Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM) ha iniziato a fornire assistenza alimentare nella città meridionale somala di Kysmaio per la prima volta in più di quattro anni. Il conflitto e l’insicurezza hanno impedito ad altre agenzie umanitarie e a molti di lavorare in quella zona… ma una situazione generale che, al momento, sembra migliorata per l’accesso alla città, rende possibile raggiungere quanto meno le persone più vulnerabili di Kismayo. Un sondaggio recente ha infatti fatto rilevare alti livelli di insicurezza alimentare e di malnutrizione. Il PAM sta fornendo pasti caldi a 15.000 persone e un supporto nutrizionale specializzato a circa 5.000 fra donne e i loro bambini di età inferiore ai cinque anni.
Sono i bambini a soffrire di più. “E ‘estremamente importante che siamo di nuovo in grado di lavorare a Kismayo, dove abbiamo trovato un grande bisogno di aiuto”, dice Stefano Porretti, Rappresentante del PAM in Somalia. “L’indagine ha mostrato che quasi la metà delle famiglie in Kismayo fanno veramente fatica a soddisfare le loro necessità quotidiane e il 24 per cento dei bambini al di sotto dei cinque anni sono malnutriti.” Il PAM ha istituito cinque centri nutrizionali particolari intorno alla città, dove vengono controllate le donne in gravidanza e in allattamento, oltre che i bambini ai quali viene diagnosticato lo stato di malnutrizione acuta o moderata che vengono sottoposti
ad una specifica dieta quotidiana. Fino ad ora, i due terzi di coloro che hanno bisogno di un trattamento alimentare di sostegno sono bambini.
Il rischio di essere assaliti dai ladri di cibo. Il PAM ha ora tre centri in grado di fornire pasti caldi a Kismayo, ciascuno in grado di soddisfare le esigenze di 5000 persone al giorno. Dal momento che il programma è stato avviato, all’inizio di questo mese, un gran numero di persone si stanno rivolgendo ai centri, considerandola un’opzione più sicura rispetto a quella di andare a prendere il cibo e poi portarlo via, perché così si evita di essere bersaglio dei ladri. Per realizzare i programmi di assistenza alimentare a Kismayo, il PAM ha creato una rete di collaborazioni con partner locali ed ha inviato una nave noleggiata con oltre 1.100 tonnellate di cibo per la città portuale, una quantità sufficiente per sostenere il programma di pasto caldo per un periodo iniziale di tre mesi e il programma nutrizionale per sei settimane.
L’ennesimo giornalista assassinato. Nel frattempo a Mogadiscio è stato assassinato l’ennesimo giornalista di Radio Shabelle, Abdihared Osman Adan, freddato a colpi di pistola da un commando mentre usciva di casa per andare al lavoro. La stessa Radio ha quindi sollecitato dai suoi microfoni le forze politiche europee, affinché facciano pressione sul nuovo presidente somalo, Sheikh Hassan Mohamud, in visita a Bruxelles proprio nei giorni scorsi, perché assuma una più severa attenzione verso i diritti degli operatori dell’informazione. Il giornalista è morto in ospedale per le gravi ferite riportate. Era sposato e aveva due bambini. Il 2012 è stato l’anno con un bilancio drammatico per i giornalisti somali: se ne contano uccisi almeno 18, oltre la metà solo di Radio Shabelle. Sebbene nessuna delle uccisioni è stata rivendicata, il governo punta comunque il dito contro gli islamici di Al Shabaab.
Arrestati per aver denunciato uno stupro. L’appello al neo presidente somalo c’è stato anche all’indomani dell’arresto di un altro giornalista, Abdiaziz Abdinur Ibrahim ed altre tre persone, che avevano segnalato uno stupro da parte delle forze di sicurezza somale a Mogadiscio. Episodio che era stato denunciato anche da Human Rights Watch. “La Somalia – ha detto Daniel Bekele, di Human Rights Watch in Africa – deve dimostrare ai donatori europei il suo impegno per la libertà di stampa e per misure capaci di contrastare la violenza sessuale”. Abdiaziz Abdinur è stato arrestato dopo aver intervistato una donna che sosteneva di essere stata violentata dalle forze di sicurezza dello Stato alla fine del 2012. La donna ha poi ritrattato la sua denuncia dopo essere stata detenuta per due giorni e interrogata dalla polizia, senza un avvocato.
L’accusa: “Così denigrate la polizia”. Le autorità hanno accusato Abdiaziz Abdinur, assieme alla vittima del presunto stupro e ad altre quattro persone, di aver architettato tutto nel tentativo di contaminare la reputazione della polizia somala, nonostante l’intervista alla vittima dell’aggressione non sia mai stata pubblicata. Quattro dei detenuti – e cioè il giornalista, il marito della presunta vittima, un uomo e una donna, che aveva presentato la donna stuprata del giornalista – sono nella prigione centrale di Mogadiscio in attesa della prima udienza in tribunale. Secondo Human Right Watch, tutti e quattro sono detenuti in violazione del loro diritto alla protezione internazionale, alla libertà di espressione e di informazione.
*tratto da Repubblica- Mondo solidale
L’autrice è fondatrice dell’associazione Migrare