“Sfugge al Presidente del Consiglio, Mario Monti, che il bene informazione prodotto e distribuito dai media vecchi e nuovi, non è un banale prodotto di consumo come tanti se ne trovano nei supermercati. La crisi dell’industria editoriale non è una crisi di singole situazioni ma di un intero settore decisivo della democrazia, della vita pubblica e dell’industria italiana. Le origini sono in un indispensabile processo di innovazione e trasformazione che ha bisogno di tempo per produrre utili e, soprattutto nei riflessi della crisi economica che impoverisce la capacità di spesa delle persone e abbatte le risorse del mercato pubblicitario.
Ci spiace contraddire, perciò, il Presidente del Consiglio in carica che evoca l’impossibilità di sostituire i mancati ricavi con il denaro dei contribuenti. Da chi governa, e si candida a governare, ci si aspetta indicazioni e segnali per politiche di sviluppo, di innovazione e di rilancio dell’occupazione.
La questione è quella del pluralismo ed è soprattutto oggi quella di capire che l’industria dell’informazione, e il lavoro che lì si svolge, hanno un’importanza decisiva per la vita del Paese, meriterebbe adeguata considerazione anche da chi pensa che tutto risolva il Dio mercato. E ciò con azioni pari come quelle assunte nel tempo dai pubblici poteri per l’automobile e sicuramente ben più di quanto fatto per coprire i disastri delle centrali finanziarie. Evocare conflitti tra stampa e contribuente è un parallelismo inadeguato e fuori sistema.
Confidiamo, comunque, che la sensibilità che il presidente Monti è sicuro avrà il nuovo Governo per le situazioni di crisi, abbia uno sviluppo coerente nell’assunzione di corresponsabilità (certamente con editori e lavoratori giornalisti) verso una visione non parziale o superficiale dell’intero settore.Sfugge al Presidente del Consiglio, Mario Monti, che il bene informazione prodotto e distribuito dai media vecchi e nuovi, non è un banale prodotto di consumo come tanti se ne trovano nei supermercati. La crisi dell’industria editoriale non è una crisi di singole situazioni ma di un intero settore decisivo della democrazia, della vita pubblica e dell’industria italiana. Le origini sono in un indispensabile processo di innovazione e trasformazione che ha bisogno di tempo per produrre utili e, soprattutto nei riflessi della crisi economica che impoverisce la capacità di spesa delle persone e abbatte le risorse del mercato pubblicitario.
Ci spiace contraddire, perciò, il Presidente del Consiglio in carica che evoca l’impossibilità di sostituire i mancati ricavi con il denaro dei contribuenti. Da chi governa, e si candida a governare, ci si aspetta indicazioni e segnali per politiche di sviluppo, di innovazione e di rilancio dell’occupazione.
La questione è quella del pluralismo ed è soprattutto oggi quella di capire che l’industria dell’informazione, e il lavoro che lì si svolge, hanno un’importanza decisiva per la vita del Paese, meriterebbe adeguata considerazione anche da chi pensa che tutto risolva il Dio mercato. E ciò con azioni pari come quelle assunte nel tempo dai pubblici poteri per l’automobile e sicuramente ben più di quanto fatto per coprire i disastri delle centrali finanziarie. Evocare conflitti tra stampa e contribuente è un parallelismo inadeguato e fuori sistema.
Confidiamo, comunque, che la sensibilità che il presidente Monti è sicuro avrà il nuovo Governo per le situazioni di crisi, abbia uno sviluppo coerente nell’assunzione di corresponsabilità (certamente con editori e lavoratori giornalisti) verso una visione non parziale o superficiale dell’intero settore.”
Così il segretario della FNSI, Franco Siddi