di Giuseppe Marchese*
A te, padre, morto per non farci mancare un pezzo di pane; a te, che hai preferito sin da fanciullo la strada del lavoro a quella del malaffare; a te, che hai costruito una famiglia ed hai permesso che noi fossimo; a te, che sei partito da casa stretto dal dovere, che hai svolto con onestà e dedizione totale il lavoro in cui credevi e sei tornato nella stessa… casa in una fredda bara; a te, dotato di una forza leonina nel servire alla buona causa della professione e ridotto a corpo esanime; a te, che non hai risparmiato sacrifici per la tua azienda anche nei giorni festivi; a te, vittima sacrificale dell’altare dell’insicurezza, di un sistema perverso che ha adorato il denaro; a te, che avrai digrignato i denti in una espressione di dolore estremo e così hai salutato la terra; a te, spesso maltrattato da coloro ai quali hai donato tutto e non gratificato per le tue fatiche; a te, vittima di colpevoli distrazioni e valutazioni superficiali; a te, caduto nella trappola della disonestà troppo giovane e reso schiavo di preoccupazioni per un tetto; a te, che piangevi perché non arrivavamo a fine mese; a te, padre che ha garantito la sua presenza a costo di viaggi defatiganti; a te, marito che ci ha dato l’esempio della fedeltà coniugale; a te, che hai rinunziato ad ogni divertimento per il necessario; a te, capace di salutare ogni piccola gioia come una grande sorpresa della vita; a te, che hai preferito alla piazza ed alle sue chiacchiere il lettone di casa e un po’ di musica folk con i tuoi figli; a te che hai fatto coincidere la tua felicità con la realizzazione scolastica ed umana dei tuoi figli; a te, che hai condiviso con noi la tua insoddisfazione con lacrime di sincera amarezza; a te, che ci hai insegnato a superare le offese ricevute per riconciliarci con noi stessi; a te, capace di coltivare amicizie genuine e disinteressate; a te, vissuto nell’ombra della quotidianità e sconosciuto ai più; a te, esempio luminoso per i giovani di paternità, intessuta di gesti feriali; a te, che hai praticato la giustizia le cui ossa, forse, non otterranno mai una vera giustizia; a te, che quest’anno non hai potuto festeggiare con noi il tuo cinquantesimo compleanno: GRAZIE!
*tratto da
http://cadutisullavoro.blogspot.it/2013/02/lettera-di-un-figlio-distrutto-dal.html
E’ vergognoso in questa campagna elettorale non sentire nessun partito, a parte una volta Beppe Grillo, parlare di queste tragedie che portano il lutto in più di 1000 famiglie ogni anno. I lavoratori morti sul lavoro non interessano nessuno, neppure a quei partiti che storicamente hanno rappresentato la sinistra e i lavoratori. Siamo i primi in Europa in questo triste primato, ma dobbiamo sentir parlare solo di alleanze, spread, di banche ecc. Se solo i politici avessero un pò di sensibilità e leggessero questa lettera così toccante di un figlio che perde un genitore si accorgerebbero che stanno sbagliando tutto, che sono così lontani dai bisogni di chi lavoro. Vogliamo sapere cosa avete intenzione di fare per queste tragedie.
Carlo Soricelli curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot. com