Tania e la vita erano una cosa sola. Per questo oggi sono frastornata, e stento a crederci. Tania e la libertà erano una cosa sola. L’ avevo conosciuta proprio durante un dibattito sulla libertà di informazione. Lei dava sempre un taglio personale ai suoi interventi. Portava la freschezza dei suoi anni, una certa “ingenuità” con cui leggeva i fatti, le notizie, gli avvenimenti senza i filtri, possiamo dire, della scaltrezza di chi è “navigato”.
Tania era così, senza la scorza. Semplice e intelligente.
Aveva una forza e un’ energia formidabili, una molla che ha usato anche nella battaglia contro la malattia, che ingiustamente se l’ è portata via così presto.
Voglio ricordare il suo contributo nella promozione della proposta di legge per portare i temi della lotta alla mafia nelle scuole. L’ora di antimafia…
La sua attività con l’ associazione “articolo 21”, di cui condivideva i principi, le iniziative e la speranza.
Di lei, piccola Tania, ricordo le serate all’ “osservatorio dei tg”, serate che lei passava, volontariamente, umilmente, ad ascoltare, registrare, commentare i tg della sera, negli anni opachi del minzolinismo.
Di lei ricordo la passione, l’ abilità con le nuove tecnologie e i nuovi media. Lei mi ha insegnato alcuni rudimenti, maneggiava il web con grande confidenza, mi ha insegnato ad entrare su Twitter, mi ha insegnato tante piccole cose.
Ricordo il suo profondo antifascismo. Di quando, l’anno scorso, andò a via Tasso, nella casa della memoria, per trovare i documenti di suo nonno, che lì era stato fatto prigioniero dai tedeschi. E li trovò.
Ricordo il suo essere donna, in prima fila per l’affermazione del principio di uguaglianza. Credo che il suo ultimo articolo fosse sul femminicidio, la strage di donne che avviene tra le mura domestiche. In quel pezzo lei sosteneva che ci sono grandi certezze universali su cui non si può transigere. Come con il razzismo, il nazismo -scriveva- anche sul femminicidio non ci può essere diritto di dibattito. Nè diritto di par condicio di opinione. È un reato e basta. Non si discute.
Così era Tania. Anche i suoi articoli vivevano di questa trasparente, schietta freschezza.
Qualche volta dormiva a casa mia, e rimanevamo fino a tardi a chiacchierare.
La mafia, i rapporti tra criminalità e politica, erano i suoi temi preferiti. Voleva sapere, chiedeva sugli anni novanta, e su prima. Per colmare le lacune dei suoi anni.
Ma parlavamo anche di noi, e lei dei suoi sogni. Voleva un amore, voleva un figlio.
Le piaceva mangiare giapponese. Sushi e sashimi, e una birretta.
L’ ultima volta che è venuta, risale a tre mesi fa. Ma non si sentiva bene. Da me era arrivato un gattino. Mi disse che non poteva fermarsi a dormire perché aveva le difese basse, e temeva che il gatto potesse portare qualche infezione.
Da allora non l’ ho più potuta abbracciare. L’ ho rivista in ospedale, su quel lettino, stremata dal male, ma sempre lucida e bella.
La voglio ricordare con quel suo sorriso di ragazzina. Con la fossetta. La foto che aveva sul profilo Facebook.
Consapevole che ci mancherà parecchio.
Ciao, Tania.
Continua ad aiutarci da lassù.