Ha detto un mio amico: “col tempo capiremo”. L’ addio al pontificato di Benedetto XVI avviene in un’ ebollizione mediatica fuori misura. In un crescendo di ipotesi, ricostruzioni fantastiche con episodi lontani nel tempo mescolate a carte, dossier più o meno recenti. Dando l’ impressione di un Papa sopraffatto da scandali e terribili relazioni di cardinali, oppresso dalla Curia che gli fa la guerra.
In realtà Papa Ratzinger se ne va determinato, un atto dietro l’ altro, verso una conclusione decisa e certo non improvvisata né in un clima di disfacimento. Prendere un collaboratore della Segreteria di Stato e inviarlo Nunzio in Messico non è certo un atto improvvisato, una vendetta, il solito promoveatur ut amoveatur. In realtà la nomina di un diplomatico richiede tempo, va proposto al Governo che lo deve accogliere e questo ha bisogno di tempo per vagliare la proposta e dare il suo gradimento.
La nomina del Presidente dello IOR, discutibile o meno che sia la scelta, era iniziata molto tempo fa dando l’ incarico, incredibile dictu, a una società specializzata in cacciatori di teste.
Il segno di un pontificato che si chiude concludendo tutto ciò che era stato avviato.Si è detto: ma la compresenza di due Papi non creerà confusione, interferenze, contraddizioni? Benedetto XVI ha risposto serenamente: vi sarò vicino con la preghiera e la meditazione (non la predicazione). Ha anche detto: riceverò le persone che altri decideranno debba ricevere. Tradotto: non illudetevi di
venire in pellegrinaggio da me perché sostenga posizioni che non siano quelle del nuovo pontefice.
Ricevendo i preti romani ha ricordato gli inizi del Concilio, ribadendo che erano i padri sinodali ad essere i protagonisti, non i documenti della Curia: Concilio che gli ha permesso, sono parole sue, di conoscere grandi figure come i padri De Lubac, Danielou, Congar. A questo punto qualche autorevole vaticanista che si è contraddistinto per una polemica talebana, quasi settaria, contro la lettura che del Conclio ha dato la cosiddetta Scuola di Bologna dovrebbe recitare qualche timido mea culpa. De Lubac e Danielou furono tra i fondatori della collana Sources Chretiennes (i padri della Chiesa, la Bibbia, il cristianesimo delle origini, mica il Concilio di Trento). Tutti e tre furono esponenti della nuova teologia. Congar in particolare, basta leggere i suoi diari del Concilio (. . . diari non mediatici) toccò temi fondamentali per la Chiesa contemporanea: vera e falsa tradizione, vera e falsa riforma della Chiesa, l’ unità dei cristiani, anche per lui fondamentali gli studi sui padri della Chiesa (smascherando in un colloquio con Paolo VI qualche infedele(chiamiamola così) traduzione della curia). Pochi come lui affrontarono il rapporto della Chiesa con il mondo moderno. De Lubac era un grande amico e attendo lettore di Theilard de Chardin che ha aperto la strada di una nuovo rapporto tra la teologia e l’ evoluzionismo.
Ha problemi la Chiesa di oggi e, in particolare, il Vaticano? Certo molti e gravi. Ma una volta che il Papa ha compiuto un atto coraggioso e giusto, che ha accettato il Prologo del Vangelo di San Giovanni: “Il Verbio si è fatto carne” e nella sua carne ha accettato il passare del tempo, ha avuto il coraggio di lasciare che i doni dello Spirito Santo si effondano sul ministero di un nuovo Papa, perché non essere solidali con questa scelta, perché non essergli affettuosamente vicini?