Siamo bombardati di termini economici di cui, nella maggior parte dei casi, non conosciamo il pieno significato; una condizione, del resto, condivisa anche con alcuni di quei giornalisti che li veicolano quotidianamente. “Spread”, “default”, “debito”, “inflazione”, “globalizzazione”, “cartolarizzazione”, “banca centrale”, “bolla immobiliare”, “mutui subprime”, “microcredito” o “welfare” sono concetti così fondamentali per la nostra esistenza?
Come al solito, i libri ci possono venire in soccorso, tanto che ne abbiamo selezionati alcuni – pubblicati nell’ultimo semestre da differenti case editrici – che, a nostro avviso, riescono, meglio di altri, a chiarire i meccanismi del sistema economico globale che condiziona (governa?) le nostre vite, ritornando utili anche al lettore più sprovveduto in termini di conoscenze del mondo dell’economia e della finanza, quasi a digiuno in materia. Dei punti di partenza, quindi, per cominciare ad apprendere il linguaggio dell’economia e della finanzia ed avvicinarsi alla comprensione delle cause che sottostanno all’attuale crisi dei mercati (anche se, a dire il vero, nemmeno illustri economisti le hanno ancora comprese del tutto…).
Se la seconda edizione de “L’Essenziale di Economia”, di Zanichelli, è probabilmente la proposta “meno facile”, più adatta allo studente universitario intento a preparare un esame di micro o macro-economia (pur confermandosi in quest’ambito disciplinare uno dei migliori compendi di economia in circolazione), si può passare subito alla guida pratica di Francesco Magris intitolata proprio “L’Economia in Tasca” e pubblicata dalla casa editrice torinese SEI. In 250 pagine essenziali e scorrevoli, infatti, senza dover interpretare complicati grafici statistici o tabelle, ci vengono snocciolati, in un linguaggio semplice e immediato, i fenomeni e principi economici fondamentali. Dopo una breve introduzione storica, l’autore, che è professore di economia in Francia, si addentra nei principali capitoli dell’economia chiarendone anche il rapporto con la matematica, in modo da offrire un quadro completo della materia, seppur sintetico: cos’è la cosiddetta “teoria dei giochi”, chi sono gli “agenti economici”, cosa si deve intendere per “reddito nazionale” e “bilancia dei pagamenti”, il ruolo dello Stato e l’inflazione, il ruolo della moneta, la “concorrenza “perfetta”, perché esiste la “disoccupazione”, i periodi di depressione, come si strutturano i sistemi pensionistici ed assicurativi, il processo di finanziarizzazione, sino ad un’offerta di spiegazione dell’attuale crisi a partire dal tracollo di quelli che sono stati chiamati “mutui subprime”. Passando per una imprescindibile disamina delle istituzioni internazionali. Insomma, un manueletto, aggiornato ai tempi della crisi neoliberista, di cui non possono fare a meno tutti quelli che non hanno ancora compreso le regole fondamentali del grande “gioco dell’economia”.
Sulla la stessa linea, un elegante manuale di Logos (com’è nello stile della casa editrice che produce numerosi libri d’arte e fotografici) che “seduce” il lettore sin dalla copertina, promettendo di istruirlo in pochissimo tempo e pagine. Non a caso il suo titolo è “Economia in 30 Secondi” ed effettivamente, in meno di 150 pagine, snocciola tutte le 50 teorie fondamentali della disciplina. Il prezzo (quasi 20 euro) è meno accessibile rispetto a quello proposto da SEI, ma l’impaginazione su carta lucida e l’illustrazione vivace certamente più accattivante. I due volumi, comunque, s’integrano, dato che quello di Logos assomiglia più a un dizionario in cui sono raccolte le principali “voci” della teoria e dell’agire economico: “marxismo”, “modello keynesiano” contrapposto a quello di “Friederich Von Hayeck”, “mano invisibile”, “mercantilismo”, “terapia dello shock”, “teoria dei giochi”, “distruzione creatice”, “teoria del prospetto”, “marginalismo”, “tragedia dei beni comuni”, “monetarismo”, “azzardo morale”, ecc. Vengono rivisitate, quindi, le principali scuole di pensiero che hanno segnato la storia degli studi economici: oltre ad Adam Smith, Marx, Keynes, Von Hayeck, sono quindi descritti i fondamenti del pensiero di Thomas Maltus, David Ricardo, Joseph Schumpeter, Alfred Marshall, della scuola austriaca, di Milton Friedman, Mao Tse-Tung, Bill Phillips, Jhon Kennet Galbraith, Jeffrey Sachs o Robert Solow. Certo, che presentati in questo modo, nozioni e contenuti sono più facili da assimilare anche per il più pigro e restio dei lettori, rispetto ad un qualsiasi manuale di economia…Secondo il curatore – il professore, di origine statunitense, Donald Marron – ogni concetto e teoria presentati in questo volume possono essere assimilati in 30 secondi, in soli tre, addirittura, l’estrema sintesi che ha il compito di introdurli. Ogni “voce” è, comunque, ricollegata al quadro storico di riferimento ed, eventualmente, ad una scuola di pensiero.
Sempre utili anche i compendi offerti dalla case editrici leader, oltre a Zanichelli, del settore della manualistica: Simone, Maggioli e Giappichelli. Di Simone, in particolare, è anche interessante il “Compendio di Cooperazione ed Economia dello Sviluppo” che, oltre a tracciare un bilancio (sconfortante) delle politiche di intervento di stampo occidentale nelle aree “arretrate”, sintetizza brillantemente le varie “teorie dello sviluppo2 che si sono succedute nei secoli, più o meno fortunate e più o meno applicate. Di Giappichelli conviene segnalare, invece, un agile volume di 200 pagine che intende offrire un contributo alla conoscenza del sistema finanziario intitolato proprio “Il Sistema Finanziario: Funzioni, Mercati e Intermediari”. Certo, anche questo è stato pensato più per l’apprendimento degli studenti di un corso di laurea, seppur di primo livello; tuttavia, il percorso logico che s’invita ad intraprendere non è così ostico come può apparire e ci conduce alla familiarizzazione con tutte le attività di intermediazione finanziaria, i circuiti finanziari e le diverse tipologie di mercati e di intermediari che vi operano e le norme che li regolano o li dovrebbero regolare.
Sempre preziosissime anche le guide “veloci” (ma non superficiali) di Vallardi, destinate a sostituire, con un’offerta di contenuti più ricca, precisa ed affidabile, i “bignami” di una volta in qualsiasi settore disciplinare. Soprattutto quelle della serie “Finalmente Ho Capito!” in cui si ripropongono, ogni anno, pure le sintesi di “Economia” e “Finanza”, curate entrambe da Maurizio De Pra. Dello stesso autore, ma questa volta in collaborazione con Silvia Castelli, è anche una delle uscite più recenti “Come Leggere un Bilancio” che, come si può intuire dal titolo, offre gli strumenti essenziali per leggere e comprendere un bilancio aziendale, testificante il livello di salute di ogni realtà privata e pubblica. Una guida che non supera le 150 pagine per un prezzo assolutamente accessibile (12 euro) che si rivolge al professionista, al manager, al dipendente, ma anche a chiunque voglia interpretare un bilancio senza essere già “esperto” (altrimenti si può optare per i compendi proposti da Simone).
I due grandi pensatori che, si dice, abbiano definito l’economia moderna sono John Maynard Keynes e Friedrich von Hayek, i cui paradigmi teorici vengono messi in contrapposizione. La differenza cruciale fra quelle che si cristallizzarono e si costituirono come due scuole di pensiero l’una alternativa all’altra è la questione se e quanto spetti ai governi ed allo stato intervenire nel mercato e in economia. Come ci illustra proprio il nuovo volume di Feltrinelli, “Keynes o Hayek”, in risposta alla crisi della loro epoca, i due economisti assunsero due posizioni che si rivelarono ben presto antiteche. Keynes era convinto che per contrastare la disoccupazione di massa e favorire la crescita alla fine di un ciclo servisse la spesa pubblica, mentre per von Hayek il fatto di alterare l'”equilibrio” del libero mercato avrebbe provocato una selvaggia inflazione. In queste 336 pagine, il giornalista di scuola anglosassone Nicholas Wapshott, dimostrando una notevole capacità di rendere comprensibili complesse questioni economico-finanziarie, riporta in vita gli animati dibattiti tra questi due giganti del ventesimo secolo, la cui eredità condiziona tuttora il dibattito politico.
Mentre, uno dei maggiori competitor di Feltrinelli, BUR di Rizzoli, ripropone, e non è la prima volta, “Storia dell’Economia” di John K. Galbraith che, con la stessa casa editrice, appare nelle nostre librerie anche con “L’economia della truffa. I limiti dell’economia globale, la storia di una crisi annunciata”. Tutti lavori che servono, al giorno d’oggi, per comprendere i riferimenti teorici, ma, soprattutto, ideologici, del dibattito culturale e politico sulle ricette per gestire le crisi economiche e non solo.
A questo elenco possiamo aggiungere una serie di titoli che provano a spiegare l’economia a partire, però, dalla denuncia dei presunti difetti dello stesso sistema capitalistico o neo-liberista, identificati, in certi casi, come il “peccato originale” da cui derivano l’attuale crisi e tutte le disuguaglianze che minano la base delle strutture sociali di qualsiasi regione mondiale.
“Il Vicolo Cieco dell’Economia” è prodotto da Eleuthera, una casa editrice di ispirazione anarchica che certamente si oppone all’attuale ordine economico. In queste 120 pagine, infatti, l’anti-liberale Jean-Claude Michea denuncia l’assorbimento della Sinistra nel Centro-Sinistra e, quindi, l’adesione (con entusiasmo o come resa) al modello neoliberista. Per l’autore, non possono esistere compromessi: o si sta da una parte o dall’altra. “Il sorpasso del capitalismo, anche da sinistra, è impossibile se se ne condivide l’immaginario essenziale.” Non può esistere un’alternativa reale se anche quella che si definisce ancora “Sinistra” si fonda sulla stessa logica e sullo stesso mito dell’accumulazione capitalistica, delle “inflessibili leggi dell’Economia e il miracoloso ruolo della Tecnica”. E, qui in Italia, i riferimenti diretti sono al Partito Democratico che si presta a governare il Paese, ma condivide l’accettazione del medesimo “ordine economico” con quelli che dovrebbero essere acerrimi nemici, PDL, Lega e Monti.
Michea esorta, allora, ad una rottura radicale con l’immaginario intellettuale della Sinistra che, a partire dal XIX secolo, ha soprattutto funzionato come “religione del Progresso” e si è nutrito di “razionalità” economica.
“Il Vicolo Cieco dell’Economia”, in realtà, non è un titolo originale, era già uscito nel 2004. Ma per Eleuthera i tempi erano assolutamente propizi per una sua riproposizione, in un’epoca in cui un modello economico che pareva consolidato sta mostrando le prime drammatiche crepe.
Sicuramente anti-sistema è la produzione di DeriveApprodi, vicina a Rifondazione (oggi confluita nella lista di Ingroia), che è “ritornata alla carica” con “Pigs!”, proprio del segretario Paolo Ferrero, sulle “ragioni” della crisi, e “Crak Capitalism” di John Holloway, uno sguardo cupo, ma non rassegnato, sulle sofferenze a cui siamo costretti per colpa della “disciplina del denaro”.
Sebbene non si allinei ideologicamente a Eleuthera e DeriveApprodi, anche Dalai ha da poco immesso nel mercato un libro “sessantottino” che, non a caso, raccoglie gli scritti del principale ideologo della “rivoluzione di sistema”, quell’Antonio Negri che ormai vanta una vastissima produzione editoriale. In “La Forma Stato. Per la critica dell’economia politica della Costituzione”, edito, in realtà, già nel lontano ’77 da Feltrinelli come strumento di riflessione sulle conquiste e i fallimenti del Sessantotto, Negri, assieme ad un folto gruppo di intellettuali dell’epoca, pone delle questioni e delle problematiche che sono vive ancor’oggi, se non ancora più attuali: in primis, le disuguaglianze derivanti dal nascente neoliberismo, le conseguenze negative del monetarismo e della finanziarizzazione, la crisi di rappresentanza dei partiti, il consolidamento di un sistema partitocratrico (di quella che noi chiameremmo oggi “casta”), la costituzionalizzazione e la precarizzazione del mercato del lavoro, le crisi fiscali e gli insanabili deficit pubblici. Nodi che hanno cominciato ad aggarbugliarsi oltre 40 anni fa e che restano, ancora, irrisolti.
La prolifica Mimesis, infine, come è suo solito, “la butta sulla filosofia” rispolverando, ancora una volta (e con merito), il pensiero anti-consumistico di Jean Baudrillard, dalla notevole forza profetica, anticipatore di numerosi studi sui comportamenti consumistici. In “Per una critica dell’economia politica del segno”, riproposto prima della chiusura dell’anno dal curatore delle collane filosofiche Pier Dalla Vigna, Baudrillard, rivisitando ed oltrepassando il marxismo, postula la preminenza di una “economia del desiderio”.