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Il teatro comunale occupato dal boss

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di Antonio Nicola Pezzuto
Raccontare storie e denunciare ingiustizie dal profondo Sud. Fare giornalismo in luoghi baciati da Dio perché incantevoli e allo stesso tempo maledetti dalle misere vicende umane. Storie di gente che lotta per vivere onestamente che si intrecciano con quelle di chi fa della prepotenza una regola di vita. E così può capitare di raccontare di un luogo pubblico, di un teatro comunale che, per quarant’ anni, viene abusivamente occupato dalla famiglia di un boss senza che nessuno muova un dito. A Gallipoli, cittadina perla del Salento, purtroppo accade anche questo. Accade che le bellezze naturali come il mare, il sole, siano eclissate dalle oscurità delle coscienze.

Sì, accade anche questo in una terra calorosa e accogliente come il Salento. Gallipoli, terra da sogno che racchiude in sé tutte le contraddizioni di un Sud che può e deve farcela. Nessuno, qui, si è accorto per quarant’anni che il teatro comunale Garibaldi è stato occupato abusivamente dalla famiglia Padovano, clan di spicco della Sacra Corona Unita. Eppure l’ingresso è proprio di fronte al Comune. Così, per quasi mezzo secolo, la famiglia Padovano dei boss Luigi padre, conosciuto come “Gino l’Americano” e dei figli Salvatore alias “Nino Bomba” e Rosario si è appropriata di un bene della collettività. Nessuno si è accorto di nulla, neanche quando la mattina del 4 novembre 2009 è stata ritrovata una testa di maiale appesa alla cancellata del teatro.

Una scena da far tremare i polsi e gelare il sangue nelle vene. Alla testa di maiale era appeso un cartoncino con la Scritta “Rosario”. Messaggio rivolto a Rosario Padovano poco meno di una settimana dopo il suo arresto a cui fece seguito la confessione di essere stato il mandante dell’omicidio del fratello Salvatore. Nel 1999, ben 27 anni dopo l’insediamento dei Padovano nel teatro, un dirigente comunale scrisse una lettera alla famiglia-clan notificando l’avvenuto accertamento di occupazione abusiva. Come risarcimento fu fissato un canone di 40 euro mensili. Proprio così.  Affitto che faticherà ad incassare se non con ritardo e dopo solleciti e diffide.

Non è tutto. Secondo i Ros, il Comune pagava le bollette dell’Acquedotto Pugliese, mentre la Tarsu non veniva neanche richiesta. Nessuno si è accorto di nulla anche durante i lavori di restauro avvenuti in due diverse fasi: dal 2000 al 2002 e dal 2006 al 2007. Tutto ciò è andato avanti fino all’ aprile 2012 quando il commissario prefettizio Petrucci ha dato il via alle procedure per recuperare l’immobile al patrimonio comunale.  Direzione Distrettuale Antimafia e Ros hanno concentrato le loro attenzioni sulla vicenda che è sfociata nell’ inchiesta denominata “Galatea” (5° stralcio). Ad essere indagati sono l’ex sindaco Giuseppe Venneri e l’ex segretario generale Guido De Magistris.

L’accusa nei loro confronti è di “concorso in rifiuto di atti d’ufficio”. In pratica, il sostituto procuratore di Lecce Elsa Valeria Mignone contesta ai due di non aver fatto nulla una volta messi al corrente dell’ anomala situazione. Dal 30 marzo 2009 nel teatro-casa abitava soltanto Palmira Pianoforte, moglie del defunto Luigi Padovano. Non risultano indagati altri amministratori succedutisi negli anni perché, a differenza di Venneri e De Magistris, non sono stati avvisati dagli investigatori.  Nessuno sapeva, nessuno ha mosso un dito. Questo succede a Gallipoli, pezzo straordinario del Salento, dove il meraviglioso profumo del mare simbolo di libertà, viene inquinato dal tanfo infame dell’omertà.

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