Di Francesco Peloso
Quest’articolo è apparso anche sul Secolo XIX
La classifica dei bookmakers di mezzo mondo – quella sorta di quotazione borsistica informale che spesso anticipa i destini di personaggi più o meno famosi – il giorno dopo le dimissioni del Papa, dava fra i papabili favoriti il canadese Marco Ouellet. Gli scommettitori non sempre ci indovinano e tuttavia spesso indicano una tendenza, non per caso il nome dell’ex arcivescovo di Québec circolava da tempo come candidato alla successione di Benedetto XVI. Di certo però si tratta di un volto ancora poco noto al grande pubblico. Ouellet, esponente conservatore del sacro collegio, è stato chiamato da Ratzinger alla guida della Congregazione per i vescovi, dicastero decisionale nevralgico, il cardinale nordamericano è considerato anche vicino a Comunione e liberazione. Se le dimissioni di Benedetto XVI sono un fatto clamoroso, è anche verosimile che lo stesso Ratzinger ben sapendo di dover e voler rinunciare a un compito tanto gravoso, abbia scelto un momento in cui uno dei suoi favoriti può correre con buone possibilità di farcela alla successione.
In ogni caso i giochi delle alleanze e delle amicizie, delle cordate e degli scontri interni, sono in corso e si articolano secondo una lunga serie di gruppi e sottogruppi. Così accanto ai ratzingeriani troviamo di certo i bertoniani che hanno due punte in attacco: il cardinale Giuseppe Bertello, diplomatico di lungo corso e presidente del governatorato, cioè dello Stato vaticano, e il brasiliano Joao Braz de Aviz anch’egli con un incarico nella Curia romana, alla guida del dicastero delle congregazioni e degli ordini religiosi. E poi certo è possibile individuare un nucleo di ultraconservatori fra i quali figura il cardinale italiano Mauro Piacenza; quindi una pattuglia liberal qualificata, di alto profilo, ma con non molte chance di vincere la corsa al Soglio di Pietro e così via. Tuttavia è già possibile individuare uno schema più ampio.
Il blocco assai numeroso degli italiani capaci di contare su 28 cardinali elettori, si andrà a confrontare con l’unico altro gruppo in grado di tenergli testa, vale a dire gli americani i quali fra nord, sud e centro America, possono arrivare in tutto a 34 grandi elettori. Certo non si tratta di una rappresentanza omogenea, e del resto nemmeno quella italiana al suo interno lo è. Dunque sono possibili scomposizioni e tentativi di mediazione. In questo senso Ouellet è aiutato dal fatto di non essere statunitense, una certa tradizione vuole infatti che il Papa non sia originario degli States per evitare che Washington assuma in sé troppo potere; ma le antiche tradizioni, come dimostra Ratzinger, possono essere infrante. Inoltre il cardinale canadese è di area ciellina il che compenserebbe il superamento della candidatura di Angelo Scola. La vera scommessa, tuttavia, resta l’ipotesi di un Papa extraeuropeo, quindi americano in senso largo, per questo anche un brasiliano o il cubano Jaime Ortega possono entrare in lizza, va detto che pure gli statunitensi vantano nomi solidi.
Scola, e poi anche l’arcivescovo di Genova Bagnasco, sono in pole position per l’Italia, il biblista Ravasi è invece diverse posizioni più indietro fra l’altro non ha un’esperienza di governo pastorale di una diocesi alle spalle e nemmeno un cursus honorum diplomatico. Tuttavia è uomo del dialogo con la modernità e presidente del Pontificio consiglio per la cultura, sarà lui infine a predicare la prossima settimana gli esercizi spirituali di Quaresima al Papa e alla Curia, quindi avrà un ruolo non secondario da qui al conclave.
Ci sono però anche voci fuori dal coro, di sommersa contestazione a Ratzinger: fra i membri del Sacro collegio si conta infatti un certo numero di dissidenti che non approva l’operato del Papa. Tutta la vicenda dei lefebvriani non è stata mai mandata giù del tutto dagli episcopati e da un gruppi di cardinali francesi, svizzeri, tedeschi, inglesi e austriaci. Da ultimo però è ancora la vicenda degli abusi sessuali ad aver scatenato il malcontento contro il Papa. il fatto che un cardinale americano di primo piano come Roger Mahoney, ex arcivescovo di Los Angeles, sia stato accusato dal suo successore che però è solo arcivescovo, non è piaciuto a molti. Ancora Ratzinger ha nominato di recente, in Irlanda, il coadiutore del cardinale Sean Brady, vescovo di Armagh, anch’egli accusato di aver coperto in passato casi di abuso sessuale. In tal modo lo ha instradato verso le dimissioni. Benedetto XVI, insomma, non ha tutelato nemmeno i cardinali in questa vicenda e molti di loro non hanno gradito; le loro voci sono arrivate negli ultimi giorni in Vaticano e hanno colpito un Papa già stanco.