Il leader di SEL, alleato con il PD di Bersani alle elezioni, non ha dubbi in proposito sulla libertà d’informazione: l’Italia è un’anomalia che sta sfrondando nel novero delle democrazie occidentali. Ecco, dunque, l’impegno a cambiare rotta sui diritti fondamentali, appena entrati in Parlamento; a cominciare anche da una legge di riforma drastica della Rai, sulla base delle idee contenute nelle proposte di Articolo 21, Move on e dell’ex-deputata Tana de Zulueta.
Tra i primi impegni legislativi per lei e la sinistra nel nuovo Parlamento ci sarà anche la soluzione del conflitto di interessi?
“Il provvedimento di legge tante volte invocato e troppe volte rinviato rappresenta davvero uno spartiacque nella storia politico culturale del nostro paese. Siccome il berlusconismo è stata una potente forma di violazione di qualunque idea di separazione tra interessi pubblici e interessi privati (anzi ha rappresentato un formidabile uso privato dello stato); siccome il mancato appuntamento con questa norma di legalità ha rappresentato non soltanto un’esibizione di onnipotenza da parte della destra, ma anche la più masochistica esibizione di impotenza da parte del centrosinistra: ecco, per tutte queste ragioni non possiamo che partire di qui. Solo il varo di un’efficace normativa contro i trust e contro i conflitti di interessi può rappresentare il congedo effettivo dal Ventennio che ci sta alle spalle. E che anzi ci sta sulle spalle! Seppellire il berlusconismo significa, innanzitutto, creare la normale distanza tra l’attività politica e l’attività economica e blindare i principi dell’indipendenza e dell’autonomia del sistema informativo”.
C’è poi l’anomalia della legge Gasparri sul sistema dei media…
“Si è costruito, diciamo così, un pluralismo mutilato e sottoposto a ipoteca. Il duopolio RAI-Mediaset, che in sé già rappresentava uno scandalo, si è via via trasformato in una subordinazione dei palinsesti e dell’indotto economico della RAI (penso alla raccolta pubblicitaria, agli interessi dell’impero televisivo berlusconiano). Da un lato, Berlusconi e i suoi uomini rappresentavano il “Dominus assoluto” sia dell’emittenza privata (perché era di loro proprietà), sia dell’emittenza pubblica (perché sottoposta al controllo politico di chi governava) e, dall’altro, hanno orientato il mercato delle risorse in chiave promozionale per le aziende dell’allora Presidente del consiglio.
Questa situazione rende il nostro paese una grave anomalia nelle democrazie occidentali, sprofondato verso il basso nelle classifiche internazionali sulla libertà dell’informazione. In questo scenario, la legge Gasparri è un altro dei cimeli storici di un lunga stagione reazionaria. Va collocata nel museo archeologico!”.
E cosa pensa di fare contro il depotenziamento dell’autonomia della RAI?
“Intanto, bisogna confermare e qualificare la natura pubblica della RAI, contrastare la tendenza che ogni tanto si affaccia della privatizzazione, e ridefinire la missione dell’azienda, che dovrebbe essere sempre di più quella di informare, educare, innovare linguaggi. Penso che noi dobbiamo sentirci stimolati e orientati dalle proposte di Move on: dall’abolizione della legge Gasparri, fino a una precisa definizione delle fonti di nomina del CDA. Dovrebbe essere il Parlamento, le Regioni, i lavoratori della RAI e gli utilizzatori finali del Servizio pubblico, cioè i cittadini.
Secondo lo schema proposto da Move on, io penso ad a un CDA “bifronte”: da un lato, un comitato di gestione e, dall’altro, un comitato di controllo. Ci sono soggetti che sono espressioni della cittadinanza,della professionalità democratica, che hanno fatto un lavoro di approfondimento militante e scientifico. Credo che dobbiamo assumere il loro lavoro, le proposte di Articolo 21, Move on e di Tana de Zulueta, come un trampolino di lancio per una nuova stagione delle libertà e dei diritti, a cominciare da quella dell’informazione”.