Un’altra condanna importante contro la n’drangheta a Milano e su una materia, come quella del gioco d’azzardo, che è diventata negli ultimi anni centrale per i traffici dell’associazione mafiosa calabrese. Questa volta i giudici dell’ottava sezione penale del tribunale di Milano (l’accusa è stata sostenuta dal procuratore aggiunto della repubblica Ilda Boccassini e dal pubblico ministero Paolo Storari) hanno condannato a 4 anni di carcere il magistrato Giuseppe Vincenzo Giglio ex presidente della Sezione Misure e Prevenzioni del Tribunale di Reggio Calabria. Giglio è stato condannato per corruzione, rivelazione di segreti di ufficio e favoreggiamento aggravato della cosca ndranghetista dei Valle-Lampada. Interdetto per 5 anni dai pubblici uffici.
E’ stato condannato a 8 anni e quattro mesi di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e rivelazione di segreto di ufficio. Inoltre è stato condannato il consigliere regionale del PDL, Franco Morelli, consigliere piu votato in Calabria con 14mila voti, ex esponente della corrente di Alemanno in Alleanza Nazionale.
Pesanti condanne sono arrivate anche per gli n’dranghetisti della cosca calabrese Valle-Lampada: 16 anni al presunto boss Giulio Lampada, titolare di una macelleria ad Archi, Reggio Calabria, prima di diventare in pochi anni il re dei videopocker in Lombardia; nove anni e sei mesi a Leonardo Valle, membro di una famiglia già colpita da condanne per associazione mafiosa e usura; 8 anni al medico Vincenzo Giglio, omonimo e cugino del giudice; 4 anni e sei mesi a Francesco Lampada, fratello di Giulio, 3 anni a Maria Valle, sorella di Leonardo Valle e moglie di Francesco Lampada; 5 anni e 3 mesi al militare della Guardia di Finanza Luigi Mongelli.
E’ stato il pubblico ministero Storari dal giorno degli arresti degli imputati avvenuti nel novembre 2011, a prospettare il rapporto tra il giudice Giglio e il consigliere Morelli come un “intreccio” nel quale “entrambi strumentalizzano la propria funzione pubblica per soddisfare reciproci interessi personali”. Il magistrato chiede il favore al politico e cioè “un posto fortemente operativo e non di mera rappresentanza” per la moglie che aspira a una poltrona nella ASDL locale e “il politico va all’incasso, ottenendo informazioni di importanza vitale per il suo percorso politico” cioè l’informazione sull’assenza di formali indagini a suo carico: notizia che il giudice sembra ottenere dalla Direzione nazionale antimafia e comunica al politico mandando la moglie a spedire un fax con la notizia da una tabacchiera di Reggio Calabria a una tabaccheria di Roma e che i l politico utilizza subito presso Alemanno per vincere le resistenze di chi nel partito gli era contrario.
Il piano riesce e l’8 giugno 2010 il consigliere Morelli viene nominato presidente della commissione Bilancio della regione Calabria e a luglio la moglie del giudice Alessandra Sarlo ottiene l’incarico di commissario dell’Asl di Vibo Valentia. I rapporti tra il giudice Giglio a Reggio Calabria e Francesco Lampada a Milano appaiono frequenti e confidenziali, si danno del tu e parlano spesso. Quando Lampada scende a Reggio i rapporti non si svolgono più per telefono ma soltanto di persona attraverso il cugino e omonimo del giudice Vincenzo Giglio.
Il giudice in 5 incontri con il boss a casa sua gli rivela tra febbraio e aprile 2010 che non ci sono misure di prevenzione in corso nè indagini su Lampada.
L’altra rivelazione di segreto riguarda l’inchiesta sulla inchiesta segreta “Tenacia” dei carabinieri del ROS che è stata contestata al magistrato in forza di intercettazioni ambientali tra un uomo vicino ai clan calabresi Giovanni Ficara che nei tribunali lavorava come amministratore giudiziario di beni confiscati.
La sentenza mostra con chiarezza che la cosca ndranghetista non sia l’organizzazione militare che ancora molti immaginano ma una rete sociale nella quale ci sono esponenti delle forze dell’ordine, funzionari dello Stato o addirittura del settore della giustizia, imprenditori e professionisti. Gangli sensibili di quel metodo mafioso che partito dalle centri criminali si è diffuso nella società italiana e in parte ormai la domina. Sono stati intercettati molti politici, alcuni noti come il sindaco di Roma Alemanno che il boss Giulio Lampada si vantava di aver incontrato al Cafè di Paris di via Veneto. La linea portata avanti da una parte della difesa è stata molto chiara e ha generato polemiche giornalistiche ancora aperte:”a Milano c’è ormai un clima di “caccia all ‘ndranghestista” e negano che sia mai esistita una cosca Lampada.”