E’ veramente singolare che chi non ha saputo far rispettare la par condicio televisiva oggi voglia farla rispettare sul web: dopo le elezioni. Eppure Angelo Maria Cardani ragiona così. Il presidente montiano dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un giorno sì e l’altro pure parla di web senza mai interpellare i diretti interessati: i fornitori di connettività, i cittadini singoli e associati che la rete la vivono e la costruiscono ogni giorno. E stavolta Cardani vuole mettere la museruola alla politica su Internet.
Internet è un medium che assomma e ingloba altri medium ormai digitalizzati: radio, tv, giornali, e aggiungendoci l’interattività che le è propria si è affermata come “attore” nel mercato elettorale. Che venga usata come vetrina, ufficio stampa, tipografia universale o redazione diffusa, da questo o quel politico, si presenta come un mezzo che “influenza” la formazione dell’opinione pubblica e quindi il consenso politico-elettorale. Ma dargli delle regole, e prevedere delle sanzioni, basate su un’idea analogica della par condicio, è più che discutibile.
Intanto non si capisce come si potrebbe applicare una logica di “enforcement” temporale a una realtà transnazionale come quella di Internet. Magari la magistratura potrebbe inibire l’uso di siti web come vetrine elettorali per servizi che originano dall’Italia mentre sarebbe oltremodo difficile farlo con servizi oltre frontiera. Anche con le rogatorie internazionali e sfruttando la logica della “cooperazione rafforzata” tra gli stati si arriverebbe sempre e comunque fuori tempo massimo rispetto alle scadenze elettorali.
Secondo. É vero che esiste una sproporzione di risorse tra i partiti politici e tra i partiti politici e i cittadini che sostengono questo o quel candidato e tale sproporzione è chiara anche su Internet. Ma Internet è potenzialmente l’unico mezzo che possa ridurre queste differenze e rendere efffettivo l’articolo 3 della Costituzione. Grazie alla sua ubiquità e a competenze di facile acquisizione la rete – al netto del fragoroso digital divide italiano – può essere usata da tutti per sostenere i propri candidati, esprimere la propria opinione politica e fare propaganda, è non lecito e non può essere consentito di impedirlo ad alcuno.
La Par condicio analogica non si applica al web
Il principio cardine della par condicio televisiva è che la l’occupazione della tv da parte di soggetti forti esclude gli altri dal suo utilizzo e quindi quegli spazi vanno regolamentati, ma non è così su Internet, che ha spazi e origini e editori virtualmente illimitati e universali. In aggiunta Internet ha una caratteristica rizomatica, per cui se si “spegne” un nodo – per violazione della par condicio, ad esempio – se ne apre subito un altro. Perciò sventolare la dubbia possibilità di applicare alla rete la par condicio analogica appare inevitabilmente come una forma di censura e la rete, si sa, interpreta la censura come un malfunzionamento: aggirandolo. Sempre.
Caro professor Cardani, se proprio vogliamo parlare di regole parliamo di autoregolamentazione e individuiamo le sedi giuste per farlo, una è l’Internet Governance Forum italiano. Se parliamo di tutela della rete cominciamo a parlare di estendere alla rete l’articolo 21 della Costituzione come già proposto da Rodotà. Se parliamo di cittadini e consumatori, invece, cominciamo a parlare della funzione dei Corecom e di come essi possano contribuire già dal livello regionale, a un uso critico e responsabile dei nuovi media, favorendo la conoscenza della Rete, la corretta socializzazione attraverso le tecnologie e l’alfabetizzazione informatica di base per consentire ai cittadini di usare la rete in maniera critica e di scegliere con chi stare con altrettanta razionalità. Noi ci battiamo proprio per questo.