusiva, nell’obiettivo di chiudere entro il 4 marzo, con l’imprenditore Umberto Cairo, appare figlia di una svolta quantomeno tormentata e dibattuta del consiglio di amministrazione di Telecom Italia, come spesso accade all’interno di tanti organismi politici. Sorprendente visto che qui i protagonisti dell’accelerazione dell’operazione di vendita non hanno fatto altro che ripetere e continuare a dire che “la politica non c’entra niente”. Potrebbe anche essere, vista la debolezza e l’assenza della politica dai teatri decisivi della vita pubblica. In realtà la comparsa permanente in tutte le vicende della televisione privata italiana del finanziere Tarak Ben Ammar rende difficile pensare ad una mera operazione industriale. Sicuramente attraverso il finanziere c’è la mano di Mediobanca, che tenta di ricomporre attorno a se la cura di diversi interessi. Difficile pensare che non ci siano anche altre convergenze di riferimento, considerando come, più volte in passato, vi sia stato un suo coinvolgimento in iniziative vicine al maggiore conflitto di interesse espresso dal suo amico patron di Mediaset, Berlusconi. Il quadro della situazione politica precaria della vita pubblica italiana, avrebbe suggerito, in questa fase, procedure più tranquille.

Il punto è che questa precarietà può favorire ulteriori disequilibri di sistema, se non interverranno verifiche e rassicurazioni dalle autorità di garanzia: Agcom e Antitrust.
La cessione di una televisione come La7, che si è imposta per la sua identità e autonomia professionale quale voce vitale del pluralismo dell’informazione, non omologata, non è una mera vicenda privata ma una questione di interesse nazionale.
L’editore Cairo – se alla fine sarà davvero lui a prendersi l’emittente, ma comunque non le frequenze – oltre a dichiarare di non voler disperdere il patrimonio identitario e professionale, dovrà mostrare nei fatti un’autonomia forte che si giudicherà dal rispetto dei valori occupazionali, contrattuali e morali di tutti i giornalisti. Ma questo è un capitolo di una vicenda più complessa, dalla quale non può restare assente lo Stato. E Stato significa autorità di garanzie, Governo e Parlamento. E’ necessaria una vigilanza sulla corretta applicazione della legge sulla materia dell’autorizzazione della vendita. Poi c’è bisogno che in materia di conflitto di interessi sia rilanciato un progetto di riforma che garantisca equilibrio nel sistema televisivo.
Tutto questo pare confliggere oggi con i tempi della decisione accelerata da una parte dei soci di Telecom Italia.

* Segretario generale Fnsi


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