La sala “Tobagi” dellaFederazione della stampa è stracolmo come nelle grandi occasioni del mondo del giornalismo. Articolo 21 tenta un’operazione a dir poco ardita: Si rivolge ai candidai alle elezioni politiche, a partire dai giornalisti ,che sono numerosi ,chiedendo loro di sottoscrivere una “ dichiarazione di impegno comune” che riguarda la libertà dell’informazione e un appello che circola in Europa di cui primo firmatario è lo stesso presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. “ Portiamo l’Italia in Europa”
anche nel settore della telecomunicazioni – dirà Beppe Giulietti portavoce della associazione- levando dalle spalle del nostro Paese quella maglia nera che rappresenta una delle vergogne nazionali”. Ai candidati fra gli altri viene richiesto l’impegno a porre nella agenda del prossimo governo e Parlamento, nei primi cento giorni, della legislatura la risoluzione del conflitto di interessi mediante una norma che vieti le candidature ai titolari di concessione televisive su base locale,regionale e nazionale, l’introduzione di una rigorosa normativa antitrust che impedisca la concentrazione delle reti di trasmissione e la raccolta pubblicitaria,. Si chiede altresì l’impegno ad operare per modificare radicalmente la legge Gasparri , di liberare le Autorità di garanzia e la Rai dal controllo diretto del governo e forze politiche, poi diritto di cronaca, difesa della libertà della rete e della sua neutralità, la eliminazione di qualsiasi forma di censura nei confronti delle attività espressive, cinema, teatro , musica, spettacolo, nuove leggi sull’editoria, spettacolo, cinema. Fra parentesi proprio nel bel mezzo della assemblea arriva la notizia che il Fondo per lo spettacolo è stato tagliato. Il ministro Ornaghi dice che non se ne era accorto. Nel dibattito intervengono i giornalisti che si sono candidati, candidati non giornalisti come l’ex magistrato Pietro Grasso che da la sua adesione. Si incrociano le voci, si fa il quadro della situazione, i tanti problemi aperti, si parla della vendita de La 7, campeggia la Rai, i “nominati da Monti”, Presidente e direttore generale che non possono essere più considerati superpartes dal momento che Monti, come dice, è “salito in politica”.
Più di sessanta candidati firmano la dichiarazione di impegno
Si riprendono i temi che Articolo 21 ha approvato in assemblea , “ superare il ventennio del berlusconismo”, si rilancia la campagna “ Ti illumino di più” per la promozione fra l’altro di un osservatorio capace di rilevare non solo la presenza nei tv e nei gr dei partiti, ma anche la eventuale presenza di soggetti sociali e dei temi narrati dai media pubblici e privati. Si rivolge perché in occasione delle elezioni venga garantita ai cittadini “ una rigorosa e completa informazione” Si susseguono interventi e messagi di adesione, la firma degli impegni richiesti da articolo 21. S pensa anche a costituire un gruppo ,una associazione dei parlamentari “ amici dell’articolo 21 inteso come articolo della Costituzione. Alla fine della assemblea le adesione saranno più di sessanta e fra queste quelle di Pier Luigi Bersani insieme a due membri della segretaria, Stefano Fassina e Matteo Orfini ed altri candidati, di Nichi Vendola, Sel ,Ingroia, Rivoluzione civile, Olivero,Lista civica di Monti,,Rao Udc, anche a nome di Casini, Gianfranco Fini per Fli. Un evento che non è troppo definire “ storico”. Mentre l’evento accadeva e la libertà dell’informazione, della cultura, venivano finalmente nominate , assenti fino ad oggi nella campagna elettorale, fori dalla sede della Fnsi c’era un altro mondo dell’informazione. Quello dei sondaggi farlocchi, del talkshow che fanno a pugni con l’informazione “ rigorosa e completa” di cui si è parlato in questa assemblea. Se è importante che, come è stato detto, si inviano giornalisti“ sentinelle “ al Parlamento per tutelare questo bene fondamentale della democrazia, qualcuno ha fatto presente anche sarebbe bene inviarli anche nelle redazioni. Certo non per limitare il diritto dei giornalisti ad informare, tanto meno per dare i voti a questo o a quello. Ma per riportare alla attenzione di milioni di cittadini grandi temi, dal lavoro, alle questioni sociali, ai beni comuni, ai diritti della persona,, alle guerre che ancora infiammano l mondo, al femminicidio, alle minoranze umiliate ed oscurate.
La politica trasformata in spettacolo e risse
Problemi che hanno lasciato il passo ad una alla rissa, alla politica trasformata in degradante spettacolo, alla esibizione dei capi e presupposti tali. Un esempio: quello che sta accadendo a Tunisi non merita l’apertua di tg e carta stampata. In fretta e furia un po’ di notizie con vecchie immagini. Siamo in prsenza di una campagna elettorale sgangherata per colpa non solo di quei partiti che usano la tv solo per fare spettacolo, eludendo i problemi reali, avanzano proposte miracolistiche, uno si alza<la mattina e si btroba Berlusconi che lo riempie di soldi. I sondaggi, che finalmente scompaiono, diventano un’arma potente nelle mani di chili maneggia, di chi gli ordina. Sembrano fatti a posta per impedire al centrosinistra di vincere le elezioni. Un grande giornale romano l Messaggero apre dando la notizia che al Senato il centrosinistra non la maggioranza. Si può fare a meno di votare. L’editore, chissà, forse ha interesse al<pareggio in modo che il “ centro”montiano di cui fa parte l’Udc possa svolgere un ruolo di interdizione. Ancora: in un talk show come Servizio pubblico si può impunemente ironizzare sul fatto che Bersani invece di parlare “ biascica”. Non solo, non avanza alcuna proposta. Siccome il segretario del Pd non è presente il conduttore potrebbe far ricordare che il verbo “ biascicare “ non p il meglio \che si possa dire e che il Pd le proposte le ha fatte, a partire dal pagamento dei debiti dello stato verso le imprese. Popi si potrebbe parlare di altre proposte che riguardano il lavoro, il le questioni sociali, fino al fondo per l’autosufficienza, la revisione del fisco, i diritti della persona. No, si doveva parlare ancora una volta dell’Imu, delle oscene promesse di Berlusconi. . Quei sessanta e più candidati che hanno sottoscritto la dichiarazione di impegno comune per la libertà dell’informazione hanno una bella gatta da pelare. Ma anche le organizzazioni dei giornalisti hanno il loro bel daffare. Sono loro che devono dare contenuti a questa libertà. Altrimenti resta scritta nella Costituzione. Non basta.