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Se Cassano scende in campo e fa bella politica

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Temo che molti, leggendo che fra i candidati del Pd figurava Cassano, abbiano pensato al bizzoso fuoriclasse dell’Inter. Lo temo perché subito l’ho pensato anch’io. Poi ho scoperto che si trattava del professor Franco Cassano. E, senza nulla togliere al valore di Fantantonio, ho provato sollievo. Perché il Cassano sceso in campo (espressione oscena ficcataci nella lingua da un Presidente pallonaro) l’ho conosciuto attraverso le parole del suo libro “L’umiltà del male”. Un saggio che parla di noi, della nostra società, di come vada cambiata, partendo dal significato di quel titolo, una parafrasi de “La banalità del male” di Hannah Arendt. Cosa ci dice con quel titolo, Cassano? Ci dice che il male è, appunto, umile: non è schizzinoso, frequenta noi tutti, conosce le nostre debolezze, e sa come sfruttarle. E ci dice che invece il bene, spesso, è spocchioso, elitario: preferisce la compagnia di pochi, pur di non sporcarsi.

Ma così facendo lascia spazio al male, che non ha la puzza sotto il naso. E ce lo dice con scrittura chiara e riferimenti colti, come il Grande Inquisitore di Dostoevskij. Laddove all’esempio altissimo di Gesù si oppone lo spietato cinismo dell’Inquisitore, che sa farsi seguire e temere dagli uomini perché ne conosce i limiti e le fragilità. Cassano non ci invita ad arrenderci alla prevalenza del male, ma a considerarne la forza di penetrazione e suggestione presso i più semplici. Tradotto in politica, significa saper parlare a quanti, per debolezza sociale e culturale, sono preda di chi dispone di molti strumenti mediatici (e di pochi scrupoli) con cui disinforma, ingenera oblio e indifferenza, asseconda quel qualunquismo che attecchisce fra gli umili per relegarli in un’eterna subalternità. Significa, quindi, dire la verità ma saperla portare a tutti, comprendere che la non conoscenza delle cose, che è il male, appartiene ai più deboli.

Significa, per chi sta a sinistra, non dividersi fra più e meno puri, così da far vincere sempre gli altri, i peggiori. Significa capire la complessità del mondo, che è un impasto di bene e male, per migliorarlo senza pretendere di ricostruirlo ex novo. C’è un video su YouTube in cui Cassano, dopo una mirabile riflessione sul concetto di “zona grigia” formulato da Primo Levi, racconta di quando, da giovane, partecipava a cortei affollatissimi (li chiama umoristicamente “lunghei”). E gli veniva da guardare al bordo della strada, interrogandosi su idee e sentimenti di quanti non manifestavano. Ecco: specie in tempi elettorali scanditi dal frastuono delle bufale berlusconiane, una politica saggia deve parlare a chi sta in disparte, di lato. Anche a chi, come me, almeno per un attimo, ha pensato che il Cassano candidato fosse il giocatore.

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