di Norma Ferrara
E’ una storia che si ripete, anche in Calabria. Lo Stato confisca i beni ai mafiosi, la società civile si organizza per restituirli alla collettività. L’ultima sfida, in ordine di tempo, è fra Cirò e di Isola Capo Rizzuto (Crotone) dove sui terreni un tempo appartenenti alla ‘ndrangheta nascerà una cooperativa sociale. A fondarla sei giovani scelti con bando pubblico.
La storia. La cooperativa ha mosso i primi passi in pubblico il 31 gennaio scorso quando “Terre Joniche” è stata presentata ufficialmente con l’obiettivo di dare nuovamente vita ai terreni confiscati alla ‘ndrangheta nei comuni di Cirò e di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. «Per quel che riguarda Isola Capo Rizzuto, si tratta di campi – spiega la presidente, Raffaella Conci – in parte già coltivati dall’associazione temporanea di scopo e che hanno vocazione agricola; per i terreni di Cirò, invece, campi sui quali ci sono delle potenziali strutture recettive. I terreni sono confiscati alla cosca degli Arena, molto influente nella zona». Il percorso per il riutilizzo sociale è stato già lungo – compreso l’ultimo anno e mezzo di formazione e prima ancora gli anni che hanno separato il sequestro dalla confisca e poi dal bando pubblico per la nascita della cooperativa. “Terre Joniche” è una nuova sfida per le istituzioni locali e nazionali, le associazioni, i cittadini e il mondo del lavoro e dell’imprenditoria. «Alcuni fondi del Pon sicurezza saranno destinati alla ristrutturazione dei locali che sono sui terreni di Cirò, probabile sede degli uffici della cooperativa ma anche – guardando un po’ avanti – dell’azienda per la trasformazione dei prodotti che saranno coltivati sui 100 ettari di terreni confiscati». Si tratta di un percorso, dunque, che è solo all’inizio ma che ha alle spalle già tanta strada. «La cooperativa – spiega Libera – è il frutto della collaborazione tra le istituzioni a partire dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e la Prefettura di Crotone. Con le organizzazioni agricole ed i soci dell’Associazione Temporanea di Scopo Libera Terra Crotone, le fondazioni Telecom Italia e Unipol Gruppo, Unioncamere e la Camera di Commercio di Crotone, Confcooperative e Legacoop, le associazioni di volontariato che negli ultimi due anni hanno collaborato per raggiungere questo primo, importante, risultato».
Tornare per restare. A intraprenderlo in prima persona i soci fondatori della cooperativa Paolo, Vincenzo, Domenico, Giuseppe e Francesco. E Raffaella: 31 anni, nata proprio a Cirò e a pieno titolo una “fuorisede” che per studio e lavoro ha lasciato la sua terra per circa 11 anni per poi tornare per restare. Lei, studentessa di Economia con una laurea sulle spalle, master e corsi di specializzazione nel campo del no – profit, stage e esperienze di lavoro in questo settore racconta: «Ho sempre cercato il lato etico dell’economia, la mia materia di studio. E non è stato semplice trovarlo nell’economia tradizionale, così negli anni ho iniziato a studiare il mondo del no-profit, dello sviluppo responsabile, dell’etica d’impresa e quando ho saputo del bando pubblico per la cooperativa ho pensato che fosse l’occasione giusta per mettermi in gioco, personalmente, in una impresa necessaria per questa terra». Un percorso naturale ha portato Raffaella al corso di formazione per far parte di questa cooperativa e in molti, amici e parenti, l’hanno sostenuta. Qualche critica alla nascita della cooperativa l’ha letta sui giornali ma «erano critiche anche legate alla paura che questi terreni venissero gestiti da persone non del luogo ma – come dimostrato – il bando voleva valorizzare risorse del territorio e così sarà». Della “sua” Cirò, della città lasciata e oggi ritrovata racconta ancora poco – perché spiega «11 anni sono tanti, voglio prendermi del tempo per capire, lentamente quale sia la situazione oggi. Voglio ascoltare e valutare. Di certo posso dire che la nascita di questa cooperativa è un segnale importante. Rispetto a tanti anni fa oggi si riesce a parlare di ‘ndrangheta, sebbene sia ancora forte l’influenza delle cosche soprattutto nei piccoli paesini, alcuni passi avanti sono stati fatti». Pochi gradi di separazione dividono, infatti, i giovani che lavoreranno su questi beni confiscati e i boss che un tempo li avevano possedevano, grazie a capitali illeciti. Ma l’esperienza del riutilizzo sociale dei beni confiscati dal 1996 in Italia ha dimostrato che sviluppo e legalità possono esistere solo insieme. E anche in Calabria “Terre Joniche” – spiegano da Libera – nasce per creare opportunità lavorative e «diventare un punto di riferimento per il territorio nel campo delle produzioni biologiche di qualità e nello sviluppo del turismo sociale».